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Esiste un progetto consapevole per strappare l'anima del mondo

di Francesco Lamendola - 30/10/2007

In uno degli ultimi alcoli, In un mondo dominato da problemi tecnici l’esigenza ontologica si affievolisce e muore abbiamo sostenuto, sviluppando una notevole (e profetica) intuizione del filosofo Gabriel Marcel, che la nostalgia dell’Essere inevitabilmente si spegne laddove gli esseri umani, ridotti a rotelle impersonali e sostituibili d un ingranaggio tecnico, sano totalmente assorbiti dal meccanismo produttivo e tutte le loro attività siano subordinate ad esso.

Scrive, infatti, il filosofo francese (ne Il mistero dell’essere (Torino, Borla Editore, 1971, 2 voll., II, Fede e realtà, pp. 126-27)

 

“Più le attuali condizioni sociali fanno sì che l’umanità venga considerata e di conseguenza trattata come massa, cioè come aggregato i cui elementi sono destinati a sostituirsi semplicemente gli uni agli altri nella vicenda temporale, e più vengono trascurati i valori di unicità e dignità che nel passato erano gli attributi dell’anima umana, in quanto immagine di Dio. Non solo tali valori vengono lentamente trascurati e persi di vista: a volte essi sono anche esplicitamente negati. L’uomo giunge persino a convincersi di poter dimostrare, con il suo stesso comportamento, di non corrispondere affatto alla definizione data d lui dai teologi. In realtà si tratta di un circolo vizioso: più i suddetti valori umani saranno negati e più l’uomo sarà trattato come una macchina capace  di un determinato rendimento, e tale rendimento diventerà la sola ragione comprensibile della sua esistenza, non solo, ma l’unica sua realtà: la conclusone logica di tale concezione sono  il campo di lavoro e il forno crematorio. A questo punto dobbiamo fare attenzione al pericolo del paradosso: si potrebbe infatti supporre che,  teoricamente, in una società simile,  gli uomini potrebbero cessare di credere ad una vita ultraterrena, in quanto questa non avrebbe più, dati i presupposti, nessuna ragione d’essere affermata; per cui la vita presente acquisterebbe più valore e sarebbe più rispettata.  In realtà non è accaduto nulla di simile, anzi è vero esattamente il contrario: la vita terrena è apparsa sempre più come un fenomeno privo di valore, senza una intrinseca giustificazione, suscettibile di qualsiasi  tipo di manipolazioni che, con altre premesse metafisiche,  sarebbero apparse sacrileghe.

“A questo punto siamo in dovere di mettere in risalto la stretta connessione fra ragionamento metafisico propriamente detto (se preferite fra una Weltanschauung la quale resta sempre un po’ confusa) e un certo tipo di comportamento disumanizzato che, nel nostro mondo, sempre più sottomesso ad esigenze tecnocratiche, non può non diventare a poco a poco generale. Di conseguenza, per gli spiriti che hanno perso progressivamente l’abitudine alla riflessione e che non sanno che cosa sia la fede, un certo sistema d apparenze diventa consistente come la realtà stessa; si consolida sempre più presentando un carattere di sempre maggiore e temibile irriducibilità. L’estendersi del fenomeno della schiavitù, è senza dubbio la caratteristica più saliente di un mondo siffatto, un mondo che si è votato così alla morte; sottolineo che non sono affatto i paesi totalitari quelli che detengono il monopolio della schiavitù, perché essa si presenta sotto svariate forme, tutte innegabilmente mostruose. Dicendo che questo mondo si è votato alla morte, intendo dire che è incapace d resistere al fascino che la morte esercita su ch la considera come atto finale del suo essere.”

 

Vogliamo ora riprendere quelle riflessioni, spingendoci fino alla domanda se, dietro una tale, crescente disumanizzazione della vita, il cui punto d’arrivo è l’oblio dell’Essere, sia “soltanto” una conseguenza del modo di produzione capitalistico (come direbbe Marx) o del dominio dell’apparato tecno-scientifico (come dice Severino) o se non celi una verità ancora più sconvolgente, e cioè un disegno consapevole e deliberato di distruzione dell’elemento spirituale presene nei singoli individui così come nelle cose e ne luoghi che formano il nostro mondo.

Lo faremo citando un altro passo notevole di Marcel (op. cit., II, pp. 129-130), un passo che fa venire i brividi e che, tuttavia, appare perfettamente logico e coerente rispetto alle premesse, specie per chi crede che il Male non sia solo una carenza ontologica del Bene, ma un principio autonomo, attivo e operante nella storia umana così come (sotto forma di tentazione) nell’animo dei singoli individui.

 

“In un mondo in cui sotto l’influsso inaridente della tecnica le relazioni intersoggettive fossero scomparse, la morte cesserebbe di essere un mistero: essa diventerebbe un fatto  bruto come la rimozione di qualsiasi oggetto. Ma per fortuna questo tipo d mondo, abbandonato dall’amore, non è ancora il nostro e dipende da noi che non lo diventi, benché o veda addensarsi su d esso, ogni giorno di più, una coalizione di forze consapevoli e malefiche (malefiche appunto perché consapevoli) che sembrano esseri prefisse come scopo l’instaurazione di un mondo senza anima, un mondo che si presenta come il teatro di una sacrilega volontà di contro-creazione. Proprio in funzione di questa idea, che converrebbe analizzare nei particolari, potremo comprendere meglio l’affermazione da me postulata alla fine dell’ultima lezione, là dove identificavo il male con la morte.”

 

Marcel teneva queste conferenze (Gifford Lectures), poi raggruppate in volume col titolo Il mistero dell’essere,  nel maggio del 1949 e del 1950, presso l’Università di Aberdeen, nella Scozia settentrionale, che lo aveva invitato da Parigi. È dunque trascorso più di mezzo secolo e molti fenomeni della “civiltà della tecnica”, che hanno invaso con tanta forza le nostre vite e le nostre strutture sociali, erano allora inimmaginabili. Tuttavia l’occhio profetico del filosofo francese ha saputo cogliere con lucida precisione una tendenza in atto, che già aveva dato eloquenti prove di sé ad Auschwitz ed Hiroshima e che poi stava insinuandosi, in forme poco appariscenti e magari apparentemente edonistiche, nel tessuto della modernità: la distruzione dell’anima mediante l’affermazione del fatto brutale e definitivo della morte.

Non possiamo non ricordare che durante la Rivoluzione francese, evento-cardine della modernità, nasce il primo tentativo di imporre l’ateismo come credo ufficiale dello Stato e, soprattutto, di imporre “per decreto” la negazione dell’immortalità dell’anima. Nel 1793 Joseph Fouché (futuro ministri di polizia di Napoleone), commissario della Convenzione nel dipartimento della Loira - ove si macchia di crudeltà inaudite ai danni dei contro-rivoluzionari – sale sui pulpiti delle chiese sconsacrate per predicare che Dio non esiste e che l’anima immortale è un’invenzione dei preti; e, dopo aver fatto scalpellare via i simboli religiosi delle tombe, ordina che sulle porte dei cimiteri di Nantes venga posta la famosa iscrizione:

 

“LA MORTE È UN SONNO ETERNO.”

 

Fouché, l’anno dopo, sarebbe stato il regista occulto della rovina di Robespierre mediante il colpo di Stato del 9 Termidoro (27 luglio) del 1794.

Sarà forse un caso che ciò avvenne subito dopo che il deista Robespierre, il quale detestava l’ateismo (da lui considerato “aristocratico” e, pertanto, contro-rivoluzonario), aveva tuonato, dalla tribuna della Convenzione, non solo contro aggiotatori, profittatori e commissari sanguinari, ma anche, esplicitamente – pur senza mai nominare Fouché – contro l’iscrizione fatta scolpire sulle porte dei cimiteri di Nantes? Sta di fatto che, da banchi dell’Assemblea, qualcuno aveva gridato all’incorruttibile di pronunciarsi sulle azioni di Fouché in provincia, nelle vesti di commissario straordinario. Robespierre, pallido in volto, aveva risposto: “Di Fouché parlerò domani”; ma non avrebbe fatto in tempo: l’indomani, repentinamente, la Convenzione gli si sarebbe rivoltata contro e lo avrebbe tratto in arresto, per poi mandarlo alla ghigliottina.

Se andassimo a scrutare dietro le quinte della storia moderna, a nostro avviso troveremmo molti piccoli Fouché la cui missione è stata quella di diffondere la persuasione che la vita umana è frutto del caso e che tutto finisce con la morte del corpo. Scopriremmo, ad esempio, che potenti società segrete, come la Massoneria, perseguivano un disegno complessivo tendente a un tale obiettivo e che tali società, mutatis mutandis, ancor oggi esistono e continuano a lavorare per i loro scopi, seminando a piene mani nichlismo, scoraggiamento e confusione morale. Si tratta di gruppi potenti e altamente organizzati, che dispongono di capitali immensi e le cui cellule sono ramificate nei gangli vitali della politica, della finanza e dell’informazione mondiale. Si ricordi la celebre affermazione di Dostoejevskij che, per bocca di Ivan Karamazov, a un certo punto dice: “Se Dio non esiste, allora tutto è permesso!”.

Disraeli, il primo ministro inglese all’epoca della pax britannica imperiale – uno, insomma, che delle cose del potere se ne intendeva parecchio -, ebbe a dire una volta: “Il mondo resterebbe assai sorpreso se conoscesse chi sono i veri protagonisti della storia umana; si tratta d personaggi completamente diversi da quelli che governano in apparenza”. Quanti sono i personaggi come Fouché, che passò indenne attraverso rivoluzioni e contro-rivoluzioni (mentre altri, più “puri” di lui, lasciavano la testa sulla ghigliottina, l’uno dopo l’altro), sempre stringendo saldamente il potere fra le mani e sempre facendo in modo da apparire defilato e quasi nascosto? Quante altre eminenze grigie vi sono state nella storia, legate tra loro da un patto segreto e volte al perseguimento di una medesima strategia, capaci di manipolare politica, economa e informazione ai massimi livelli mondiali? Ne abbiamo accennato in diversi articoli e, in particolare, in Da che cosa fu causata la pazzia di Carlo VI di Valois? e in Lo shock del futuro, banco di prova del Nuovo Ordine Mondiale. Alcuni studiosi, come Leo Talamonti, hanno ipotizzato che le fila di questa congiura mondiale siano manovrate, in ultima analisi, da un ristretto gruppo di Maestri Sconosciuti, i quali sarebbero essi stessi, o sarebbero dominati, da entità non-umane.

Fantasie, esagerazioni? Forse. Ma è certo che, in un mondo senz’anima e senza amore, maturano le condizioni adatte perché si realizzi un completo asservimento degli esseri umani a quelle forze malefiche che, facendo leva sull’instaurazione del convincimento che la morte è la fine d tutto, tolgono alla vita la sua unicità, la sua dignità, il suo senso ultimo e, in definitiva, la sua armonia e il suo splendore. A tali forze occorre, pertanto, reagire, in nome di un progetto d speranza, fede e amore, che preservi l’anima del mondo e la pregnanza di significato del nostro esistere, qui e ora.