Energia e miti economici
di Georgescu Roegen - 21/12/2005
Fonte: decrescita.it
Conferenza alla Yale University. Prima parte
Ben difficilmente qualcuno esprimerebbe oggigiorno apertamente una fede nell'immortalità dell'anima. Eppure molti di noi preferiscono non escluderne la possibilità e a questo scopo cerchiamo di combattere qualunque fattore che possa limitare la vita dell'umanità. L'idea che vede tutti d'accordo è che la dote entropica dell'umanità sia inesauribile, primariamente grazie alla capacità intrinseca dell'uomo di aggirare la legge dell'entropia in una maniera o un'altra.
Ben difficilmente qualcuno esprimerebbe oggigiorno apertamente una fede nell'immortalità dell'anima. Eppure molti di noi preferiscono non escluderne la possibilità e a questo scopo cerchiamo di combattere qualunque fattore che possa limitare la vita dell'umanità. L'idea che vede tutti d'accordo è che la dote entropica dell'umanità sia inesauribile, primariamente grazie alla capacità intrinseca dell'uomo di aggirare la legge dell'entropia in una maniera o un'altra.
Per cominciare, c'è la semplice argomentazione secondo cui, come è già accaduto con molte leggi di natura, anche quelle su cui si basa la finitezza delle risorse accessibili saranno confutate a loro volta. La difficoltà con questa argomentazione è che la storia dimostra con ancora maggiore forza, primo, che in uno spazio finito può esserci soltanto una quantità finita di bassa entropia e, secondo, che questa si riduce continuamente ed irrimediabilmente. L'impossibilità del moto perpetuo (di entrambi i tipi) è altrettanto confermata dalla storia quanto la legge di gravità.
Strumenti più sofisticati sono stati messi a disposizione dall'interpretazione statistica dei fenomeni della termodinamica - un tentativo di ristabilire la supremazia della meccanica appoggiato da una nozione sui generis di probabilità. Secondo questa interpretazione, la reversibilità dell'entropia da livelli alti a livelli bassi è un evento molto improbabile, ma non totalmente impossibile. E poiché questo evento è possibile, dovremmo essere capaci di provocarne la realizzazione a nostro piacimento grazie ad un qualche dispositivo ingegnoso, proprio come un baro può far uscire un "sei" quando vuole. Questo ragionamento serve solo a portare alla luce le irrisolvibili contraddizioni e gli errori insiti nelle fondamenta dell'interpretazione statistica preferita dagli adoratori della meccanica. [32, c. 6] Le speranza suscitate da queste interpretazioni furono così accese che ad un certo momento P. W. Bridgman, un'autorità in campo termodinamico, credette necessario scrivere un articolo proprio per esporre la fallacia dell'idea che ci si possa riempire le tasche di denaro con il "contrabbando di entropia".[11]
Occasionalmente e in maniera sommessa, alcuni esprimono la speranza, un tempo sostenuta da un'autorità scientifica come John von Neumann, che l'uomo possa scoprire alla fine il modo di rendere l'energia una merce gratuita, "proprio come l'aria" [3, p. 32]. Alcuni immaginano per esempio un "catalizzatore" che scomponga le acque marine in ossigeno ed idrogeno, la cui combustione ci darebbe tutta l'energia di cui avessimo bisogno. Ma l'analogia con la scintilla che fa bruciare della legna non calza. L'entropia della legna e l'ossigeno usato nella combustione è minore di quella delle ceneri e del fumo risultante, laddove l'entropia dell'acqua è maggiore di quella dell'ossigeno e dell'idrogeno dopo la scomposizione. Perciò, anche il catalizzatore miracoloso implica il contrabbando d'entropia.(1)
Con l'idea, che ora viene propalata in tutti gli editoriali, che i reattori a generazione producano più energia di quanta ne consumino, la fallacia del contrabbando di entropia sembra aver raggiunto il suo culmine finanche tra gli ampi circoli letterati, compresi gli economisti. Sfortunatamente, l'illusione si alimenta di sconclusionati discorsi interessati da parte di alcuni esperti nucleari che cantano le lodi dei reattori che trasformano materiale fertile ma non fissile in materiale fissile come dei generatori che "producono più energia di quanta ne consumino" [82, p. 82]. La cruda verità è che il generatore non è affatto diverso da un impianto che produca martelli servendosi di martelli. Secondo il principio del deficit della legge dell'entropia [...] anche nell'allevamento di polli, è consumata una quantità maggiore di bassa entropia rispetto a quella contenuta nel prodotto.(2)
Apparentemente in difesa della visione standard del processo economico, gli economisti hanno tirato l'acqua al proprio mulino. Possiamo ricordare per prima l'argomentazione che "la nozione di limite assoluto alla disponibilità delle risorse naturali non è sostenibile nel momento in cui la definizione di risorse cambia radicalmente ed in maniera impredicibile nel corso del tempo... Un limite può esistere, ma non può essere né definito né specificato in termini economici" [3, pp. 7, 11]. Leggiamo anche che non esiste neppure un limite superiore della terra arabile perché "arabile è indefinibile" [5, p. 22] La sofisticheria di queste argomentazioni è flagrante. Nessuno potrebbe negare che non possiamo dire esattamente quanto carbone, per esempio, è accessibile. Le stime delle risorse naturali si sono dimostrate costantemente sottostimate. Ma anche così, la possibilità che i metalli contenuti nei primi chilometri di profondità della crosta terrestre possano essere un milione di volte le attuali riserve conosciute [4, p. 338; 58, p. 331] non dimostra l'inesauribilità delle risorse, ma, in maniera caratteristica, ignora sia la questione dell'accessibilità e dei rifiuti.(3) Qualunque sia la risorsa o terra arabile di cui possiamo aver bisogno ad un dato momento, consisteranno sempre di bassa entropia accessibile e terra accessibile. E poiché la somma di tutti i tipi di risorse è pur sempre una quantità finita, nessun cambio tassonomico potrà mai superare quella finitezza.
La tesi degli economisti tradizionali e di quelli di orientamento marxista, comunque, è che il potere della tecnologia è illimitato [3; 4; 10; 49; 51; 69; 74]. Saremo sempre in grado non solo di trovare un sostitutivo di una risorsa che sia diventata scarsa, ma anche di accrescere la produttività di qualunque tipo di energia o materiale. Qualora dovessimo esaurire una certa risorsa, escogiteremo sempre qualcosa, proprio come abbiamo sempre fatto sin dai tempi di Pericle [4, pp. 332-334]. Perciò nulla potrebbe impedirci il cammino verso un'esistenza sempre più felice della specie umana. È difficile concepire una forma di pensiero lineare più ottusa di questa. Secondo la stessa logica, nessun giovane in salute dovrebbe mai essere afflitto dai reumatismi o da qualsivoglia altra malattia senile; né dovrebbe morire. I dinosauri, proprio poco prima di scomparire dal pianeta, avevano alle loro spalle non meno di centocinquanta milioni d'anni di esistenza davvero prospera. E non inquinavano l'ambiente con gli scarichi industriali! Ma la logica più gustosa è quella di Solo [73, p. 516]. Se la degradazione entropica potesse piegare l'umanità nel futuro, dovrebbe averlo già fatto dall'anno mille in qua. La verità di Seigneur de La Palice non era mai stata capovolta - ed in forma così divertente!(4)
A sostegno della stessa tesi si adducono anche argomentazioni che vanno più dirette al cuore del problema. Prima di tutto, vi è l'affermazione che solo alcuni tipi di risorse sono "tanto resistenti al progresso tecnologico da non ammettere l'estrazione a costi costanti o decrescenti" [3, p. 10].(5) Più recentemente, alcuni hanno formulato una legge specifica che, in un certo senso, è il contrario della legge di Malthus applicata alle risorse. L'idea è che la tecnologia migliora in maniera esponenziale [4, p. 236; 51, p. 664; 74, p. 45]. La giustificazione superficiale è che un progresso tecnologico ne induce un altro. Questo è vero, solo che non funziona in maniera cumulativa come nella crescita della popolazione ed è terribilmente sbagliato affermare, come fa Maddox [59, p. 21], che insistere sull'esistenza di un limite alla tecnologia significa negare la capacità dell'uomo di influire sul progresso. Anche se la tecnologia continuasse a progredire, non eccederà per forza ogni limite; una sequenza crescente può essere superiormente limitata. Nel caso della tecnologia, questo limite è definito dal coefficiente teorico d'efficienza [...] Se il progresso fosse davvero esponenziale, allora l'input i per unità di output seguirebbe la legge temporale i = i0(1 + r)/t che tende a zero. In altri termini a partire da un certo istante, la produzione diventerebbe incorporea e la terra un nuovo paradiso terrestre.
Infine, c'è la tesi che può essere definita l'inganno della sostituibilità infinita: "Pochi componenti della crosta terrestre, compresa la terra arabile, sono talmente specifici da rendere impossibile la sostituzione economica; [...] la natura impone delle scarsità specifiche, non una scarsità generica inevitabile" [3, pp. 10f].(6) Nonostante la protesta di Bray [10, p. 8], si tratta di "un trucco da economista". È vero, ci sono pochi elementi "vitaminici" che giocano un ruolo tanto specifico quanto quello del fosforo per gli organismi viventi. L'alluminio, però, è stato sostituito dal ferro e dal rame in molti, ma non in tutti gli usi.(7) E comunque, la sostituzione nell'ambito di scorte finite di bassa entropia accessibile, la cui degradazione è accresciuta dall'uso, non può continuare per sempre.
Nelle mani di Solow, la sostituzione diventa il fattore chiave che supporta il progresso tecnologico anche qualora le risorse divenissero sempre più scarse. Si realizzerà prima una sostituzione nello spettro dei beni di consumo. Poiché i prezzi reagirebbero all'aumento della scarsità, i consumatori comprerebbero "meno beni che richiedano un uso intensivo di risorse e più beni di altro tipo" [74, p. 47].(8) Più recentemente, ha esteso quest'idea anche all'ambito della produzione: potremmo, sostiene, sostituire "altri fattori alle risorse naturali" [75, p. 11]. Bisogna avere una visione completamente errata del processo economico nel suo complesso per non vedere che non vi sono fattori materiali che non siano risorse naturali. Sostenere che "il mondo può, di fatto, sopravvivere senza risorse naturali" è come ignorare la differenza tra il mondo reale ed il giardino dell'eden.
Più sorprendenti ancora sono i dati statistici invocati a sostegno di alcune delle tesi sopra elencate. I dati addotti da Solow [74, pp. 44f] mostrano che negli Stati Uniti tra il 1950 ed il 1970 il consumo di una serie di minerali per unità di PIL diminuì in maniera sostanziale. Le eccezioni erano attribuite alla sostituzione ma sarebbero rientrate nella tendenza, prima o poi. In senso stretto, i dati non provavano che in quello stesso periodo la tecnologia avesse avanzato necessariamente verso una maggiore economia di risorse. Il PIL può crescere più velocemente di ogni minerale usato come input anche se la tecnologia resta la stessa, o anche se peggiora. Ma sappiamo anche che praticamente nello stesso periodo, dal 1947 al 1967, il consumo pro capite di materie prime aumentò negli Stati Uniti. E nel mondo, nel corso di un solo decennio, dal 1957 al 1967, il consumo d'acciaio pro capite crebbe del 44% [12, pp. 198-200]. Ciò che conta, alla fine, non è l'impatto del progresso tecnologico sul consumo di risorse per unità di PIL, ma soprattutto l'incremento della velocità di esaurimento che è un effetto collaterale di quel progresso.
Ancora più sorprendenti - come si sono dimostrati essere - sono i dati usati da Barnett e Morse per dimostrare che, dal 1879 al 1957, il rapporto tra lavoro e costi di capitale rispetto alla produzione netta diminuì apprezzabilmente nell'agricoltura e nell'industria mineraria, entrambi settori cruciali per quanto concerne l'esaurimento delle risorse [3, 8f, 167-178]. Nonostante alcune incongruità aritmetiche,(9) il quadro che emerge da questi dati non possono essere contestati. Solo che la loro interpretazione deve essere corretta.
Perché la questione ambientale è essenziale per capire le forme tipiche in cui può avvenire il progresso economico. Un primo gruppo comprende le innovazioni economiche, che consentono un'economia netta della bassa entropia - grazie ad una combustione più completa, o per riduzione degli attriti, o ad una fiamma più intensa dal gas o dall'elettricità, oppure alla sostituzione di materiali che costano molto in termini energetici con altri che costano meno, e così via. In questo ambito dovremmo anche includere la scoperta di come usare nuovi tipi di bassa entropia accessibile. Un secondo gruppo consiste di innovazioni di sostituzione, che semplicemente sostituiscono l'energia umana con energia fisico-chimica. Un buon esempio è l'innovazione della polvere da sparo, che rese obsoleta la catapulta. Queste innovazioni in genere ci permettono non solo di fare le cose meglio, ma anche (e soprattutto) fare cose che non si potevano fare prima - volare in aeroplano, per esempio. Infine, c'è lo innovazioni di spettro, che portano in essere nuovi beni di consumo, come il cappello, le calze di nylon ecc. La maggior parte delle innovazioni di questo gruppo sono allo stesso tempo innovazioni di sostituzione. Di fatto, la maggior parte delle innovazioni appartiene a più di una categoria, ma la classificazione è utile a scopi analitici.
Ora, la storia economica conferma un fatto piuttosto elementare - il fatto che i passi decisivi nel campo del progresso tecnologico sono stati in generale compiuto grazie alla scoperta di come usare un nuovo tipo di energia accessibile. D'altro canto, un grande passo avanti nella storia del progresso tecnologico non si può materializzare a meno che l'innovazione corrispondente non sia seguita da una grande espansione mineraria. Anche un incremento sostanziale nell'efficienza dell'uso della benzina come combustibile sarebbe insignificante rispetto all'incremento dei campi di petrolio conosciuti.
Questo genere di espansione è quanto è accaduto nel corso degli ultimi cento anni. Abbiamo individuato petrolio e scoperto nuovi depositi di carbone e gas una proporzione molto superiore a quella che potevamo usare nello stesso periodo. Ancora più importante, tutte le scoperte minerarie comprendevano una proporzione significativa di risorse facilmente accessibili. Questa eccezionale esuberanza di per se stessa è servita a diminuire il costo reale del portare le risorse minerarie in superficie. Con l'energia prodotta dalla sorgente minerale sempre più economica, le innovazioni di sostituzione hanno fatto sì che il rapporto tra forza lavoro e prodotto netto decrescesse. Anche il capitale deve essersi evoluto verso forme che costano meno ma usano più energia per ottenere lo stesso risultato. Ciò che è successo durante questo periodo è una modifica della struttura di costo, con l'aumento dei fattori di flusso e la diminuzione dei fattori di FUND.(10) Esaminando, perciò, solo le variazioni relative dei FUND FACTORS, nel corso di un periodo di eccezionale abbondanza mineraria, non possiamo dimostrare né che il costo totale unitario seguirà sempre un andamento decrescente né che il progresso continuo della tecnologia renda praticamente inesauribili le risorse accessibile - come affermano Barnett e Morse [3, p. 239].
Poco dubbio resta del fatto che le tesi qui esaminate sono ancorate ad una fede profonda nell'immortalità dell'umanità. Alcuni dei loro sostenitori ci spingono ad avere fede nella specie umana: questa fede trionferà su tutte le limitazioni.(11) Ma né la fede né le garanzie fornite da qualche cattedratico di fama [4] possono alterare il fatto che, secondo la legge di base della termodinamica, la dote dell'umanità è finita. Anche se si inclinasse a credere nella possibile confutazione di tutti questi principi in futuro, pure non bisogna agire sulla base di questa convinzione ora. Dobbiamo considerare che l'evoluzione non consiste in una ripetizione lineare, anche se su brevi periodi possiamo ingannarci e credere il contrario.
Molta confusione sui problemi ambientali prevale non solo tra gli economisti in generale (come evidenziato dai numerosi casi citati), ma anche nei più alti circoli intellettuali, semplicemente perché la natura entropica di tutti i fenomeni è ignorata o incompresa. Sir MacFarlane Burnet, vincitore del premio Nobel per la medicina, in una conferenza speciale giudico imperativo "impedire la progressiva distruzione delle risorse non sostituibili della terra" [citato, 15, p. 1].
Ed un'istituzione prestigiosa come le Nazioni Unite, nella sua Dichiarazione sull'Ambiente umano (Stoccolma, 1972), ha fatto appello ad ognuno "per migliorare l'ambiente". In entrambi i casi, si può leggere l'errore di pensare che l'uomo possa invertire la rotta dell'entropia. La verità, per quanto spiacevole, è che tutto ciò che possiamo fare è impedire ogni consumo non necessario delle risorse e qualunque deterioramento non necessario dell'ambiente, ma senza crede di conoscere il preciso significato di "non necessario" in questo contesto.
Lo stato stazionario: un miraggio classico
Malthus, come sappiamo, fu criticato soprattutto perché assumeva che la popolazione e le risorse crescano in accordo ad una qualche legge matematica semplice. Ma queste critiche non aggiunsero a toccare il vero errore di Malthus (che è andato in apparenza sotto silenzio). Questo errore è l'assunzione implicita che la popolazione possa crescere oltre ogni limite, sia numericamente che nel tempo, a condizione che non cresca troppo rapidamente.(12) Un essere simile, nella sostanza, è stato commesso dagli autori di "The limits", dagli autori di "Blueprint for Survival", testo non matematico ma più articolato, e da altri autori anteriori. Infatti, come Malthus, essi volevano dimostrare soprattutto l'impossibilità della crescita e si lasciavano ingannare da un semplice sillogismo, oggi diffuso ma erroneo: poiché la crescita esponenziale in un modo finito condurrà a disastri di tutti tipi, la salvezza ambientale è legata allo stato stazionario [42; 47; 62, pp. 156-184; 6, pp. 3f, 8, 20].(13) H. Daly afferma addirittura che "perciò, lo stato stazionario è una necessità" [21, p. 5].
Questa visione di un mondo felice in cui sia la popolazione che il capitale restino costanti, originariamente descritta con la sua abilità tipica da John Stuart Mill [64, bk. 4, ch. 6], era rimasta nel dimenticatoio fino a poco fa.(14) A causa del suo spettacolare revival, è bene sottolinearne i problemi logici e fattuali. L'errore cruciale consiste nel non vedere che non soltanto la crescita, ma anche la crescita-zero, o meglio, finanche uno stato di decrescita che non converga all'annichilazione, non può esistere per sempre in un ambiente finito. L'errore forse deriva dalla confusione tra riserva finita e flusso finito, come lasciano pensare le dimensioni incongrue di alcuni grafici [62, pp. 62, 64f, 124ff; 6, p. 6]. E al contrario di quanto affermano alcuni sostenitori dello stato stazionario [21, p. 15], quest'ultimo non occupa una posizione privilegiata rispetto alle leggi della fisica.
Per andare al cuore del problema, diciamo S la quantità reale di risorse accessibili nella crosta terrestre. Diciamo poi Pi e si la popolazione e il consumo pro capite di risorse all'anno i. Chiamiamo L la "quantità totale di vita", misurata in anni e definita dalla formula L = Σi Pi, per i che va da 0 a ∞. S impone un limite superiore ad L per via della condizione ovvia Σi Pisi ≤ S. Infatti, benché si è una quantità storica, essa non può essere zero o trascurabile (a meno che l'umanità non ritorni ad una economia basata di raccolta). Perciò, Pi = 0 per i maggiore di un certo valore finito n e Pi > 0 altrimenti. Questo n fornisce la durata massima della vita della specie umana [31, pp. 12f; 32, p. 304].
La terra ha anche una cosiddetta capacità di carico, che dipende da un complesso di fattori, tra cui la dimensione di si.(15) Questa capacità definisce un limite per ogni valore singolo di Pi, ma questo limite non rende superflui gli altri, quelli ai valori di L e n. È perciò inesatto dire - come il gruppo di Meadows sembra fare [62, pp. 91f] - che lo stato stazionario può durare all'infinito fintanto che Pi non eccede quella capacità. Coloro che sostengono che lo stato stazionario può portare la salvezza devono ammettere che tale stato può avere solo una durata finita - a meno che non vogliano unirsi al club di coloro che credono che non esistano limiti considerando la quantità S inesauribile o quasi - come di fatto fa il gruppo di Meadows [62, p. 172]. Al contrario, essi devono spiegare il mistero di un'economia intera, stazionaria per un lungo periodo, che giunga ad una fine improvvisa.
Apparentemente, i sostenitori dello stato stazionario considerano quest'ultimo come equivalente ad uno stato stazionario termodinamico in un sistema aperto, che mantiene costante la propria struttura entropica attraverso attraverso scambi materiali con il proprio "ambiente". Come si intuisce facilmente, questo concetto costituisce uno strumento fondamentale per lo studio degli organismi biologici. Dobbiamo, però, osservare che il concetto si basa su alcuni condizioni speciali che furono introdotte da L. Onsanger [50, pp. 89-97].
Queste condizioni sono così delicate (sono indicate come il principio del bilancio dettagliato) che sono valide solo "entro una deviazione di pochi punti percentuali" [50, p. 140]. Per questa ragione uno stato stazionario può esistere di fatto solo in maniera approssimata e su un periodo di tempo limitato. Questa condizione, l'impossibilità che un sistema che non si trovi in uno stato di caos possa durare all'infinito, potrà un giorno essere espressamente riconosciuta come una nuova legge della termodinamica, esattamente come accadde per l'impossibilità del moto perpetuo. Gli specialisti ammettono che le leggi della termodinamica non sono sufficienti a spiegare tutti i fenomeni non reversibili, soprattutto quelli legati ai processi vitali.
Indipendentemente da questi impedimenti, esistono ragioni semplici per non credere che l'umanità possa vivere in uno stato stazionario perpetuo. La struttura di uno stato simile resta invariabile per tutta la sua durata; non contiene in se stesso il germe della morte inesorabile di tutti i sistemi termodinamici. D'altro canto, un mondo con una popolazione stazionaria sarebbe costretto a cambiare continuamente la propria tecnologia ed il suo stile di vita in risposta all'inevitabile riduzione dell'accessibilità delle risorse. Anche se ignoriamo la questione di come il capitale possa cambiare qualitativamente eppure restare costante, potremmo dover assumere che la impredicibile diminuzione dell'accessibilità venga miracolosamente compensata dalla giusta innovazione al momento giusto. Un mondo stazionario potrebbe per un certo tempo essere interallacciato con l'ambiente mutevole che lo ospita attraverso un sistema di feedback compensativo analogamente a quanto accade con gli organismi viventi durante una fase della loro vita. Ma, come Bormann ci ricorda [7, p. 707], il miracolo non può durare per sempre; prima o poi il sistema di bilanciamento collasserà. In quel momento lo stato stazionario entrerà in crisi.
Bisogna stare in guardia anche rispetto ad un altro errore logico, quello che consiste nell'invocare il principio di Prigogine a sostegno dello stato stazionario. Questo principio afferma che il minimo di entropia prodotta da un certo tipo di sistema termodinamico si raggiunge quando il sistema diventa stazionario [50, ch. 16]. Non dice nulla della relazione tra questo minimo di entropia e quella prodotta da altri sistemi aperti.(16)
Le argomentazioni solite che si adducono in favore dello stato stazionario sono, comunque, di una natura diversa, più diretta. Si sostiene, per esempio, che in tale stato i processi naturali hanno più tempo a disposizione per ridurre l'inquinamento e la tecnologia per adattarsi alla diminuzione dell'accessibilità delle risorse [62, p. 166]. È chiaramente vero che oggi potremmo usare il carbone in maniera molto più efficiente che in passato. Il punto è che non avremmo appreso le tecniche più efficienti attuali se non avessimo bruciato tutto quel carbone in maniera "inefficiente". Che in uno stato stazionario le persone non debbano lavorare di più per accumulare il capitale (che alla luce di quanto ho affermato nell'ultimo paragrafo non è del tutto esatto) si lega all'affermazione di Mill secondo cui le persone potrebbero dedicare più tempo alle attività intellettuali. La storia, comunque, offre esempi molteplici - il Medioevo, per dirne uno - di società quasi stazionarie in cui le arti e le scienze sono state praticamente stagnanti. Anche in uno stato stazionario le persone possono lavorare nei campi e nei laboratori per tutto il giorno. Qualunque sia lo stato, il tempo libero per il progresso intellettuale dipende dall'intensità della pressione esercitata dalla popolazione sulle risorse. Qui risiede la maggiore debolezza della visione di Mill. Ne testimonia il fatto che - come Daly ammette esplicitamente [21, pp. 6-8] - che i suoi scritti non offrono alcuna base per determinare neppure in principio i livelli ottimi di popolazione e capitale. Ciò porta alla luce il punto, importante ma trascurato, che la necessaria conclusione dei ragionamenti in favore di quella visione è che lo stato maggiormente desiderabile non è quello stazionario, ma uno di decrescita.
Indubbiamente la crescita attuale deve cessare, meglio, deve invertirsi. Ma chiunque creda di poter fare un piano per la salvezza ecologica della specie umana non comprende la natura dell'evoluzione, o anche della storia - che è quella di una lotta permanente in forme sempre nuove, non quella di un processo fisico-chimico predicibile e controllabile, come far bollire un uovo o lanciare un missile sulla luna.
[Fine prima parte. Continua qui]
(1) Una visione suggestiva che sottintende il contrabbando di entropia è di Harry Johnson, che prevede la possibilità di ricostituire le riserve di carbone e petrolio "con un po' di fantasia" [49, p. 8]. Ma se ciò significa anche con sufficiente energia, occorre chiedersi perché perdere gran parte di quella energia nella trasformazione. (<<)
(2) La straordinaria resistenza del mito della produzione controllata, come in un allevamento, dell'energia è evidenziata dalla recente affermazione di Roger Revelle [70, p. 169] che "l'allevamento può essere pensato come una specie di reattore in cui si produce molta più energia di quanta se ne consumi". L'ignoranza delle principali leggi che governano l'energia è proprio diffusa. (<<)
(3) Anche gli economisti marxisti fanno parte di questo coro. Una recensione di [32], per esempio, obiettava che abbiamo appena scalfito la crosta terrestre. (<<)
(4) Per richiamare la famosa quartina francese: "Il Signor de la Palice / cadde nella battaglia di Pavia. / Un quarto d'ora prima della sua morte / era ancora vivo". (Traduzione mia) Si veda Grand Dictionnaire Universel du XIX~ Siecle, vol. 10, p. 179. (<<)
(5) Finanche alcuni studiosi di scienze naturali, per esempio in [1], hanno accettato questa posizione. Curiosamente, il fatto storico che alcune civiltà fossero incapaci di "inventarsi qualcosa" è spazzato via dall'osservazione che erano "relativamente isolati" [13, p. 6]. Ma l'umanità non è forse una comunità completamente isolata da ogni influenza culturale e, per di più, impossibilitata a emigrare? (<<)
(6) Argomentazioni simili possono essere trovate in [4, pp. 338f; 59, p. 102; 74, p. 45]. Significativamente, Kaysen [51, p. 661] and Solow [74, p. 43], pur ammettendo la finitezza della dotazione entropica dell'umanità, non prendono la cosa sul serio perché non "conduce ad alcuna conclusione interessante". Gli economisti, tra tutti gli studiosi, dovrebbero sapere che il finito, non l'infinito, solleva questioni estremamente interessanti. Questo saggio spera di esserne prova. (<<)
(7) Anche in questo caso tra i più citati, la sostituzione non è stata coronata da successo da ogni punto di vista come crediamo in generale. Recentemente si è scoperto che i cavi elettrici in alluminio creano il rischio di incendio. (<<)
(8) La perla a questo proposito, comunque, è offerta da Maddox [59, p. 104]: "Proprio come la prosperità nei paesi attualmente avanzati è stata accompagnata da una diminuzione di fatto del consumo di pane, allo stesso modo possiamo aspettarci che la ricchezza rendere le società meno dipendenti da metalli quali l'acciaio". (<<)
(9) L'incongruità sta nel sommare capitale (misurato in termini monetari) e la forza lavoro (misurata dal numero di lavoratori impiegati) come pure nel calcolo della produzione netta dalla produzione lorda fisica [3, pp. 167f]. (<<)
(10) Per queste distinzioni, si vedano [27, pp. 512-519; 30, p. 4; 32, pp. 223-225]. ENDNTOE
(11) Si veda il dialogo tra Preston Cloud e Roger Revelle citato in [66, p. 416]. Lo stesso refrain attraversa la critica di Maddox a coloro che mettono in primo piano le limitazioni dell'umanità [59, pp. vi, 138, 280]. (<<)
(12) Joseph Spengler, autorità riconosciuta in questo campo, mi dice che di fatto non conosce nessuno che possa aver fatto questa affermazione. Per alcune discussioni di Malthus molto penetranti e dell'attuale pressione demografica, si vedano [76; 77] (<<)
(13) La sostanza dell'argomentazione de I Limiti è presa in prestito da Boulding and Daly [8; 9; 20; 21]. (<<)
(14) Nell'Enciclopedia internazionale delle Scienze sociali, per esempio, questo punto è menzionato di passata. (<<)
(15) Ovviamente, qualunque aumento di si produrrà in generale la diminuzione di L e di n. Inoltre, la capacità di carico può aumentare per via di un uso maggiorato di risorse terrestri. Queste considerazioni elementari dovrebbero essere ricordate e usate. (<<)
(16) L'argomentazione richiama l'idea di Boulding secondo cui il flusso in entrata la processo economico, che chiama "velocità di trasmissione", è "qualcosa da minimizzare e non massimizzare" e che dovremmo passare da un'economia di flusso ad uno di riserva [8, pp. 9f; 9, pp. 359f]. L'idea è appariscente più che illuminante. È vero, gli economisti soffrono del complesso del flusso [29; 55; 88]; inoltre, non hanno ben compreso che la corretta descrizione analitica di un processo deve comprendere sia i flussi che i fondi [30; 32, pp. 219f, 228-234]. Gli imprenditori, per quanto concerne l'idea di Boulding, hanno sempre mirato a ridurre il flusso necessario a mantenere i loro fondi di capitale. Se il flusso in entrata attualmente dalla natura non è commensurato alla sicurezza della nostra specie, è solo perché la nostra popolazione è troppo ampia e una sua parte gode di confort eccessivo. Le decisioni economiche si baseranno sempre necessariamente sia sui flussi che sui fondi. Non è vero che il problema dell'umanità consiste nel fare economia di S (le riserve) per la massima durata possibile della vita, e che ciò implichi la minimizzazione di sj (un flusso) per una qualche "vita buona"?
Riferimenti bibliografici
[1] Abelson, Philip H. "Limits to Growth." Science, 17 March 1972, p. 1197.
[2] Artin, Tom. Earth Talk: Independent Voices on the Environment. New York: Grossman, 1973.
[3] Barnett, Harold J., and Chandler Morse. Scarcity and Growth. Baltimore: Johns Hopkins University Press, 1963.
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[9] Boulding, Kenneth. "Environment and Economics.' In [66], pp. 359-367.
[10] Bray, Jeremy. The Politics of the Environment, Fabian Tract 412. London: Fabian Society, 1972.
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Traduzione di Sergio De Simone
Tratto da znet.it