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Biocarburanti. Se il combustibile «verde» si mangia i campi di grano

di Luigi Dell’Aglio - 29/10/2007


 


P
rima il boom, di portata mondiale, poi una valanga di accuse e dubbi inquietanti. Sul banco degli imputati i biocombustibili, o agrocarburanti o
biofuel, la fonte di energia ricavata da vegetali che dovrebbero dare una mano a salvare la Terra dal riscaldamento globale e dagli sconvolgimenti climatici. Per alcuni, i biofuel rappresentano la 'grande illusione'; per altri un’avventura con effetti perversi, che può risultare più dannosa degli stessi combustibili fossili. Per altri ancora, un’innovazione energetica da introdurre dopo rigorose prove scientifiche, in modo molto selettivo e, soprattutto, senza sottrarre terra preziosa alle coltivazioni che servono a sfamare il mondo.
  Il capo d’accusa più sconcertante? Eccolo: un litro di biocombustibile può aggravare l’effetto serra più di quanto faccia un litro di petrolio.
  Lo afferma un’autorità nel campo della chimica dell’atmosfera, il premio Nobel Paul Crutzen, lo scienziato che ha scoperto il buco dell’ozono. I risultati della sua ricerca debbono ancora essere confermati; inoltre anche coloro che hanno lavorato con lui avvertono che non è il caso di fare di ogni erba un fascio: il Nobel chiama in causa il biodiesel prodotto con l’olio di colza e il bioetanolo da frumento, ma non gli agrocarburanti derivati dalla canna da zucchero o dall’olio di palma (che anzi –precisa – sono una cura per l’ambiente malato).
  Ma a carico dei biocarburanti pendono altre imputazioni. I grandi proprietari terrieri, attratti dagli incentivi, convertono le distese agricole alla produzione di
biofuel, a scapito delle colture alimentari. «Se l’Europa sostituisce con biocarburanti il 5,75% dei combustibili fossili, occorre destinare alle colture bioenergetiche dal 14 al 19 per cento delle terre agricole», spiega Stefano Masini, che alla Coldiretti è responsabile del settore Ambiente e territorio. Le riserve di grano stanno crollando ai livelli più bassi degli ultimi trent’anni. E, per conseguenza, s’impennano (anche in Italia) i prezzi del pane e della carne. La Fao, l’organizzazione delle Nazioni Unite per l’agricoltura e l’alimentazione, si chiede che cosa mangeranno gli oltre 850 milioni di esseri umani già sottonutriti. E teme rivolte nei Paesi poveri, che – sempre costretti a importare grano – ora, con i rincari, dovranno comprarne di meno. Il professor Stefan Tangermann, direttore Ocse per l’agricoltura e il commercio, è preoccupato: il dilagare dei biofuel si combina con una crescente domanda di prodotti alimentari e perciò non è il caso di sperare che i prezzi si raffreddino, neanche nel medio­lungo periodo.
  George W. Bush prevede che nel 2050 il trenta per cento della benzina consumata negli Usa sarà sostituito dai biocarburanti.
  Spinto all’estremo, questo scenario comporterebbe conseguenze catastrofiche. «In teoria, le biomasse potrebbero sostituire tutto il combustibile fossile consumato ogni anno negli Usa. Ma sarebbe necessario occupare il 121 per cento di tutta la terra agricola», fa notare Masini.
  Neanche l’Europa scherza: per favorire le colture bioenergetiche, si tenta di eliminare la messa a riposo dei terreni, indispensabile per garantire la biodiversità.
  La crisi che investe i biocombustibili, anche a causa del loro turbinoso sviluppo, potrebbe farsi più complicata e mettere perfino in forse il futuro di questa fonte energetica. Fino a poco tempo fa, i
biofuel erano sembrati il toccasana per le agricolture europee, perennemente in cerca di sbocchi. Tanto che la Commissione di Bruxelles, nel 2003, aveva assegnato ai produttori agricoli 45 euro all’anno per ogni ettaro destinato ai biocombustibili. Il plafond di due milioni di ettari è stato superato. E ora, visto che il combustibile verde sta emarginando il grano, si pensa di revocare gli incentivi. Insomma potrebbe delinearsi un trend congiunturale di senso contrario. Se il grano, cacciato dai biocarburanti, sale alle stelle come tutte le merci che si rarefanno, perché non lasciare , magari temporaneamente, il treno dei 'bio' e saltare su quello del frumento? Tutte manovre speculative inaccessibili alle piccolissime aziende agricole, cioè alle famiglie contadine dei Paesi poveri, che non possono davvero accrescere la loro produzione di cereali.
  Ma sui biocarburanti non cala certo il sipario. Ora si proverà con quelli di seconda generazione. Per esempio, con il biometanolo da cellulosa, che darebbe un bilancio energetico positivo, rileva Masini. E poi l’esperienza ha impartito utili lezioni. 'La soluzione è molto semplice: le biomasse vanno prodotte e impiegate a livello locale, valorizzando le produzioni nazionali, attraverso contratti di fornitura che impegnino superfici limitate. Si tratta di introdurre il concetto di distretto agro-energetico». Se il
biofuel deve essere trasportato per coprire lunghe distanze, il suo bilancio energetico salta, e per giunta aumentano le emissioni di gas serra. Questa è un’epoca di transizione. I biocarburanti possono contribuire a ridurre la dipendenza dai combustibili fossili ma, dice l’esperto della Coldiretti, «debbono trovare posto in una strategia integrata che sappia modulare il mix energetico aumentando progressivamente il ricorso alle fonti rinnovabili che hanno origine nel territorio».