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Il libro scandalo sulla vera «casta». Quella dei giornali

di Matteo Bartocci - 19/10/2007

 


I 700 milioni di fondi pubblici vanno soprattutto a finte coop, spa quotate, falsi quotidiani di partito. Il pamphlet di Lopez

«C'è più cultura, più informazione interessante, in una sola pagina del manifesto che in tutta la galassia di notizie disaggregate presente su Internet». Da Carlo Freccero, attuale presidente di Rai Sat, una dichiarazione d'amore per questo giornale (per ciò di anomalo che rappresenta nell'editoria italiana) e una dichiarazione di sfiducia netta per tutto ciò che è «generalista», «grillista» e «indefinito».
La sala della Federazione nazionale della stampa a Roma è stracolma. A presentare l'ultimo libro di Beppe Lopez («La casta dei giornali», Stampa Alternativa -Rai Eri, 10 euro) oltre a Freccero ci sono il direttore dell'Opinione Arturo Diaconale, il presidente Fnsi Franco Siddi, il sottosegretario all'editoria Ricardo Franco Levi, sollecitati dalla stoica corrispondente del Nouvel Observateur Marcelle Padovani.

Il libro di Lopez è destinato a far discutere fin dal titolo. «La casta dei giornali», cioè il contorto finanziamento pubblico all'editoria, è infatti misteriosamente scomparsa dal fortunato libro, ormai un capostipite del genere, scritto da Stella e Rizzo. Forse perché degli oltre 700 milioni che ogni anno dalle casse dello stato arrivano a giornali, settimanali, agenzie di stampa, radio, televisioni, e perfino a riviste pubblicitarie (come quella degli abbonati Sky, per dire), la maggior parte vanno alla galassia «all news» dei grandi gruppi editoriali: Rizzoli-Corriere della sera, Mondadori, Espresso, Sole-24 Ore. Attorno ai giganti una folla di nani - tra cui anche il manifesto e gli «scandalosi» giornali di partito da sempre sulla bocca di tutti - più spesso falsi che veri. Alla torta elargita dallo stato partecipano tutti: finte cooperative, quotidiani quotati in borsa (come il Sole e Italia Oggi), esperienze editoriali di successo come Libero abbinate a fantomatici partiti o movimenti (quello monarchico per il quotidiano di Feltri), giornali assai «palazzocentrici» come il Foglio e il Riformista.

Di fronte allo scandalo la tesi di Lopez è semplice quanto drastica. Le leggi sull'editoria contraddicono i princìpi per cui sono nate: arricchiscono editori già ricchi, consentono la sopravvivenza di testate al di là di ogni merito oggettivo, finanziano una visione dell'informazione omogenea e legata a filo doppio al potere politico ed economico a discapito, per esempio, dell'editoria locale o della vera stampa indipendente.
Un fenomeno di fronte al quale - denuncia Lopez - c'è l'episodio «più vergognoso di omertà e collusione di cui si è macchiata l'informazione in Italia». Un muro di gomma. E si capisce. Nella sua inchiesta, Lopez ripercorre la storia del sostegno ai giornali dal fascismo fino ai primi anni '80. Anni bui, di P2. Ma anche l'era in cui la stampa alternativa provava, come nel caso del manifesto, a continuare una sfida quasi impossibile secondo le leggi di mercato.

Per Lopez è proprio il caso del manifesto (o di un'esperienza simile come il Corriere mercantile di Genova) ad avere «aperto un varco nel quale poi si sono infilati tutti». Perfino l'Avvenire, organo ufficiale della Cei ma di proprietà di una fondazione senza scopo di lucro e dunque meritevole di circa 6 milioni di euro all'anno fuori dall'8 per mille.
Una copertura simile a quella dei giornali di partito che per Lopez dovrebbero essere finanziati non con una legge a parte ma con i fondi pubblici già destinati alle forze politiche, in modo da consentire a ciascuno il «medium» più pertinente. «Un'editoria assistita - scrive - è la negazione di un'editoria libera».

Parole su cui concorda solo in parte il sottosegretario Ricky Levi, che ha ricordato come in tutto il mondo esistano sostegni al settore: esenzione totale dall'Iva in Gran Bretagna o agevolazioni sugli abbonamenti in Germania impossibili per le magre casse italiane.
Il governo Prodi, come quello Berlusconi, ha varato un ddl che riforma l'intero settore. Lo «ripulisce» da agevolazioni indebite e prova ad allargare lo sguardo su tutta la filiera: distribuzione, pubblicità, stampa e diffusione, etc. Da oggi chi avversa la «casta» ha un nuovo fronte su cui discutere. C'è dunque da augurarsi che le capacità investigative di Beppe Lopez si estendano, un domani, anche al mondo della televisione e del comatoso servizio pubblico italiano.