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Due strade, una sola via

di a.m. - 02/11/2007

     

 

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Mi chiamo Armando Mangialavori e seguo sempre con grande interesse Massimo Fini e Mz. Complimenti per tutto e in particolare per il giornale Il Ribelle che è sempre interessante. Ho letto l'articolo di Valerio Lo Monaco "Politica? Meglio la battaglia culturale" e m'è proprio piaciuto! Anche secondo me, se l'obiettivo di Mz è provare a realizzare la democrazia diretta sarebbe contraddittorio quanto inutile fare il partitino MZ e utilizzare il sistema democratico rappresentativo. E poi devo dire che concordo con l'autore: vista la situazione disuper-rincoglionimento
della gente; visto il sistema elettorale nazionale fatto per servire le oligarchie dei partiti, è meglio condurre più una battaglia filosofica e culturale per provare a risvegliare le coscienze dei cittadini, anzichè fare di MZ l'ennesimo e minuscolo partito politico. Forse solo a livello di elezioni comunali sarebbe possibile per MZ
partecipare alle elezioni, valutando però attentamente le conseguenze e caso per caso.
Comunque credo sia meglio seguire la via maestra della diffusione del pensiero di Massimo Fini tramite dibattiti, conferenze, internet, stampa, tv etc. Cercare soprattutto sempre più visibilità tramite 'alleanze' con personaggi credibili, più 'mediatici', stimati dalla gente come Marco Travaglio e perchè no collaborare con tutti quei movimenti culturali per certi aspetti affini tipo quello di Beppe Grillo che potrebbero dare una mano a livello di comunicazione e diffusione delle idee di Massimo Fini e Mz.
Che ne pensate?
Armando Mangialavori

Caro Mangialavori,
anzitutto grazie dei complimenti, che giro ai miei solerti collaboratori.
Veniamo al contenuto della Sua lettera. Lei sposa, chiamiamola così per semplicità, la “via culturale”. Conferenze programmatiche (è in preparazione un Fini-tour dedicato alla spiegazione del Manifesto con tappe in tutta Italia), dibattiti, spettacoli teatrali, pubblicazioni (l’anno prossimo si potrà leggere un libro intitolato “Movimento Zero”). Insomma, quella che si chiama divulgazione. Anzi: battaglia culturale.
Una battaglia da combattere, certamente. Perché il pensiero di un movimento come il nostro ha obbiettivi che vanno bel al di là di quelli che può perseguire un qualsiasi gruppo politico: noi miriamo ad abbattere l’intero nostro sistema di vita, non a riformarlo.
Occorre dunque, Lei dice bene, “risvegliare le coscienze”. Ma battendo solo sul tasto culturale, si risveglieranno quelle più sensibili, le più intellettuali. Quelle già avvertite e in crisi. Restando nell’ambito, nobilissimo ma ristretto e autoreferenziale, di chi ha un alto livello di cultura. Cioè pochi, in Italia. Pochi e col marchio dell’inconcludenza pratica, visto che il Potere non si nutre di cultura (purtroppo). Ma di interessi, complicità, interdipendenze mafiose e sulla legge fondamentale della democrazia capitalista: la Politica è serva del Mercato (tradotto: i partiti sono le marionette, industrie e banche sono i pupari).
Ora, coloro che invece, come il sottoscritto, intendono affiancare alla diffusione culturale una via politica (attenzione: le due strade scorrono vicine e si rafforzano a vicenda), vogliono far arrivare il nostro messaggio anche a tutta quella gente, e ce n’è tanta, che prova un oscuro ma sempre più forte istinto a ribellarsi ma non sa perché. E non lo sa perché nessuno glielo dice. Ma per giungere all’attenzione di costoro – la grande maggioranza degli Italiani, che di libri ne leggono pochi, al teatro non ci vanno e le conferenze neppure sanno cosa siano – si è costretti a utilizzare quel palcoscenico che, ci piaccia o no, tutti guardano e seguono: la politica istituzionale. Partecipandovi da guastatori, per smascherarne le balle e le storture (a cominciare proprio dall’intreccio perverso partitocrazia-lobby economiche), come una, piccola ma tagliente, spina nel fianco. E senza abbandonare, anzi usandole come campo d’azione fondamentale, le manifestazioni su strada, le dimostrazioni-choc, le provocazioni intelligenti: una pratica extra-istituzionale che abbiamo cominciato a mettere in atto (dia un’occhiata al sito del Movimento).
Ricorrere alla tribuna dei partiti non significa affatto diventare l’ennesimo “partitino”: dipende da cosa si fa e cosa si dice. Uno ribatte: ma, in ogni caso, si verrà considerati “dei loro”.  Siamo realisti: sul piano nazionale, cioè in parlamento, Movimento Zero avrà suoi rappresentanti soltanto quando una crisi economica scatenerà una tale, sacrosanta rabbia popolare da far diventare non solo plausibili, ma urgenti e necessarie le nostre idee, così radicalmente alternative (e perciò, oggi, guardate con scetticismo dai più). Quando saremo “dei loro” - ma non lo saremo mai, se non nel senso di sommergerli - significa che questa Italia e questo Occidente saranno già sull’orlo del collasso.
Quello che possiamo e dobbiamo fare prima – e la grande parte del Movimento vuole questo – è agire sul piano politico locale, per dare linfa vitale a MZ e avere nuovi militanti (e non solo proseliti). Stiamo parlando soprattutto dei Comuni.
Quanto al Suo ultimo suggerimento, non è il primo che auspica un “fronte comune” con Grillo e Travaglio. Il dibattito fra noi è ancora in corso. Posso solo dirLe che se da una parte una certa quale collaborazione c’è e ci sarà (come dimostra la presenza di Massimo Fini sul palco del V-Day), dall’altra il nostro scopo prioritario è far crescere il Movimento con le sue gambe. (a.m.)