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Che cos’è il veltrusconismo?

di Carlo Gambescia - 23/10/2007

 

Esistono termini che raffigurano perfettamente una situazione. Di più: che possono aiutare a “categorizzare” concettualmente un fenomeno sociopolitico. Uno di questi è senz’altro quello di veltrusconismo, che ha il pregio di ricondurre sotto la stessa categoria due importanti personaggi politici italiani: Veltroni e Berlusconi, apparentemente diversi…
Il veltrusconismo rinvia però a due fenomeni generali, che caratterizzano la politica delle democrazie europee post-caduta dell’ Unione Sovietica.
Il primo è quello della politica-spettacolo. Il secondo è quello della politica-interesse. Due fenomeni che hanno radici culturali e poltiche statunitensi. Ma questa è un’altra storia…
Fare politica-spettacolo significa trasformare sistematicamente in evento politico, non il problema che deve essere risolto, ma la promessa di soluzione del medesimo fatta pubblicamente dal leader a coloro che "subiscono" il problema stesso. Il fatto politico, grazie alla complicità dei media, diviene non la situazione di disagio, ma il leader, che visita e stringe le mani, dei “disagiati”, magari mostrando grande commozione.
Si sposta, insomma, l’attenzione, dalle cause (pubbliche) alle qualità (private) carismatiche del leader
Fare politica-interesse significa costruire una politica fondata solo sugli interessi. Sostanzialmente, la politica diviene gestione economica degli eventi della politica-spettacolo. Pertanto per un verso il leader intesse rapporti con quei poteri economici che consentono la realizzazione degli eventi ( e che ovviamente non danno nulla per nulla); per l’altro gli stessi eventi sono presentati come grandi successi e segni di progresso sociale. Oppure, brutalmente, lo stesso leader privilegia di fatto gli interessi privati (spesso addirittura personali) rispetto a quelli pubblici.
In conclusione finiscono per contare soltanto le presunte qualità carismatiche di un leader, al tempo stesso capace di divertire e apparentemente mediare tra gli interessi: “divertire”, attenzione, nel senso latino del termine “divertere”, volgere in altra direzione...
In buona sostanza, perciò il veltrusconismo è un continuo sviamento dai problemi veri. Una “tecnica” che ha le sue radici profonde nell' atteggiamento carismatico del leader, attentamente costruito nel tempo, grazie a complicità sistemiche. Il che rivela, però, due debolezze di fondo.
La prima è che lo “sviamento” può essere valido fin quando non si diventa Presidente del Consiglio. Perché, una volta ghermito il potere, l’attendismo carismatico non basta più, si deve decidere e dunque assumere posizioni politiche autentiche (nel senso della decisione come inevitabile fonte conflitto). E qui è inutile ricordare il fallimento “politico” di Berlusconi. Quanto a Veltroni, basta sottolineare che non gli sarà possibile governare una nazione, organizzando festival cinematografici in tutte le città e stringendo ogni giorno la mano a sessanta milioni di italiani.
La seconda debolezza è evidenziata dal fatto che quando Berlusconi e Veltroni sono costretti ad assumere posizioni politiche “vere” affiora subito la natura conservatrice del loro sentire. Praticamente in tema di economia e politica estera hanno le stesse posizioni: sono entrambi favorevoli al lavoro flessibile, ai tagli al welfare e a una politica estera filoamericana.
Nonostante tutto, il veltrusconismo sembra oggi vincente. Perché?
In primo luogo è favorito dal sistema di potere economico che vi scorge un utile alleato.
In secondo luogo è apprezzato, diciamo così, dalla cultura postmoderna dell’ effimero, che si nutre e nutre, in tutti i sensi, il veltrusconismo.
In terzo luogo, la caduta (per alcuni provvisoria) delle grandi ideologie ha favorito la personalizzazione della politica e la riduzione di essa a puro patto di scambio - basato sugli interessi e non sulle passioni politico-ideologiche - tra leader e cittadini sempre più desiderosi, grazie a quella cultura dell’effimero veicolata dai media, di “divertirsi”… Di dimenticare i problemi, pensando ad altro.
In conclusione, piaccia o meno, se non muteranno le basi sociali e culturali di cui sopra, sarà molto difficile liberarsi dal veltrusconismo. Sempre che non intervenga una gigantesca crisi economica, capace di rimettere in gioco tutto. Ma a quel punto il processo di recupero delle diverse identità e delle passioni collettive potrebbe essere complicato da quel bisogno di affidarsi a un leader decisionista, che i gruppi sociali, soprattutto se disgregati, mostrano regolarmente nelle grandi crisi storiche.
Così al veltrusconismo, almeno in linea ipotetica, rischia di sostituirsi un “grandefratellismo” totalitario, segnato non da mostre del cinema e “Contratti con gli Italiani” ma da grandi parate militari.