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Cristina Fernández de Kirchner: l’Argentina consolida la sua rotta verso un’America Latina nuova

di Siro Asinelli - 01/11/2007

 

Elezioni in Argentina: vamos, vamos a ganar


Trionfo è il termine più adatto per descrivere l’esito del primo turno delle elezioni presidenziali in Argentina. Trionfo per Cristina Fernández de Kirchner, avvocato e senatrice, primera dama uscente.
Alla Casa Rosada Cristina ci andrà senza passare per il ballottaggio, con numeri che confermano i sondaggi – tutti i sondaggi – pre elettorali e che alla fine non sorprendono nessuno, né nel Paese latinoamericano né all’estero. Il 45% delle preferenze ottenute, contro il 23% del secondo arrivato Elisa Carrió, è un risultato davvero blindato: bastava il 40% con un distacco di almeno dieci punti dagli inseguitori. Oltre 22 punti percentuale confermano che si è trattato di una corsa a senso unico, dove l’unico rivale di Cristina sembrava essere Cristina stessa, o meglio, il cognome da sposata che si porta dietro dal lontano 1975.
Moglie del presidente uscente Néstor Kirchner, la futura presidenta dell’Argentina ha dovuto combattere più con le critiche ai quattro anni di mandato del marito che con i suoi diretti rivali, primi fra tutti proprio la Carrió e Roberto Lavagna – fermo sul 16,9% - ministro dell’Economia fino al 2005. Ma da militante di lunga data qual’è – crollano finalmente i paragoni superficiali con la candidatura politically correct di Hillary Clinton negli Usa – Cristina ha saputo fare tesoro degli errori – pochi in verità – del mandato uscente e allo stesso tempo farsi forza sui successi innegabili del marito.
L’Argentina della “doppia K” regge all’urto delle elezioni. Nessuno è stato in grado di proporre alternative valide, ma soprattutto – e questa è il vero successo del Frente para la Victoria – gli elettori confermano la piena fiducia al percorso avviato nel 2003. Un percorso che ha permesso al Paese di uscire gradualmente ma con fermezza dalle difficoltà economiche, di tagliare il cordone con gli organismi finanziari che lo avevano messo alle strette, di dare un calcio alle ricette neoliberiste e di avvicinare il Paese al movimento di rinascita continentale incarnato dall’alleato venezuelano, Hugo Chávez. La vittoria annunciata e schiacciante di Cristina è la dimostrazione che il gruppo dirigente della sinistra peronista, quella, per intenderci che ha abbandonato al loro destino i vari Menem e Duhalde, è più lanciato che mai. È grazie agli eredi della Juventud Peronista che l’Argentina è riuscita a rompere le catene del neoliberismo, rilanciando un ruolo centrale del Paese nel continente e nel mondo.
La vittoria di Cristina non è la vittoria di una donna che, va comunque sottolineato, sarà la prima nella storia dell’Argentina a guidare la Casa Rosada, ma è la vittoria di una politica che ha iniziato a militare negli anni difficili della dittatura. É la vittoria della militanza politica e la sconfitta definitiva del tentativo di arrembaggio al primato della politica sull’economia che tanto danno ha arrecato all’Argentina negli ultimi vent’anni. E non è un caso che il nuovo capo di Stato farà il suo ingresso alla Casa Rosada, il prossimo 10 dicembre, forte della battaglia contro quegli organismi internazionali che sono stati gli strumenti del crack di fine anni ’90 ed inizio millennio.
Con Cristina Fernández, l’Argentina consolida la sua rotta verso un’America Latina nuova, finalmente cosciente del suo potenziale e finalmente partecipe di uno sviluppo alternativo all’impostazione mondialista figlia del neoliberismo. Con Cristina Fernández, il Paese riprende la rotta verso l’autonomia continentale, rafforzando la cooperazione con Venezuela, Bolivia, Ecuador. La vittoria di Cristina, alla fine, è l’ennesimo elogio alla sovranità ritrovata dell’Argentina.