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Le fabbriche di agricoltura mettono il Po sotto stress

di redazionale - 22/10/2007

Abbiamo pedalato per 24 giorni sul Po per vederlo da vicino, dalla sorgente alla foce, quando si divide in canali che lo fanno arrivare per diverse vie al mare. Abbiamo fatto tutto questo per capire come sta questo grande vecchio, e la diagnosi dei medici, due società ambientali (Golder Associates e Nautilus) e un comitato scientifico (Ezio Pelizzetti, Silvano Focardi, Pier Francesco Ghetti, Silvestro Greco), è che la qualità chimica delle acque è generalmente buona, mentre il vero problema sta nei sedimenti avvelenati da metalli e pesticidi. Inoltre la canalizzazione del fiume e i forti interventi dell’uomo sulle golene hanno ridotto la sua capacità di autodepurarsi.
L’area interessata dal fiume è molto vasta. Lungo la valle del Po vivono 16 milioni di persone, 4 milioni di vacche e oltre 5 milioni di maiali: secondo studi scientifici questo bacino di utenza equivale ad una popolazione di 114 milioni di abitanti. Qui viene prodotto il 38% del PIL italiano e il fiume è sottoposto a un insostenibile stress. Le cause del degrado sono da cercare in vari settori ma la sola agricoltura produce il 33% dell’inquinamento, rappresentato da pesticidi e nutrienti (soprattutto azoto e fosforo). Ma questo è solo un aspetto, un altro grave problema è quello dell’irrigazione che, gestita in modo poco efficiente, disperde sino al 25% dell’acqua prelevata che evapora prima di raggiungere le foglie. Tutto ciò, unito all’aumento della temperatura che è stato di 2,5° C negli ultimi 30 anni e alle scarse precipitazioni, diminuite del 20% in 20 anni, ha ridotto la portata del fiume. Di questa diminuzione risente in particolare l’ultimo tratto, dove l’acqua marina risale il corso e arriva fino a 25 km dalla foce, rendendo inutilizzabile l’acqua e il terreno di un’area stimata intorno ai 20000 ettari e cambiando l’habitat naturale di piante ed animali. Il panorama delineato fin qui ci racconta una situazione grave ma non irreversibile. Una maggiore attenzione nell’utilizzo delle risorse idriche, la creazione di un’unica autorità di bacino e una rinaturalizzazione delle aree golenali darebbero un po’ di respiro a questo vecchio malato ed eviterebbero così di perdere prodotti e tradizioni che hanno reso il Po il più importante fiume italiano, non solo per la lunghezza.