Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Benedetto XVI e il diritto all' obiezione di coscienza. Qualche riflessione

Benedetto XVI e il diritto all' obiezione di coscienza. Qualche riflessione

di Carlo Gambescia - 30/10/2007

 

Le parole di Papa Benedetto XVI sul diritto all’ obiezione di coscienza dei farmacisti a proposito della vendita della cosiddetta pillola del giorno dopo meritano alcune riflessioni. Ma non in termini morali o religiosi bensì dal punto di vista di una teoria democratica dei gruppi sociali.
Su quale principio si fonda la moderna società democratica? Su quello del pluralismo sociale: una società è tanto più democratica quanto più risulta libera la scelta del singoli di appartenere o meno a un certo gruppo sociale. Da questo punto vista, e restringendo per ragioni di spazio la nostra analisi a due soli gruppi, la Chiesa Cattolica oggi è un gruppo sociale come un altro. Ma lo è anche Stato? Oppure può essere definito come il supremo regolatore? Una specie di “supergruppo”?
La risposta è delicata e importante. Perché ogni gruppo sociale è portatore di una sua ideologia. Ora se si definisce lo Stato come tale, bisogna convenire che anch’esso sia portatore di una sua ideologia. Di quale ideologia però? Quella che designa nello Stato il regolatore super partes: una entità, che anche ricorrendo alla minaccia dell’uso legale della forza, fissa un quadro di norme e comportamenti all’interno del quale i cittadini sono obbligati a muoversi.
Pertanto, dal punto di vista dell’organizzazione sociale, quanto più i cittadini rispettano tali regole, quanto più una società è ordinata.
Ora, le nostre società democratiche riconoscono il diritto di obiezione, che in alcuni settori è stato regolamentato per legge. Si tratta di una scelta certo nobile, ma socialmente pericolosa, perché riconoscere, anche se delimitandolo, il diritto di obiezione, significa introdurre un elemento “oggettivo” di disorganizzazione sociale.
Il Papa, nel suo discorso, fa riferimento proprio a questo diritto. Il che però rappresenta, come notato, un elemento "oggettivo" di conflitto. Perché va a ledere non l’elemento del pluralismo democratico, ma quello ideologico dello Stato come regolatore super partes. Il che significa che gli attuali sistemi democratici, e soprattutto quelli sviluppatisi nei paesi di tradizione cattolica, hanno accettato di “vivere pericolosamente” (o conflittualmente, se si preferisce). Dal momento che sono fondati su una specie di compromesso instabile: per un verso si è accettata l’idea pluralistica (democratica), ma per l’altro la si è regolamenta per ragioni di funzionalità sociale. Anche perché il troppo pluralismo rischiava e rischia di mettere in discussione l’ideologia super partes dello Stato, oltre che, come detto, la normale vita sociale. Tuttavia resta difficile, non tanto in teoria quanto in pratica, fissare un punto di equilibrio sociale. Che in genere riflette quello tra la forza reale (storica) dei vari gruppi sociali. Quindi strepitare sui giornali, come fanno certi laici, non serve a nulla… Per fare un esempio: è come fare baccano perché alle giornate di pioggia seguono quelle di sole, e viceversa...
Pertanto sul piano di una teoria sociologica dei gruppi, il secolarismo - semplifichiamo - non è altro che l’ideologia super partes di un determinato gruppo sociale, mentre l’antisecolarismo della chiesa cattolica rappresenta, sempre ideologicamente, le posizione di un altro gruppo sociale, che probabilmente vuole recuperare, o solo difendere, il suo precedente ruolo storico di super partes. Il nostro - lo ammettiamo - è un realismo sociologico che può non essere condiviso, o addirittura risultare irritante sul piano filosofico e teologico. Ma preferiamo restare sul piano dell’analisi positiva.
Va però anche detto - proseguendo nella nostra analisi - che tra queste posizioni (secolari e antisecolari), resta sempre, e in precario equilibrio, quella del diritto individuale di obiezione: una conquista democratica, giuridicamente parlando, moderna. Volta a salvaguardare la libertà individuale del singolo di aderire all’una o all’altra ideologia; all’uno o all’altro gruppo sociale.
Naturalmente, i secolaristi e gli antisecolaristi usano appellarsi a principi prepolitici: gli uni e gli altri quando difendono le proprie posizioni asseriscono di voler salvaguardare in nome di tali principi le libertà dei singolo. Si tratta di asserzioni ideologiche difficilmente verificabili, almeno dal punto vista del rapporto concreto tra idee e ordine sociale. Osservazione, quest'ultima, che per alcuni lettori può risultare irritante, ma preferiamo, come già osservato restare sul piano dell'osservazione concreta.
Diciamo perciò che sotto l’aspetto della teoria democratica il problema è insolubile. Dal momento che ogni atto di fede nel pluralismo democratico legittima e rafforza il ruolo della Chiesa come gruppo sociale, come ogni atto di fede nel ruolo regolatore dello Stato legittima e rafforza il potere di quest’ultimo gruppo sociale. Diciamo che in genere negli ultimi sessant’anni, nei paesi cattolici si è proceduto in concreto - e dunque non “in teoria” - per successivi aggiustamenti legislativi e armistizi politici e sociali.
Del resto, in campo politico-religioso gli estremismi non possono giovare né all’una né all’altra parte. Dal momento che c’è sempre il rischio che una forzatura nell’uno o nell’altro senso possa mettere in discussione il pluralismo democratico. E, dunque, in assoluto, la libertà del singolo di dire no. Alla Chiesa come allo Stato.
Sempre che si voglia restare all'interno di una teoria della democrazia pluralistica, modernamente intesa, come appunto asseriscono soprattutto i secolaristi...