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Chi pagherà il deficit del mondo sviluppato?

di Ricardo Arriazu - 23/10/2007

 


 


In un recente discorso il presidente della Federal Reserve degli Stati Uniti, Ben Bernanke, attribuiva i crescenti squilibri che registra l'economia mondiale (massiccio deficit estero negli USA, la sua contropartita nei surplus di molti paesi emergenti, e una tendenza declinante dei tassi reali di interesse a lungo termine), a un eccesso di risparmio mondiale, in particolare nei nuovi paesi industrializzati asiatici.

Tuttavia, secondo me, le statistiche non sembrano convalidare totalmente questa ipotesi. Secondo i dati pubblicati dal FMI nel suo rapporto sulle Prospettive Economiche Mondiali, il tasso totale di risparmio mondiale dell'anno 2006 è stato del 22,8%, livello superiore alla media negli ultimi dieci anni, ma inferiore a quella degli ultimi 45 anni.

Questo livello è stato superato 18 volte dall'anno 1970, compreso il ciclo positivo 1976-1980 (molto simile all'attuale), durante il quale la media fu del 24%. Nonostante ciò le medie mondiali nascondono importanti differenze tra i paesi.

Mentre durante il ciclo favorevole della seconda metà della decade del 1970 l'insieme di paesi industrializzati mostrava un tasso di risparmio del 19,4%, nel ciclo attuale questa media raggiunge solo il 15,7% del PIL. Questa caduta nei livelli di risparmio è abbastanza generalizzata, ma le diminuzioni più importanti si registrano negli USA e in Francia (con cadute superiori ai 6 punti del PLI).

Come contropartita, il tasso di risparmio medio dei paesi asiatici che si sono recentemente industrializzati è salito approssimativamente dal 28% al 31% del PIL, e nel resto dei paesi emergenti dal 26% al 32% del PIL. In questo gruppo di paesi spiccano i paesi del Medio Oriente, il cui tasso di risparmio fluttua violentemente con il prezzo del petrolio (42% nel 1989, 7,8% nel 1991, e 40% nel 2006). In questo periodo il contributo della Cina al risparmio mondiale è salito dallo 0,87% al 2% del PIL mondiale.

Queste cifre mostrano che i livelli di risparmio dei paesi emergenti fluttuano con i prezzi delle materie prime, e che attualmente questi paesi (in particolare la Cina e i produttori di petrolio) stanno finanziando l'eccesso di spesa dei paesi industrializzati, in particolare degli Stati Uniti d'America.

Nel suo discorso Bernanke ha sottolineato che sebbene il deficit nei conti esteri degli USA sia cresciuto dall'1,6% al 5,5% del PIL (da 125 a 640 miliardi di dollari), questo sviluppo non può essere attribuito esclusivamente alla caduta nel tasso di risparmio degli USA, dal momento che questi squilibri possono esistere solo se qualcuno è disposto a finanziarli.

Dato che in questo stesso periodo le partite correnti aggregate dei paesi emergenti sono passate da un deficit di 80 miliardi di dollari a un surplus di 300 miliardi, Bernanke arriva alla conclusione che esiste un "eccesso" in questi paesi, e che sono loro che generano gli squilibri mondiali, giustificando questo ragionamento con la riduzione dei tassi di interesse a lungo periodo.

Da un punto di vista contabile è sufficientemente chiaro che, a livello globale, gli squilibri di un paese devono avere come contropartita squilibri di segno inverso in altri paesi (le esportazioni di un paese sono le importazioni di un altro). Tuttavia, non è molto semplice determinare da dove si originano questi squilibri. Quasi sempre "ci vogliono due persone per ballare il tango", ma non sempre si può capire chi è che guida.

Alcuni dati contraddicono gli argomenti di Bernanke. Per quanto sia certo che il contributo dei paesi emergenti al risparmio mondiale sia cresciuto dal 6% al 7,4% del PIL mondiale dal 1996, è anche certo che durante il ciclo 1976-1980 il tasso di risparmio di questi paesi era equivalente al 9,3% del PIL mondiale.

Nonostante questo alto contributo al risparmio mondiale, né il tasso di interesse reale né lo squilibrio delle partite correnti degli USA raggiungevano allora i livelli attuali. Per giunta, la violenta successiva riduzione del tasso di risparmio dei paesi emergenti (il loro contributo al risparmio mondiale si ridusse ad un minimo del 4,7% nel 1992, come riflesso della caduta dei prezzi mondiali delle materie prime) si riflesse anche in un grande miglioramento dei conti esteri degli USA.

Va sottolineato che a partire dal 1992 il contributo di risparmio delle famiglie al risparmio globale nei paesi appartenenti all'OCSE si ridusse quasi del 50% (dall'8,5% al 4,7% del PIL mondiale), nello stesso tempo in cui il risparmio negativo dei suoi governi si incrementava dall0 0,1% allo 0,6% del PIL mondiale, risultato dell'incremento nel consumo. Tuttavia, il risparmio delle sue grandi imprese si incrementava dall'8% al 9,2% del PIL mondiale (tendenza che può spiegare il comportamento delle Borse valori negli ultimi anni).

In questo stesso periodo il tasso di investimento totale dei paesi dell'OCSE si è ridotto anch'esso dal 13,3% all'11,9% del PIL, concentrato nella sua totalità in investimenti non domestici. Queste cifre sembrerebbero riflettere un deterioramento nella distribuzione del reddito in questi paesi (in coincidenza con il picco delle esportazioni industriali cinesi) e una tendenza a incrementare il consumo indebitandosi.

Non sarebbe giusto chiudere questo commento senza un riferimento agli importanti miglioramenti che si sono registrati in questo perioso in materia di inflazione e di squilibri dei conti pubblici dei paesi emergenti in generale e dell'America latina in particolare.

L'inflazione mondiale si è ridotta dal 17% al solo 3% tra il 1980 e il 2007, nello stesso periodo in cui l'inflazione dell'America Latina si riduceva dal 65,9% al 5,2%. I conti pubblici della regione mostrano anch'essi importanti miglioramenti passando da un deficit notevole a un surplus.



Originale da: Clarin

Pubblicato anche da Rebelion

Articolo originale pubblicato il 14 ottobre 2007

L’autore

Gianluca Bifolchi è membro di Tlaxcala, la rete di traduttori per la diversità linguística, e del blog collettivo Acthung Banditen. Questo articolo è liberamente riproducibile, a condizione di rispettarne l'integrità e di menzionarne autori, traduttori, revisori e la fonte.

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Tradotto da  Gianluca Bifolchi