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Il mercato dei timbri

di Miguel Martinez - 19/10/2007

 

Ogni tanto, nei commenti, si tocca l'argomento Beppe Grillo; e comunque se ne sente parlare molto in giro.

Non seguo il suo blog, né guardo la televisione, dove se ne parla spesso, e quindi posso fare solo qualche commento generico e superficiale.

Innanzitutto, non mi preoccupa l'accusa di "antipolitica" che gli si lancia.

Chi parla di politica e di politici fa politica.

L'unica "antipolitica" consiste nello starsene zitti e farsi gli affari propri, cosa che Grillo non mi sembra faccia. Casomai, Grillo fa una politica antipartitica.

E non gli si può dare torto.

Il quadro dei partiti - da Rifondazione Comunista alla Fiamma Tricolore, passando per tutto quello che si trova in mezzo - fa uniformemente pena, con punte di ribrezzo.

Questo è un fatto sociologicamente significativo, perché indica che il problema va oltre le buone o le cattive intenzioni dei singoli, e anche oltre le idee che i politici professano di professare.

La penosa uniformità è dovuta a molte cose. Tra cui la più importante è il fatto che viviamo in una situazione in cui le vere scelte sono tutte determinate altrove - per sintetizzare, alla borsa di New York o al Pentagono.

E pertanto il compito dei politici, al massimo, consiste nel trovare soluzioni locali a problemi globali, su cui loro non hanno alcun controllo.

Alla loro conseguente inutilità, i politici di professione sopperiscono in diversi modi.

Una funzione fondamentale consiste nel restare in prima pagina, litigando in maniera molto rumorosa su questioni personali: il lifting di Berlusconi, la toilette dell'onorevole Vladimiro Guadagno, le stampelle offerte alla Levi Montalcini.

I politici di destra di secondo piano, che non hanno diritto di passerella in televisione, riescono a escogitare trovate veramente geniali per farsi sentire; ma i più seriosi di sinistra riescono comunque a entrare nei media esprimendo il loro solenne sdegno.

Su un piano più reale, i politici si occupano di quella cosa che chiamano "sicurezza", l'unico motivo per cui i ricchi continuano a pagare un po' di tasse.

Lo Stato, infatti, non garantisce più il cittadino contro la violenza del flusso dei capitali, e quindi si butta nel promettere la sicurezza dell'automobilista contro i lavavetri. E in questo lo Stato si rifà di tutto ciò che perde e cede altrove, mobilitando decine e decine di migliaia di persone a monitorare, filmare, schedare, rinchiudere, espellere (o persino sfrattare) e così via.

Allo stesso tempo, i politici di mestiere hanno un preciso prodotto con cui inserirsi sul mercato capitalistico: la vendita di timbri. Cioè l'insieme di quelle funzioni statali che possono affrettare o ritardare dei guadagni.

Non lo fanno in maniera autonoma: i politici oggi sono, in massima parte, l'espressione di vari interessi che vanno dalle banche alle cooperative. Però tengono i timbri.

E su questa funzione, un gruppo antropologicamente piuttosto degradato di avvocati e commercialisti falliti e di guitti di successo è riuscito a ritagliarsi un benessere economico notevole, nonché immense soddisfazioni narcisistiche, che non vanno assolutamente sottovalutate.

Prendersela con la Casta non è quindi malvagio qualunquismo o egoismo: è un dovere innanzitutto estetico. Il problema è che il problema non finisce lì: fa bene Mastella a minacciare di pubblicare un libro sulla casta dei giornalisti, ad esempio.

Grillo giustamente attacca la Casta.

E non si limita a farlo nei termini di chi borbottava una volta contro "Roma ladrona".

Grillo ci mette anche sacrosante proteste contro l'arroganza statunitense e contro gli interessi capitalistici.

Inoltre, agisce guardando al presente e non assistendo al lancio reciproco di torte in faccia tra chi rinfaccia i gulag sovietici e chi rinfaccia i lager nazisti, come se Prodi e Berlusconi fossero la reincarnazione di Stalin e di Hitler.

Anche questo esserci nel presente è un bene e non un male, perché i problemi del 1940 non li possiamo risolvere noi, mentre possiamo almeno affrontare quelli del 2007.

Quindi non mi arruolo nella schiera degli antigrillisti: per capirci, preferisco Grillo sia a Berlusconi che a Veltroni.

Allo stesso tempo, cosa fa - o cosa può fare - Grillo?

Riflette i sentimenti inespressi di milioni di italiani.

Molto tempo fa, lessi un racconto di Luciano De Crescenzo. Io me lo ricordo così.

Siamo in centro a Napoli.

C'è un capannello di gente, attorno a un tale che si sta lamentando perché gli hanno appena scassinato la macchina e rubato l'autoradio.

"Questi delinquenti li manderei tutti in miniera! Troppo poco, andrebbero impiccati! Adesso diciamo basta!" grida la folla, piena di giusta ira.

In quel momento si fa avanti un signore, accompagnato da un ragazzino. Con voce tranquilla e autorevole, il signore dice, "scusate, nell'incidente successo prima, il ragazzo ha perso una medaglietta, ci tiene molto perché gliel'ha regalata la buonanima della nonna".

La folla fa silenzio, si apre, e lascia passare il ragazzo, che recupera la medaglietta. Dentro la macchina, dove poco prima lui stesso aveva rubato l'autoradio. Poi lui e il boss ringraziano gentilmente e si allontanano.

Questa combinazione di risentimento profondo e reale, di schiumante e rumorosa rabbia, di promesse vuote di ribellione e di sottomissione al momento del dunque è proprio la caratteristica fondamentale del tipo di popolaccio - per citare Dacia Valent - che si mobilita attraverso Grillo.

Dico, "si mobilita attraverso Grillo", perché non ritengo che Grillo sia un demagogo: lui non ha fatto il lavaggio del cervello a nessuno, e quella confusa furia la troviamo ovunque in questo paese, anche tra chi non sostiene affatto Grillo.

Ma cosa chiede questa umanità, per bocca di Grillo (il quale, personalmente, chiederebbe forse anche di più)?

Non va alla causa delle cose. Non perché sia vietato, ma perché alla gente, in media, non interessa affrontare davvero la propria situazione.

La gente grillina non chiede che l'Italia non obbedisca più agli ordini del Fondo Monetario Europeo o di Bruxelles.

Non chiede che si abolisca in Italia la ricerca della crescita economica e della competitività a tutti i costi.

Non chiede che l'Italia garantisca la sicurezza del e sul lavoro.

Non chiede che si chiudano le basi straniere.

Non chiede la certezza delle pensioni.

Chiede misure contro i Rom, sempre in quella maniera confusa che permette di dire, "io non sono razzista, ma io questi stranieri...": tra parentesi, non ritengo che certe recenti uscite del genere sul blog di Beppe Grillo siano esattamente colpa del comico - lui è solo il portavoce di certi sentimenti, che oggi sono travolgenti.

Oltre a prendersela con i Rom, questa umanità chiede tre piccole misure, non molto interessanti,[1] che dovrebbero rendere più "responsabili" i politici, senza che cambi affatto il loro ruolo o la rotta della nave di cui loro sarebbero attualmente i piloti.

E allora diciamocela chiaramente. Il problema non sono solo i capi. E' pure l'umanità.

Nota:

[1] Sono favorevole o contrario, nel dettaglio, alle proposte di Grillo? Rispondere sarebbe perdere di vista il dato fondamentale: la loro natura assolutamente microscopica.