L'unica ragione rimasta per tenere i soldi in Banca, dati i redditi ridicoli dei depositi, dei Bot e di ogni forma obbligazionaria, era la sicurezza. "Ho i soldi in Banca, così almeno i ladri non me li rubano". Giampiero Fiorani e la sua 'banda del buco' incistata alla Popolare ha sfondato anche questo muro del suono. Quando qualcuno dei loro "mastruzzi" non andava a buon fine o perdevano in Borsa, costoro si rifacevano con vari trucchi sui depositi dei clienti. Mirabile.
Chissà se questa vicenda così simbolica riuscirà a far capire qualcosa ai risparmiatori . Il risparmiatore, sempre lodato, è infatti il fesso istituzionale del gran gioco del denaro. È un povero che, attraverso la intermediazione della Banca, presta il suo denaro ai ricchi perché questi facendolo girare vorticosamente, in modo lecito o illecito, diventino sempre più ricchi. Se poi le cose vanno male il rischio ricade sulla testa del risparmiatore, come dimostrano le vicende Parmalat e Cirio.La grande invenzione dell'economia moderna è infatti che l'imprenditore non rischia più denaro suo, come il mercante di un tempo, ma quello degli altri.
Gli imprenditori e i finanzieri, che son quelli che han capito il gioco, si guardano bene dal risparmiare, dato che sanno che il denaro, come il cerino acceso, meno ti resta attaccato alle dita e meglio è, perché viene sempre il momento in cui qualcuno te lo frega. Il risparmiatore invece lo tiene fermo, pronto per essere impallinato. Perché questo è l'inevitabile destino del denaro. Il denaro, nella sostanza, è infatti un credito che postula quindi un debito e come dice Vittorio Mathieu nella sua 'Filosofia del denaro': "È storicamente provato che alla lunga i debiti non vengono pagati". In genere ci viene mangiato dall'inflazione, ma ci sono anche altri sofisticati sistemi senza arrivare alla brutale grassazione di Fiorani & Soci.
Se il risparmiatore non può contare su una giustizia metafisica - giustamente perché è un fesso - non può nemmeno sperare in quella terrena. Non ci si illuda che l'inchiesta della brava e coraggiosa Giuseppina Forleo porti da qualche parte.Poiché nell'indagine sono coinvolti anche i politici, sia per i soliti finanziamenti illeciti, sia, più profondamente, perché un sistema come quello messo in piedi dalla "banda del buco" non può formarsi senza coperture politiche (del resto l'intreccio fra le oligarchie politiche e quelle economiche è un dato delle democrazie rappresentative), cominciano già a circolare le antiche parole d'ordine del quasi subito dopo Mani Pulite con cui, nel giro di pochissimi anni, le nostre classi dirigenti riuscirono a convincere il popolo italiano che i veri colpevoli non erano i ladri ma i magistrati che li avevano scovati. "Tintinnar di manette", "li arrestano perché confessino", "li arrestano sotto Natale, così parlano più facilmente perché vogliono passare le vacanze a casa (Andrea Annunziata, Margherita); "Questo è il regalo di Natale dei magistrati prima delle elezioni. Bisogna vedere chi vogliono colpire veramente" (senatore Carlo Vizzini); "È il colpo finale alla Cdl" dice un anonimo leghista "perché disarticolando noi danno una botta micidiale al Cavaliere".
Pierluigi Bersani: "La giustizia deve fare il suo corso, ma non possono essere i magistrati ad occuparsi di acquisizioni bancarie"; Domenico Contestabile: "Non è possibile che i magistrati si mettano a fare i banchieri". I l senatore Lino Jannuzzi di Forza Italia si spinge più in là: "Si è fatto un passo in più rispetto a Tangentopoli perché la magistratura sta invadendo un campo in cui finora non si era mai permessa di entrare".
Siamo già all'"invadenza", alla "supplenza". Fra poco arriveremo al "complotto". E si scoprirà che il giudice Forleo, da bambina, ha avuto in regalo un ciondolo da uno degli inquisiti. E se non è stata lei, fu suo padre o suo marito o suo figlio. E il processo si farà al Gip e ai Pubblici Ministeri. Come avvenne con Antonio Di Pietro.<p>
(www.massimofini.it)
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