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Prove tecniche di veltronismo "democratico": il mercato romano di Porta Portese

di Carlo Gambescia - 29/10/2007

 

Come tanti romani, ogni tanto la domenica vado al mercato di Porta Portese. Un paio di volte l’anno non di più.
Ieri mattina sono andato, dopo aver fantasticato nei giorni precedenti su possibili “scoperte”… Alle otto ero lì, come sempre presto, per contendere il terreno ai librai-squali, che dai bancherellari comprano a 1 e rivendono a cento…
Mancavo dall’aprile scorso. E l’ho trovata presidiata tipo striscia di Gaza, da un esercito di vigili urbani… Mancavano solo i carri armati, con la Lupa Capitolina sugli sportelli blindati…
Appena arrivato, su via Pascarella (una delle strade d’accesso), buio in sala, ed è subito film metropolitano: un ambulante sui cinquanta, esasperato, con le vene del collo come tronchi d’albero, urla contro un gruppetto di vigili, indecisi però sul da farsi… Dieci metri più avanti, una donna, forse la moglie, minaccia di tirare fuori il “kalashnikoffe” se non le fanno subito aprire la bancarella…
Vabbé, proseguo. Scopro subito che i cinesi sono scomparsi. Seguiti da rom, rumeni, ucraini, russi e senegalesi. L’ordine regna a Porta Portese. Non ci sono più stranieri. Neppure i ragazzetti bhangra (?) che ti offrivano “Lepubblica” e “Colliele dello Spolt” con sorrisi, sempre più rari tra gli italiani.
Ma sono sparite pure tante, troppe bancarelle di libri. Mentre sono spuntate come funghi quelle di articoli domestici, con pile e pilette di forchettoni in legno, coltelli col manico tigrato, bicchieri fiorati di plastica trasparente… Riqualificazione, insomma.
Altre zone sono chiuse alla vendita. E presidiate da vigorose vigilesse. Al posto degli "abusivi", automobili parcheggiate....
Scomparsi i robivecchi. Soprattutto laziali e napoletani; vecchietti, come vuole la leggenda di Porta Portese, spesso sdentati e bisunti, ma accaniti ripulitori di cantine, che nutrivano il mercato dell' antiquariato librario… E poi, vigili, vigili, vigili, vigili… In divisa e in borghese. Che pattugliano e controllano. Oppure che spiccano, immobili, davanti ai venditori di panini con la salsiccia. Ma in atteggiamento marziale.
I pochi librai rimasti, i “regolari”, sembrano intontiti, e vendono roba che puoi trovare in qualsiasi remainder. Ricordano la popolazione di New Orleans, dopo l’alluvione. Arrancano. Uno più loquace mi dice: “Che vole, dottò, è un mese che va avanti sta’ storia. I vigili so’ qui pe’ difendece. I rumeni so’ pericolosi”… Er mercato s’era allargato troppo…”.
Ecco, penso, siamo in piena società del controllo e della paura. Che ha bisogno del capro espiatorio (lo straniero, il diverso)… E della complicità dei deboli (in questo caso commercianti e ambulanti “regolari”), per imporre un ordine che marginalizza, solo chi già vive nella marginalità. “Eh, sì c’ha ragione”, rispondo mentendo spudoratamente. “Se non ci fosse Veltroni… ”, aggiungo viscido. “Giusto Dottò…”, fa lui convinto.
E invece penso, che questa Porta Portese-Second Life, etnicamente “pura” ma finta e cinturata, evidenzi, e bene, la pericolosità politica e sociologica del Pd veltroniano: all’eterno fanciullo con gli occhialoni, baciato da Bob Kennedy sulle gote, sono permesse politiche di repressione che, se attuate da altri, verrebbero bollate come fasciste.
Torno a casa a mani vuote. Col magone, perché sento che mi hanno scippato pure Porta Portese: il piacere segreto (e annunciato) di scovare un libro lungamente ambito.. Ma anche il gusto delle trattative… E di passeggiare in un mondo vero e non virtuale. Multietinico. E imparare qualcosa degli e dagli altri
Ma che sto dicendo? Sono tutte stupidaggini da anime belle.… Cose prive di valore, di fronte “al necessario ritorno della legalità”, come si legge sui giornali, devoti al sindaco. Ma pure su quelli di destra… Una sintonia, questa, che dovrebbe far riflettere…
Che tristezza. Pure Gaza-Porta Portese è andata a fondo.
Ma senza la sua Intifada.