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Un premio per non tagliare le foreste?

di Marina Forti - 01/11/2007



 

Quanto costa non tagliare le foreste? Secondo il governo indonesiano, evitare di deforestare costa tra 5 e 20 dollari per ettaro. Lo dice il ministro per l'ambiente del governo di Jakarta, che ha avanzato la seguente proposta: i paesi industrializzati paghino fino a 20 dollari per ettaro ai paesi che accettano di non tagliare le loro foreste tropicali. Il paese che non taglia le foreste perde una fonte di guadagno (legname, eventuali piantagioni che prenderebbero il posto dei boschi), e secondo il ministro Rachmat Witoelar il «compenso» servirebbe a costruire invece attività economiche alternative per dare occupazione e reddito alle comunità locali. La proposta rientra nel dibattito mondiale sul cambiamento del clima, e il governo di Jakarta l'ha avanzata durante la preparazione del vertice del prossimo dicembre a Bali (Indonesia), dove le Nazioni unite cominceranno i negoziati formali per un nuovo trattato che sostituisca quello di Kyoto (destinato a scadere nel 2012). Jakarta spera nel sostegno di altri paesi in condizioni analoghe, sede di grandi foreste tropicali: lo scorso fine settimana, durante un incontro tra ministri degli esteri in preparazione alla prossima conferenza sul clima, il presidente indonesiano Susilo Bambang Yudhoyono ha illustrato la proposta ai rappresentanti di Brasile, Messico, Congo, Camerun, Costa Rica, Malaysia e Papua Nuova Guinea.
Perché i paesi industrializzati dovrebbero «pagare» questi paesi per non sfruttare le loro foreste? Il trattato di Kyoto, ora in vigore, impegna 35 paesi industrializzati a tagliare le loro emissioni di gas di serra del 5,2% rispetto al livello del 1990; i paesi industrializzati dovranno continuare a fare lo sforzo maggiore, dato che hanno la maggiore responsabilità storica nell'accumulo di anidride carbonica e degli altri gas che alterano il clima. Nel nuovo ciclo di negoziati però si chiederà che anche i paesi in via di sviluppo siano impegnati in qualche modo. Nello stesso tempo, si discute molto del ruolo delle foreste nell'assorbire anidride carbonica (CO2): il Comitato intergovernativo sul cambiamento del clima stima che la perdita di foreste tropicali incida per il 18-20% dell'emissione annuale di anidride carbonica; dunque una foresta non tagliata «risparmia» al mondo una certa quantità di emissioni. Così si è fatta strada l'idea di incentivare la «deforestazione evitata», e ora si discute se affidarla a meccanismi di mercato (i «crediti di carbonio») o a incentivi pubblici. La proposta di Jakarta rientra in questa categoria. Di certo l'Indonesia è in prima linea: con 91 milioni di ettari di foresta tropicale è seconda solo all'Amazzonia, mentre i suoi 21 milioni di ettari di paludi di torba rappresentano il 60% del totale mondiale. Un polmone verde importantissimo ma minacciato dalla deforestazione rampante (per lo più illegale), gli incendi fuori controllo, il drenaggio e incendio delle paludi di torba per trasformarle in piantagioni. La scomparsa delle foreste e delle aree miste ai loro bordi, per fare posto a piantagioni, a miniere, all'estrazione di petrolio e gas, alla costruzione di strade e a campi di coloni trasmigranti, ha un impatto sociale ed economico devastante sulle popolazioni locali perché distrugge le risorse di comunità che dipendono dalla foresta e dalla piccola agricoltura. Uno studio recente, sponsorizzato dalla Banca mondiale e del Regno unito, mostra che l'Indonesia è il terzo emettitore mondiale di gas di serra, dopo la Cina e gli Stati uniti, e la perdita delle foreste è la causa principale: sulla base di dati del 2000 risulta che il settore forestale e l'uso dei territori produca 2,563 megatonnellate di CO2 equivalente (MtCO2e), contro 451 MtCO2e dai settori energetico, agricolo e rifiuti.
Dunque un paese che non è in grado di mettere un freno alla deforestazione illegale chiede incentivi per non tagliare. Ma forse l'incentivo a non tagliare potrebbe rivelarsi utile: come dice il ministro Witoelar, «ora che c'è un prezzo sulla conservazione (delle foreste), il reddito che ne ricaveremo aumenterà di parecchie volte».