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Templari: la Chiesa ora dice «Il Papa non li condannò»

di Roberto Monteforte - 24/10/2007


I MONACI-GUERRIERI sono stati sterminati per ragioni politiche e non perché eretici o blasfemi. È questa la verità che affiora, dopo oltre 700 anni, dagli atti del processo e, in particolare, da un documento inedito: il «manoscritto di Chinon»

I Templari, i monaci-guerrieri, gli asceti con la spada che fondati dal nobile francese Hugues de Payns agli inizi dell’anno 1100 hanno difeso i luoghi di Terrasanta, proteggendo armi in pugno i pellegrini cristiani dai guerrieri della mezza luna, sono stati vittime di un processo farsa.
La confraternita dei «Poveri cavalieri di Cristo», votati a Dio e al martirio, nati con la prima Crociata a difesa del regno di Gerusalemme e sempre in prima linea con il loro stendardo bianconero, il mantello bianco e la croce rossa sulla spalla sinistra, che devono il loro nome per avere avuto a Gerusalemme nei pressi della spianata del Tempio di Salomone, la loro sede, sono stati sterminati per ragioni politiche. O meglio, economiche e non perché eretici o blasfemi. E soprattutto senza l’avallo del pontefice di allora, Papa Clemente V.
Il pontefice francese che viveva con la sua corte ad Avignone, non li considerò affatto eretici. Cercò sino alla fine di salvarli dalle mani dell’Inquisizione francese. Perché è stato il sovrano di Francia, Filippo IV il Bello che mirava ad impossessarsi delle loro ricchezze, a volerne lo scioglimento, la messa al bando, ad ordinarne la persecuzione senza prove. Anche contro il Papa che, se ne ordinò lo scioglimento d’autorità, lo fece per evitare che arrivasse la «condanna» ufficiale del sovrano. Così i Templari, che riconoscevano soltanto l’autorità del Papa e di nessuna altra autorità ecclesiastica, si trovaroro senza protezione. Il pontefice, però, non li assolve pubblicamente. Non può compromettere i rapporti tra la Santa Sede e la Francia. Prevale la ragion di Stato.
È questa la verità emersa dalla pubblicazione dei documenti conservati nell’Archivio segreto del Vaticano, quegli atti «Processus contra templarus», e in particolare il «manoscritto di Chinon», inedito, scoperto nel settembre 2001 dalla studiosa dell’Archivio vaticano, Barbara Frale: una pergamena che ripropone l’assoluzione concessa per autorità del Papa a Jacques de Molay, il Gran Maestro dell’Ordine e ai maggiori dignitari del Tempio fatti rinchiudere dal re di Francia nelle prigioni del castello di Chinon. In quella prigione si recarono alcuni messi di Clemente V per interrogare i Templari. Era il 20 agosto 1308. L’accusa di eresia venne derubricata a quella di apostasia. Un’assoluzione che non salvò loro la vita. Filippo il Bello dopo poco li condannerà al rogo.
Sono documenti preziosi che verrano presentati domani presso l’Aula vecchia del Sinodo dal cardinale Raffaele Farina, archivista e bibliotecario di Santa Romana Chiesa, dal prefetto dell’Archivio segreto, monsignor Sergio Pagano, e dalla ricercatrice Barbara Frale, il suo collega Marco Maiorino, dal medievalista Franco Cardini, l’archeologo Valerio Massimo Manfredi e Ferdinando Santoro, presidente di Scrinium che pubblica l’opera.
Così dopo sette secoli dalla loro persecuzione vengono alla luce gli atti della causa che portò allo scioglimento dei Templari, l’ordine cavalleresco la cui regola era stata dettata da san Bernardo di Chiaravalle, fondatore dei cistercensi, dei «frati votati a uccidere», dei valorosi guerrieri di élite che obbedivano solo al Papa dopo aver fatto voto di povertà, castità e obbedienza. L’ordine che sino al 1312 è stato il più forte, temuto e ricco della cristianità per la tante donazioni, proprio per questo venne fatto oggetto di menzogne, intrighi e stragi. Subì un processo farsa. Le accuse di essere stati cultori di esoteriche pratiche iniziatiche, di «essere sedotti dall’Islam» o di subire «l’eresia catara» sarebbero stati pretesti. Non furono colpiti per questo.
Furono oggetto di invidie, appetiti e gelosie. La svalutazione pesava sul regno di Francia che era vicino alla bancarotta per le spese sostenute nella guerra con l’Inghilterra. Vi furono sommosse popolari a Parigi. Il re Filippo IV trovò rifugio presso la fortezza dell’Ordine al Marais. Ebbe così modo di vedere le loro grandi ricchezze. Partì l’offensiva verso i Templari del sovrano. Con l’obiettivo di appropriarsi di quel tesoro e al tempo stesso limitare il potere della Chiesa, degli ordini religiosi e del papato già iniziata con la sua guerra a Bonifacio VIII. Il re riuscì a far eleggere al soglio di Pietro il francese Clemente V che trasferì la sua corte ad Avignone. Il sovrano avrebbe voluto dominare il pontefice, ma sui Templari l’azione non riuscì. Benchè iniziò veemente la campagna diffamatoria contro di loro orchestrata dagli inquisori fedeli al re. Le accuse erano quella di eresia, di vergognosa condotta morale, di promiscuità, sodomia e corruzione.
Si è molto fantasticato su questo ordine. Storie di intrighi e misteri. I Templari sono stati dipinti come i detentori del «Santo Graal», come gli adoratori del Baphomet (immagine dell’androgino con testa di caprone sormontato da un pentacolo, la stella a cinque punte), come dententori di segreti esoterici, come una setta iniziatica direttamente collegata alla moderna massoneria.
Tutte leggende ottocentesche secondo autorevoli esperti come il professor Cardini. Quello che è certo è che i Templari non obbedivano a nessuna altra autorità ecclesiastica. Che i giovani aristocratici di tutta l’Europa cristiana aspiravano a farvi parte. Che furono una vera potenza. Che avevano l’ambizione di raggruppare gli altri ordini cavallereschi per organizzare una nuova Crociata.
Cinque anni dal 1308 al 1313 durò il processo che subirono sotto l’Inquisizione francese. Il Gran Maestro, Jacques de Molay che era in Palestina a organizzare la Crociata tornò in Francia per difendersi da tali accuse. Fu arrestato come altre centinaia di Templari. Tutti vennero imprigionati, interrogati e sottoposti a tortura affinchè confessassero le loro colpe. Il Papa si rifiutò di avvallare quelle confessioni estorte e di ratificare quel verdetto. Era l’anno 1313. Prima, questa la sua condizione, avrebbe dovuto lui stesso interrogare il Grande maestro. La cosa avvenne attraverso tre suoi delegati. Si arrivò al proscioglimento dei Templari.
È questa la grande novità emersa dal lavoro di ricerca della storica Barbara Frale effettuata sugli Archivi segreti custoditi in Vaticano. Sono state ritrovate le pergamene che riproducono i verbali degli interrogatori e la loro trascrizione per sommi capi che alla fine condussero al loro proscioglimento dall’accusa di eresia, ma non da quella di sconveniente condotta morale. L’accusa più grave riguardava il rito iniziatico per i giovani postulanti. Dovevano «rinnegare Cristo» e oltraggiare la Croce sputandoci sopra dietro l’altare. Ma vi sarebbe anche una spiegazione per questi rituali: il neofita veniva sottoposto alle possibili angherie che avrebbe subito se fosse finito prigioniero degli infedeli. Alla fine arrivò il perdono del Papa per le «pratiche immorali», ma non certo quello di Filippo il Bello che mirava a mantenere le loro ricchezze. Con l’inganno fece arrestare il Gran Maestro e gli altri dignitari dell’Ordine che condotti sull’isoletta della Senna furono condannati e bruciati sul rogo. Ragioni politiche, la minaccia di uno scisma della chiesa di Francia portarono Clemente V a tacere e a sciogliere l’Ordine. A negare loro protezione. Ma oggi le carte venute alla luce ridanno onore ai cavalieri del Tempio di Salomone.