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Ma il tempo del dixie non passa mai

di Claudio Gorlier - 02/11/2007

    
Claudio Gorlier recensisce il libro La spada e le magnolie, in cui l’americanista Raimondo Luraghi esamina il ruolo degli stati del Sud e dell’identità sudista nella storia degli Stati Uniti d’America.
Secondo Gorlier il filo rosso del libro è costituito dal destino perdente degli stati del Sud. Luraghi, infatti, sottolinea la sconfitta dell’economia agraria basata sull’uso degli schiavi, contrapposta a quella finanziaria e industriale del Nord. Neppure il cosiddetto «Rinascimento del Sud», nella prima metà del XX secolo, impedì un’altra sconfitta della mentalità sudista: la fine della segregazione razziale in America durante gli anni cinquanta e sessanta.


[...] il Sud degli Stati Uniti, il dixie della tradizione popolare, racchiude caratteristiche, tipologie ben definite e radicate, e lo dimostra ora in La spada e le magnolie, con rigorosa competenza ed un linguaggio chiaro e piacevolmente narrativo, Raimondo Luraghi, autore tra l’altro della tuttora fondamentale Storia della guerra civile americana. Il titolo è efficacemente simbolico: da un lato la parte decisiva sostenuta dal Sud nella lotta per l’indipendenza degli Stati Uniti e poi, appunto, la guerra civile più sanguinosa dei tempi moderni; dall’altro un fiore emblematico. Erano sudisti Jefferson e Washington, e come loro della Virginia il meno famoso Patrick Henry, politico tuttora celebrato per la sua frase divenuta proverbiale: «Datemi la libertà o datemi la morte!». Molto sottilmente Luraghi illustra un paradosso sostanziale della storia del Sud, vale a dire il suo destino di perdente. Washington grande soldato, e poi Presidente; Jefferson ispiratore della Costituzione e a sua volta Presidente; sennonché nel corso dei decenni successivi il Nord imprenditoriale e finanziario soffocò l’economia del Sud agrario e, s’intende, già schiavista proprio in funzione di quella economia. Al Nord gli schiavi, a suo tempo patrimonio degli stessi Washington e Jefferson, non servivano. Il paradosso raggiunge il suo vertice con la guerra civile, o di secessione, o «tra gli stati», come si chiamò nel Sud: la classe dirigente del Sud sapeva bene di avviarsi quasi fatalmente alla sconfitta.
[...] Eugene Genovese, storico americano di matrice gramsciana, ha giustamente osservato che gli operai del Nord industriale stavano assai peggio degli schiavi.
«Il lungo viaggio attraverso la notte», come Luraghi intitola il suo sesto capitolo, fu durissimo nei decenni della cosiddetta Ricostruzione. Ma con l’inizio del ‘900 e la presidenza di Theodore Roosevelt, si realizzò il «ritorno», tanto che il suo avvento nel 1913 fu un vero trionfo, nel senso che elettorato e politici meridionali avevano sostenuto una parte decisiva.
Con il «New Deal» del presidente Franklin Delano Roosevelt si concretizzò il cosiddetto «Rinascimento del Sud». Va riconosciuto peraltro che, per contare sulla fedeltà dei democratici del Sud, egli letteralmente congelò il tragico problema della segregazione razziale. Luraghi giustamente nota che gli africano-americani stavano peggio nei ghetti del Nord e dell’Ovest che nello stesso mezzogiorno. Fu il presidente Eisenhower, repubblicano, a decretare la fine della segregazione, ma decisivi risultarono i democratici del Sud nell’elezione di John Fitzgerald Kennedy, e sudista era Martin Luther King, che si vantava di avere il tipico accento meridionale, il «Southern Drawl». [...] Di fatto, il Sud, oggi solidamente repubblicano, appare più che mai ricco di fermenti e di contraddizioni. Sapendosi adattare, «è rimasto semprese stesso», conclude Luraghi. Non a caso emerge il contributo davvero risolutivo del Sud alla cultura degli Stati Uniti. La lealtà sudista di Mark Twain fu sempre dichiarata; il ‘900 ci ha consegnato Faulkner, capace di conferire un respiro universale a un territorio dai confini definiti, tragico, sconfitto: Mentre morivo è una trasfigurazione allegorica della fine di un’epoca, percorso da un afflato epico. Ma penso alla impareggiabile Flannery O’Connor, agli «irregolari» Tennessee Williams e Truman Capote. Il Sud sognò, tra Sette e Ottocento, di identificarsi con la Grecia e con Roma antica, sostanziando una dimensione classica mai scomparsa, accanto alla fioritura della tradizione popolare. E qui ha ragione Luraghi a citare un sudista in grado di affascinare il mondo: Elvis Presley.

Raimondo Luraghi, La spada e le magnolie. Il Sud nella storia degli Stati Uniti, Donzelli, pp. 227, € 29.