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Piazza No Global

di Alessio Mannino - 31/10/2007

     

 

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Cultura è mangiare. Cultura è quel prodotto tipico che solo quella terra dà. Cultura è quell’intrico di viuzze e stradine dei nostri magnifici centri cittadini, così gravidi di storia. Cultura è assaporare la bellezza e la conoscenza dei luoghi che abitiamo.
Difendere la propria cultura passa prima di tutto dal preservare il cuore pulsante che anima i borghi e le città di un’Italia ammirata nel mondo per il suo passato: i mercati tradizionali e i negozi locali. A Pistoia il nuovo regolamento comunale in discussione in questi giorni vuole che gli esercizi commerciali di Piazza della Sala (o del Mercato), centro della cittadina toscana, vendano prodotti esclusivamente del posto.
“Con la globalizzazione imperante tutto è a portata di tutti e viviamo una fase di grave appiattimento delle tradizioni. Rassegnarci a questo penso che non sia né saggio né positivo. Vorrei che la Sala diventasse una vera attrazione turistica, un luogo dove poter ricreare lo spirito di Pistoia del 1200”, ha dichiarato l’assessore al commercio Barbara Lucchesi. Ha ragione da vendere.
Non ci importa se magari ci sia lo zampino dei commercianti locali. Se l’interesse per uan volta si incontra con la riscoperta della propria storia, ben venga.
Non ci interessano gli isterismi di chi vede nel tentativo di ri-localizzazione un attacco alle attività di immigrati. Perché in questo caso non si vieta a questi ultimi di aprire una bottega. Per integrarsi, anzi, devono poter essere titolari di bar e negozi. Un vero no-global dovrebbe salvaguardare a spada tratta questi gioielli di tradizione: è il modo migliore per combattere il livellamento da McDonald’s che spazza via le unicità locali per far posto a un mondo tutto tristemente uguale.
Ma qui si intende solo ricreare un’autentica identità locale in un punto rappresentativo di una città antica. Dove esiste un mercato a cielo aperto che ha più di mille anni. Dove è scomparsa la Trattoria dell’Abbondanza, al cui posto è sorto uno spazio tutto plastica e luci fosforescenti.
“Non si può permettere una cosa del genere. La nostra tradizione viene prima di tutto”, ha detto un negoziante storico pistoiese. Già. Una domanda, però: se le tradizioni locali sono più importanti di tutto, perché non si dice anche a distruggerle con sistematica cura è quel demone dell’incasso che pare essere l’unica bussola della categoria dei bottegai? Bottegai, troppo spesso, di nome e di fatto.