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Ambientalismo, vizi e virtù

di Andrea Masullo* - 24/10/2007

 


 

 I
n questi ultimi tempi la stampa italiana o­spita sempre più spesso articoli tendenti a dileggiare i rapporti scientifici che ri­guardano le grandi questioni ambientali. Uso il termine dileggiare in quanto per confutare una tesi scientifica, soprattutto se largamen­te condivisa ai massimi livelli delle istituzioni scientifiche e politiche internazionali, occor­rono argomentazioni scientifiche serie e fon­date, del tutto assenti negli articoli in questio­ne. In tal modo la stampa, non facendo nes­sun distinguo fra libere opinioni e testi scien­tifici, diviene, da organo di informazione, strumento di disinformazione. Addirittura, un giornale autorevole come Avvenire ha ospita­to il 14 ottobre un articolo che con toni estre­mistici insulta l’Onu trattandolo come un or­ganismo al servizio di una nuova ideologia po­st- comunista emergente: 'l’ambientalismo'. L’ambientalismo è sì una ideologia, ma i rap­porti dell’Ipcc, additati come 'testi sacri' dell’ambientali­smo, non hanno niente a che fare con esso e sono redatti sul­la base di studi effettuati da mi­gliaia di scienziati ritenuti dai rispettivi governi degni di es­sere al vertice delle più presti­giose istituzioni ed enti di ri­cerca, e coordinati dall’Ipcc, or­ganismo formato dall’Onu.
  Occorrono decenni di studi, pubblicazioni scientifiche pas­sate al vaglio di commissioni di valutazione, titoli accademici, per far parte di tali organismi, mentre bastano pochi minuti e nessun ob­bligo di dimostrazione per pubblicare sulla stampa quotidiana tesi estremistiche ed of­fensive. Dovremmo allora chiederci che cosa è l’estremismo. L’estremismo è prendere un singolo aspetto di una verità e ingigantirlo o negarlo per i propri scopi ideologici.
  Nell’articolo apparso su Avvenire domenica 14 ottobre si afferma che l’uomo emette di ani­dride carbonica «sette miliardi di tonnellate annue a fronte delle duecento rilasciate na­turalmente da foreste e oceani». A parte il fat­to che le quantità citate riguardano il carbo­nio e non l’anidride carbonica, l’articolista o­mette di dire che le quantità emesse da fore­ste ed oceani vengono bilanciate dalle quan­tità da essi riassorbite, mentre quelle umane sono esclusivamente addizionali. Anche af­fermare riguardo alle temperature che «da fi-
ne Ottocento ad oggi, l’aumento è stato di po­co più di mezzo grado» fa intendere al lettore che ciò non costituisca un problema. Se im­mergete una mano in un recipiente pieno di acqua a 20°C e subito dopo in un altro a 20,5°C, non avvertirete nessuna differenza; ma ogni fisico dell’atmosfera sa che un aumento di 0,5° C della temperatura media terrestre è un va­lore molto grande che può avere gravi conse­guenze sul clima. Ma la tecnica della disinformazione affligge anche altri campi. In questi ultimi giorni ho visto alcuni politici moderati, di entrambi gli schieramenti, affermare ripetutamente sulla stampa ed in televisione che l’Italia deve su­perare l’estremismo di chi la ha portata fuori dal nucleare e riaprire le porte a questa ener­gia utilizzata in tutto il mondo. In queste af­fermazioni c’è una legittima e rispettabile o­pinione rispetto all’utilizzo di una fonte e­nergetica, ma una assoluta falsità rispetto al motivo su cui si fonda questa scelta: «Tutto il mondo utilizza il nucleare». Chiunque può andare sul sito dell’Agenzia energetica interna­zionale e vedere che l’energia nucleare nel 2005 ha prodotto appena il 6,3% dell’energia mondiale primaria, quindi è at­tualmente una fonte piuttosto marginale; negare questo per imporre una propria opinione è estremismo.
  Occorrerebbe invece serietà, moderazione e responsabilità, soprattutto quando si parla di problemi che evocano l’ipotesi scientificamente fondata che nei prossimi decenni centinaia di milioni di esseri umani rischiano la loro stessa soprav­vivenza a causa dei cambiamenti climatici. E quando qualcuno di questi liberi detrattori della scienza pretende addirittura di inter­pretare il pensiero della Santa Sede, come ho sentito dire alla radio alcuni giorni fa, qual­cuno dovrebbe almeno invitarli a dare una qualche dimostrazione scientifica di ciò che affermano. Altrimenti si travisa l’umanesimo cristiano assoggettandolo ad una visione ma­terialista ed utilitarista del creato, come spa­zio da conquistare e tiranneggiare, e non da custodire responsabilmente per la condivi­sione dei suoi beni con tutta l’umanità attua­le e con quella futura.

 *Responsabile scientifico di Greenaccord e do­cente di Fondamenti di economia sostenibile all’Università di Camerino

 «Non travisiamo l’umanesimo cristiano assoggettandolo a una visione materialista del mondo come spazio da tiranneggiare»




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