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L'assoluta identità di destra e sinistra in un libro di Luca Ricolfi (recensione)

di redazionale - 01/11/2007

Capita che un libro che raccolga gli articoli scritti su un giornale sia più efficace - oltre che più  divertente a leggersi - di un ponderoso saggio. Più efficace proprio nel senso che di solito hanno i  saggi, cioè quello di esprimere un pensiero compiuto, di sostenere una tesi, di dare risposte ai problemi che si sollevano. È il caso di L’arte del non governo. Da Prodi a Berlusconi e ritorno di Luca Ricolfi (Longanesi,  pp. 252, euro 15). Libro che appunto mette insieme gli editoriali che Ricolfi ha scritto negli ultimi due  anni (tutti su questo giornale, tranne due), i quali danno perfettamente l’idea sintetizzata nel titolo, o addirittura nella citazione che introduce l’introduzione: «Governare gli italiani non è difficile, è inutile  (frase di Benito Mussolini)». Ecco che allora (ri)leggendo gli articoli non solo si ricostruisce la storia politica dal 2005 a oggi, ma  si mette insieme un pensiero, quasi sempre supportato da dati, cifre, fatti concreti che dimostrano  come, quando e quanto i governi che si sono succeduti abbiano mancato l’obiettivo. Quello appunto  di governare facendo scelte anche dolorose per fette del proprio elettorato, ma capaci - secondo  Ricolfi - di rimettere in sesto il Paese. Sotto tutti i punti di vista, i conti pubblici, le tasse, l’efficienza  amministrativa, la semplificazione politica e burocratica, la chiarezza dei programmi e delle leggi  elettorali... Insomma di tutto quello che giorno per giorno si scrive e si legge sui nostri giornali, si  dice nei Palazzi della politica e poi non si fa.
Spiega infatti il sociologo torinese nella sua introduzione: «L’ho intitolato L’arte del non governo 
perché, a mio modo di vedere, proprio negli ultimi anni l’arte del non decidere, l’arte di rimandare le  scelte, insomma l’arte di stare al governo senza affrontare i problemi del Paese ha raggiunto una  perfezione mirabile. Il lettore potrà forse ricavare l’impressione che io sia particolarmente deluso da  Prodi, ma è un’impressione infondata. Intanto perché , per essere delusi, occorre precedentemente  essere illusi e - come testimoniano tutti gli articoli scritti prima che Prodi diventasse presidente del  Consiglio - io non mi ero mai illuso. E in secondo luogo perché, ai miei occhi, Prodi è semplicemente  l’ultimo sussulto della vaporiera, colui che casualmente si è venuto a trovare ai comandi proprio  quando la parabola della Seconda Repubblica volgeva al termine». Secondo Ricolfi, nella sostanza delle scelte politiche (anzi delle non scelte) non c’è stata alcuna differenza importante tra Berlusconi  e Prodi, sul piano delle riforme strutturali.
L’ultima scelta importante, decisiva ovviamente, che lui sottolinea è l’entrata nell’euro perseguita dal p
rimo governo di centrosinistra dieci anni fa. Poi «lo stile» della politica è stato lo stesso di entrambi gli schieramenti, «uno stile fatto innanzitutto di somiglianze segrete e di realtà accuratamente  nascoste. Come il declino della competitività che dura da metà degli anni 90 sotto qualsiasi governo. O l’occhio di riguardo per i dipendenti pubblici, sistematicamente protetti da tutti i governi dell’ultimo  decennio. O la disattenzione verso il mondo delle imprese, sempre sacrificato alla ricerca del consenso delle famiglie». E ancora: le rifome «che hanno devastato il mondo della scuola»; «l’occupazione della sanità, della  Rai, delle aziende municipalizzate, dei mille enti inutili da parte di un esercito di mestieranti della  politica, così ben descritti da Stella e Rizzo nel loro libro sulla Casta. Per non parlare della meritocrazia, il tabù comune della destra e della sinistra italiane...». Insomma, «da tutti questi  fondamentali punti di vista non c’è stata in passato alcuna rottura importante fra i vari governi di destra e di sinistra, ma solo una ferrea continuità».
Un quadro, anzi una fotografia tanto realistica quanto desolante. E che rischia di aggravarsi 
ulteriormente se, come è probabile, nel giro di qualche settimana cadrà anche il governo attuale,  si andrà alle elezioni anticipate (con questa legge elettorale), vincerà quasi certamente il centrodestra e di nuovo ci ritroveremo nel vicolo cieco segnalato da Ricolfi. Una montagna di problemi, un vuoto di soluzioni.