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Il DDL Levi: qualche riflessione su legge e blogosfera

di Carlo Gambescia - 21/10/2007

 

Il DDL Levi sul riordino dell’editoria, che ha giustamente provocato le proteste dei bloggers, andrebbe studiato come esempio dell’interazione tra i fenomeni sociali in sviluppo e le forme istituzionali di regolamentazione dei medesimi. Ci spieghiamo meglio.
Nella società moderne, di regola, le leggi dal punto di vista sociologico sono strumenti di razionalizzazione politico-giuridica di una situazione sociale preesistente. Che può riguardare, gruppi sociali dalle dimensioni differenti. Tuttavia, quanto più un provvedimento legislativo risponde alla necessità dal basso di formalizzare una realtà sociale, anche se non maggioritaria, quanto più si rende sicura e trasparente la vita sociale. Al contrario, quando i provvedimenti legislativi riflettono le istanze di gruppi sociali minoritari posti in alto nella scala sociale, si rischia di creare in basso situazioni di inadempienza e perfino disobbedienza. Si tratta di conseguenze che possono sfociare in conflitti sociali e perfino in guerre civili. Ovviamente, quanto più un governo è aperto alle critiche e alla discussione (il che non significa però che non debba decidere mai…), tanto più si allontana o mitiga il pericolo del conflitto sociale. O, ancora meglio, quello di una guerra civile.
Ora, l’elemento sociologico costante è rappresentato dal potenziale conflitto tra le trasformazioni sociali e la necessità di istituzionalizzarle. Sotto questo aspetto lo sviluppo della blogosfera è un fenomeno che porta in sé elementi di trasformazione sociale. Diciamo che sul piano sociale si tratta di un fenomeno in creativo sviluppo. Ma dal quale finora non è giunta alcuna richiesta di regolamentazione. E che perciò, almeno per ora, ha solo bisogno di crescere liberamente e aprirsi al mondo... Anche perché privo di motivazioni legate al profitto economico.
Di regola, ogni forma regolamentazione che non nasca e provenga dalla richiesta di un gruppo sociale, risulta perciò sospetta. Il che fa pensare, che per ora, qualsiasi forma di legiferazione sulla blogosfera rappresenti non tanto una forma di benevola e necessaria razionalizzazione politica richiesta dal basso, quanto la volontà di controllare dall’alto una realtà, ancora “bambina”, ma ritenuta politicamente pericolosa.
E qui di solito viene chiamata in causa - a difesa della regolamentazione - quella che alcuni giuristi e politici definiscono la funzione progressiva delle leggi. Nel senso che il diritto avrebbe una funzione socialmente propulsiva: di precorrere i fatti sociali. E quindi il "dovere" di introdurre dall’alto regole, giudicate come strumento di libertà e di promozione umana. Dal momento, che sempre secondo gli stessi giuristi e politici, la società, composta di individui-bambini, avrebbe bisogno di giudici e politici-padri in grado di decidere per i “figli”, fino a quando questi non avranno raggiunto la maggiore età...
Resta però il fatto che i sostenitori di questa concezione si sono sempre ben guardati dall’indicare i criteri in base ai quali stabilire il conseguimento della maggiore età da parte del “popolo-bambino”. Se non appellandosi a un vago uomo universale dotato di ragione, che da due-tre secoli a questa parte, sembra sempre sul punto di materializzarsi…
Concludendo: è vero che le leggi sono utili strumenti di razionalizzazione della vita sociale. Ma è altrettanto vero che leggi devono razionalizzare situazioni preesistenti e soprattutto rispondere alle richieste della comunità alle quali sono indirizzate. Razionalizzare quel che, stando ai futuri fruitori delle leggi, non ha alcuna necessità di essere razionalizzato, è un puro e semplice abuso, magari compiuto per l'ipotetico bene futuro di quell’evanescente uomo universale di cui sopra...
Come appunto risulta essere il DDL Levi, almeno nella parte riguardante la blogosfera.