I n questi ultimi tempi la stampa italiana ospita sempre più spesso articoli tendenti a dileggiare i rapporti scientifici che riguardano le grandi questioni ambientali. Uso il termine dileggiare in quanto per confutare una tesi scientifica, soprattutto se largamente condivisa ai massimi livelli delle istituzioni scientifiche e politiche internazionali, occorrono argomentazioni scientifiche serie e fondate, del tutto assenti negli articoli in questione. In tal modo la stampa, non facendo nessun distinguo fra libere opinioni e testi scientifici, diviene, da organo di informazione, strumento di disinformazione. Addirittura, un giornale autorevole come Avvenire ha ospitato il 14 ottobre un articolo che con toni estremistici insulta l’Onu trattandolo come un organismo al servizio di una nuova ideologia post- comunista emergente: 'l’ambientalismo'. L’ambientalismo è sì una ideologia, ma i rapporti dell’Ipcc, additati come 'testi sacri' dell’ambientalismo, non hanno niente a che fare con esso e sono redatti sulla base di studi effettuati da migliaia di scienziati ritenuti dai rispettivi governi degni di essere al vertice delle più prestigiose istituzioni ed enti di ricerca, e coordinati dall’Ipcc, organismo formato dall’Onu. Occorrono decenni di studi, pubblicazioni scientifiche passate al vaglio di commissioni di valutazione, titoli accademici, per far parte di tali organismi, mentre bastano pochi minuti e nessun obbligo di dimostrazione per pubblicare sulla stampa quotidiana tesi estremistiche ed offensive. Dovremmo allora chiederci che cosa è l’estremismo. L’estremismo è prendere un singolo aspetto di una verità e ingigantirlo o negarlo per i propri scopi ideologici. Nell’articolo apparso su Avvenire domenica 14 ottobre si afferma che l’uomo emette di anidride carbonica «sette miliardi di tonnellate annue a fronte delle duecento rilasciate naturalmente da foreste e oceani». A parte il fatto che le quantità citate riguardano il carbonio e non l’anidride carbonica, l’articolista omette di dire che le quantità emesse da foreste ed oceani vengono bilanciate dalle quantità da essi riassorbite, mentre quelle umane sono esclusivamente addizionali. Anche affermare riguardo alle temperature che «da fi- ne Ottocento ad oggi, l’aumento è stato di poco più di mezzo grado» fa intendere al lettore che ciò non costituisca un problema. Se immergete una mano in un recipiente pieno di acqua a 20°C e subito dopo in un altro a 20,5°C, non avvertirete nessuna differenza; ma ogni fisico dell’atmosfera sa che un aumento di 0,5° C della temperatura media terrestre è un valore molto grande che può avere gravi conseguenze sul clima. Ma la tecnica della disinformazione affligge anche altri campi. In questi ultimi giorni ho visto alcuni politici moderati, di entrambi gli schieramenti, affermare ripetutamente sulla stampa ed in televisione che l’Italia deve superare l’estremismo di chi la ha portata fuori dal nucleare e riaprire le porte a questa energia utilizzata in tutto il mondo. In queste affermazioni c’è una legittima e rispettabile opinione rispetto all’utilizzo di una fonte energetica, ma una assoluta falsità rispetto al motivo su cui si fonda questa scelta: «Tutto il mondo utilizza il nucleare». Chiunque può andare sul sito dell’Agenzia energetica internazionale e vedere che l’energia nucleare nel 2005 ha prodotto appena il 6,3% dell’energia mondiale primaria, quindi è attualmente una fonte piuttosto marginale; negare questo per imporre una propria opinione è estremismo. Occorrerebbe invece serietà, moderazione e responsabilità, soprattutto quando si parla di problemi che evocano l’ipotesi scientificamente fondata che nei prossimi decenni centinaia di milioni di esseri umani rischiano la loro stessa sopravvivenza a causa dei cambiamenti climatici. E quando qualcuno di questi liberi detrattori della scienza pretende addirittura di interpretare il pensiero della Santa Sede, come ho sentito dire alla radio alcuni giorni fa, qualcuno dovrebbe almeno invitarli a dare una qualche dimostrazione scientifica di ciò che affermano. Altrimenti si travisa l’umanesimo cristiano assoggettandolo ad una visione materialista ed utilitarista del creato, come spazio da conquistare e tiranneggiare, e non da custodire responsabilmente per la condivisione dei suoi beni con tutta l’umanità attuale e con quella futura. *Responsabile scientifico di Greenaccord e docente di Fondamenti di economia sostenibile all’Università di Camerino «Non travisiamo l’umanesimo cristiano assoggettandolo a una visione materialista del mondo come spazio da tiranneggiare»
|