Schiacciati nelle pagine di costume, grottescamente rappresentati dai partecipanti al Grande Fratello, i giovani hanno assunto nelle ultime settimane la loro vera fisionomia di Grande Problema Italiano. Ogni famiglia lo sapeva già da un pezzo, ma negli ultimi giorni i maggiorenti del Paese sono stati costretti ad occuparsi di loro. “Bamboccioni”, li ha definiti il Ministro delle finanze, per via del loro ritardare sempre di più l’uscita di casa. Ma Mario Draghi ha spiegato perché lo fanno.
Perché guadagnano troppo poco: il 30-40% in meno dei loro coetanei in Francia, Germania, Regno Unito. Siamo il Paese, ha ancora spiegato il Governatore della Banca d’Italia, fornendo le cifre necessarie a confermare ciò che gli italiani già percepivano ogni volta che andavano all’estero, che ha il minor numero di capifamiglia al di sotto dei trent’anni. Un Paese cioè che infantilizza i suoi giovani, trattenendoli in uno stato di figli (i “bamboccioni” insolentiti dal ministro Padoa Schioppa), fino a quando si ritrovano vecchi, senza mai essere stati davvero grandi.
Inutile ricordare che un Paese senza capifamiglia giovani, è anche un Paese senza bambini. Noi, infatti, siamo il fanalino di coda dell’Europa, mentre Paesi come la Francia registrano un brusco risveglio di natalità, dovuto non soltanto ai cittadini immigrati.
Non è solo un problema economico, ma anche psicologico. I giovani, da sempre il gruppo sociale per il quale batteva il cuore del paese, oggi sono vissuti come un peso. Non è un caso che un Ministro dell’economia, molto avanti negli anni, li definisca con un epiteto insultante, lui che dovrebbe essere al servizio loro, come degli altri cittadini italiani.
L’Italia è anche il Paese europeo nel quale la classe dirigente è più vecchia. I nostri leader politici hanno venti/trent’anni più dei loro corrispondenti europei. Nelle aziende gli ostacoli alla “Legge Biagi” sono un modo per non lasciar entrare i giovani, e mantenere ai loro posti funzionari obsoleti, con un effetto di scoraggiamento verso le nuove leve, e pesanti perdite di produttività e innovazione per tutto il sistema.
Quando chi scrive aveva 25 anni, l’Italia attraversava una situazione analoga. Ero appena tornato dalla Francia, dove De Gaulle aveva mandato in pensione un intero regime, la IV repubblica, per inaugurare la V, mettendoci ai vertici moltissimi giovani, e rimasi stupito dalla senescenza dei nostri potenti. Una delle prime inchieste che firmai (per L’Espresso) si intitolava: l’Italia dei brontosauri.
Ecco, oggi occorre una nuova svolta. I giovani inchiodati nella casa famigliare dai bassi salari e dall’assenza di possibilità di carriere, saldamente presidiate da ultrasettantenni, non possono crescere se gli attuali brontosauri non se ne andranno a casa. Per questo, però, occorre tornare ad amare la giovinezza, l’innovazione, il cambiamento, anche delle idee.
La celebrazione italiana del passato è stucchevole, e un po’ nauseante. Tanto da coprire di insulti un vecchio socialista come Giampaolo Pansa, che scrive presentando anche le ombre della Resistenza, proprio per poterla amare davvero, e non come una rappresentazione di maniera. Anche I Gendarmi della memoria di cui parla Pansa impediscono ai giovani di farsi avanti, di uscir di casa. Perché non consentono il cambiamento, difendendo un’immagine falsa del passato.
Come si vede, molte cose devono accadere perché i “Bamboccioni” smettano di essere tali. Una soprattutto: che gli italiani tornino ad amare il futuro dei loro figli, invece di mangiarseli. Come l’avido Crono, il vecchio Dio, che non voleva lasciare il potere.

da “Il Mattino di Napoli”