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I combattenti kurdi sfidano il mondo dalla loro fortezza di montagna

di Patrick Cockburn - 26/10/2007



Ieri, la Turchia ha utilizzato i suoi elicotteri e l’artiglieria per attaccare la guerriglia kurda nell’Iraq settentrionale, mentre l’esercito si è concentrato di poco a nord del confine. Gli elicotteri d’attacco sono penetrati per tre miglia in territorio iracheno e gli aerei da guerra hanno preso di mira i sentieri di montagna usati dai ribelli per entrare in Turchia.

I comandanti della guerriglia del Partito dei lavoratori del Kurdistan (Pkk) mantengono un atteggiamento di sfida dinanzi a un’invasione imminente. In un’intervista rilasciata sulle montagne Qandil, Bozan Tekin, uno dei leader del Pkk, dice: "Nemmeno Alessandro il Grande è riuscito a portare questa regione sotto il suo dominio". Il Pkk ha il suo quartier generale sulle montagne Qandil, una delle fortezze naturali più grandi del mondo nella parte orientale del Kurdistan iracheno, che si allunga verso sud dall’estremità della Turchia sud-orientale lungo il confine iraniano. Se la Turchia, o chiunque altro, intende scacciare il Pkk dal nord Iraq, dovrà espugnare questo bastione ed è improbabile che avrà successo.

Nonostante le minacce di intervento da parte del primo ministro iracheno, Nuri al Maliki, i leader del Pkk non danno l’impressione che i loro nemici siano vicini.

Per un movimento di guerriglia che attende un assalto, è sorprendente quanto siano facili da trovare i leader del Pkk. Ci siamo mossi in macchina da Arbil verso est per due ore e mezzo e abbiamo noleggiato un’auto a quattro ruote motrici nel villaggio di Sangassar. La polizia irachena con addosso uniformi mimetiche è al lavoro per costruire un nuovo avamposto con blocchi di cemento accanto alla strada che porta alle montagne, ma prende solo i nostri nomi.

Di fatto, la macchina a quattro ruote motrici non è necessaria perché c’è una strada militare costruita dall’esercito di Saddam Hussein negli anni ottanta che procede a zig-zag lungo il costone di una ripida vallata fino a raggiungere il primo check-point del Pkk. I soldati del Pkk con kalashnikov e due granate appuntate sul davanti della loro uniforme sono rilassati ed efficienti. Nel caso in cui qualcuno possa avere qualche dubbio su abbia il controllo qui, c’è un enorme immagine del leader incarcerato del Pkk Abdullah Ocalan evidenziato su pietre dipinte in giallo, nero, e bianco su una collina distante mezzo miglio e visibile da un’ampia area.

Non ci sono segnali che le minacce di Maliki da Baghdad o del presidente iracheno, Jalal Talabani, stiano avendo effetto. I soldati del Pkk in una piccola locanda non ci stavano aspettando, ma si mettono prontamente in contatto con il loro quartier generale di zona.

A causa della sua nonchalance il Pkk si sta trovando a che fare con un vasto assortimento di nemici. Il governo iracheno di Baghdad non ha un’influenza diretta sul governo regionale del Kurdistan (Krg), guidato dal presidente Massoud Barzani, la cui amministrazione è costituita dal suo Partito democratico del Kurdistan e dall’Unione patriottica del Kurdistan del presidente Talabani. Questa è la sola forza in grado di provare a espellere i 3mila combattenti del Pkk.

Finora il Krg non ha dato segno di volerlo fare. Una delle ragioni è che, paradossalmente, il governo turco non vuole dialogare con il Krg, sebbene questa sia la sola istituzione irachena che potrebbe aiutarlo, in quanto Ankara teme il potere crescente del Krg come uno Stato semi-indipendente ai suoi confini.

Per il momento, il Pkk sta di fatto beneficiando della crisi iniziata in estate quando ha iniziato a intensificare i suoi attacchi contro la Turchia. Invece di venire politicamente marginalizzato nelle sue valli nascoste, (il Pkk) è balzato improvvisamente al centro dell’attenzione internazionale. Ciò lo aiuterà nel tentativo di ricostruire la sua malconcia base politica all’interno della Turchia, dove è stata sconfitta nel corso degli anni novanta e in cui il suo leader Abdullah Ocalan viene tenuto in carcere dal 1999.

Alla domanda se le forze turche sarebbero in grado di danneggiare il Pkk, uno dei suoi combattenti, di nome Intikam, afferma: "Tre su cinque dei nostri combattenti sono nascosti nelle montagne in Turchia, e se l’esercito turco non è in grado di trovarli difficilmente li troverà in Iraq".

Bozan Tekin e Mizgin Amed, una donna che è anche membro della leadership, negano con veemenza l’accusa di essere "terroristi" e chiedono con rammarico perché non viene data maggiore attenzione ai kurdi che sono stati uccisi dall’esercito turco. Gli stessi aggiungono di avere osservato un cessate-il-fuoco dal primo ottobre 2006 e di stare combattendo in risposta agli attacchi turchi.

"Da quel momento i turchi hanno lanciato 485 attacchi contro di noi", dice Bozan Tekin. "Anche una animale – ogni essere vivente – lotterà quando si sentirà in una situazione di pericolo", dice Mizgin Amed. Entrambi i leader del Pkk sono prudenti nel fornire dettagli sull’imboscata di domenica scorsa nella quale almeno 16 soldati turchi sono stati uccisi e otto catturati. Questo perché l’imboscata è un po’ difficile da conciliare con la loro posizione difensiva. Ma Bozan Tekin afferma che in realtà "35 soldati turchi sono stati uccisi e solo tre combattenti del Pkk sono stati leggermente feriti. Non abbiamo subito alcuna vittima". Sostiene che un attacco a un minibus, per il quale la Turchia ha accusato il Pkk, è stato compiuto in realtà da soldati turchi  a una festa nuziale kurda.

Nel complesso, sebbene non lo dica apertamente, per il Pkk un’invasione militare turca del nord Iraq sarebbe la benvenuta, perché immischierebbe la Turchia con i kurdi iracheni e l’esercito iracheno. E di fatto non costituirebbe alcuna minaccia per il Pkk.

(Traduzione di Carlo M. Miele)
The Independent