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Dimensioni spirituali e religiose della crisi ambientale

di Seyyed Hossein Nasr - 02/11/2007

 

 

 

 

 

Come Edward Goldsmith ha chiaramente mostrato nel suo articolo Società arcaiche e ordine cosmico, l’umanità moderna ha abbandonato quello che è sempre stato un principio fondamentale delle concezioni tradizionali del mondo. Il Tao dell’antica Cina, il r’ta e il dharma delle tradizioni indù e buddista, il nomos degli antichi greci, la shari’ah del mondo islamico – tutti questi differenti concetti designano la stessa realtà. Essi, infatti, si riferiscono all’“ordine” che governa l’umanità e la natura – da cui deriva il termine moderno cosmos che significa letteralmente sia ordine che bellezza.

Così, nomos in greco non designava soltanto le leggi che reggono i movimenti dei pianeti, ma anche le leggi che reggono la vita umana, e dunque le leggi secondo le quali il saggio dovrebbe vivere. Nell’Islam, questa parola greca si è trasformata nel termine arabo namus, che consideriamo quasi come equivalente della shari’ah, la legge divina – termine coranico – ugualmente identificata con le leggi della natura. In arabo, la parola sunnah, che indica sia la tradizione che le consuetudini del Profeta, è utilizzata anche nel Corano per designare le usanze di Dio (Sunnat Allah) e quelle di tutti gli esseri viventi. Sunnat Allah si riferisce alle leggi e alle norme che governano tanto la religione quanto la creazione di Dio – i principi grazie ai quali funziona il mondo.

Lo stesso vale per dharma, anche se questo vocabolo non è associato al Dio personale del monoteismo. Quasi tutto il pensiero buddista contemporaneo sull’ambiente ruota intorno a questo unico concetto di dharma, perché il dharma non è legato soltanto al corretto modo di vivere, ma anche ai principi che determinano la natura delle cose. Infatti, ogni cosa ha a sua volta il suo dharma. I fiumi, i fiori e le montagne hanno il loro dharma; perciò questo termine è così difficile da tradurre in italiano. Lo stesso succede anche con il termine indù r’ta (Rita), che non è solo la legge per gli esseri umani, ma anche per il cosmo. La visione religiosa del mondo rinvia a una sorta di mistero – il mistero della relazione tra leggi che dovrebbero governarci moralmente e spiritualmente e le leggi che governano l’universo.

 

 

La crisi spirituale

 

Tra le due, c’è una profonda relazione. Attualmente, un certo numero di scienziati tentano di ricostruire questo ponte dall’altra sponda. Il professor Edward O. Wilson, famoso biologo evoluzionista di Harward, ha pubblicato due saggi che sono stati all’origine di un vasto dibattito nell’ambiente intellettuale americano. Egli inizia dicendo che le scienze umane e le scienze naturali dovrebbero camminare di pari passo e superare la separazione che ora esiste tra di loro. A suo parere, questo dovrebbe essere fatto sviluppando le scienze umane sul fondamento della biologia. Egli propone che si sviluppino leggi etiche e sociali per la società sulla base di ciò che gli scienziati della natura come lui hanno scoperto nel mondo biologico.

Tuttavia, la maggior parte dei religiosi non vedono le cose in questo modo, perché nessuno di noi vuole vivere sotto l’una o l’altra forma di darwinismo sociale, applicando alla società quelle che a torto si chiamano le “leggi della giungla” o diverse altre cosiddette “leggi biologiche” che governerebbero la società umana. In realtà, l’immagine che noi abbiamo della “legge della giungla” è essa stessa un’illusione, perché se fosse la sola legge esistente, tutti gli animali si sarebbero già divorati l’un l’altro. In verità, constatiamo che nella giungla c’è una incredibile armonia che riguarda sia gli esseri viventi che quelli non viventi, una armonia alla quale molti scienziati moderni prestano pochissima attenzione.

Questa idea di una legge scientifica riguardante sia la società che il cosmo ci fa davvero perdere di vista il punto essenziale, cioè questo: molti popoli tradizionali credevano che il loro stile di vita fosse in accordo con il modo in cui funziona il mondo. Essi lo credevano malgrado la loro totale mancanza di moderne conoscenze scientifiche, e questo principio fornì le basi della funzione dei “re-sacerdoti” di diverse antiche civiltà. Ad esempio, l’imperatore cinese era il ponte tra il cielo e la terra, ed eseguiva certi rituali che avevano lo scopo di conservare l’armonia del cosmo. Questo stesso principio può essere osservato nella funzione dei faraoni dell’antico Egitto, in seno alla tradizione ebraica per Melchisedek, per Saoshyant nello zoroastrismo e per molti altri.

 

 

Scienza: la religione dell’Occidente

 

Non possiamo più continuare a considerare la natura come sprovvista di valore morale e spirituale. Le nostre preoccupazioni etiche non possono ignorare il resto della creazione. I non-occidentali generalmente non comprendono la “secolarizzazione della natura” che si è verificata in Occidente. Sebbene inconsapevoli dello sfondo filosofico del progresso della scienza moderna e dell’idea di dominio su una “natura” segmentata, i non-occidentali sono nondimeno pienamente consapevoli della relazione tra le applicazioni della moderna scienza occidentale e il potere politico ed economico. Essi tendono a pensare che questa scienza può aiutarli ad acquistare potere e dominio nei loro affari, senza pensare alle sue conseguenze etiche, spirituali o ambientali. Perciò, nel mondo non-occidentale quasi tutti i governi, da sinistra a destra, dai religiosi agli antireligiosi, approvano la fede nella scienza e nella tecnologia moderne, e sposano la causa dell’industrializzazione alla velocità più grande possibile. Questo è tanto più sorprendente, considerata la persistenza della visione religiosa della natura che ancora in parte sopravvive nelle loro popolazioni.

Per diversi anni, negli anni Settanta, sono stato presidente della principale università scientifica e tecnologica dell’Iran. La nostra università aveva dato il suo consenso alla costruzione di una centrale elettrica nucleare nel porto di Bushehr nel Golfo Persico. Quasi tutti i giorni, gli studenti dell’università che si erano opposti a questo progetto denunciavano quanto fosse assurdo costruire una così pericolosa installazione. Io ero felice di essere d’accordo con loro, e dissi alle autorità dell’epoca che gli studenti avevano ragione. Cercai parecchie volte di bloccare questo irresponsabile progetto, ma la mia voce non fu ascoltata e la cosa andò avanti ugualmente.

Non appena si verificò la Rivoluzione Islamica del 1979, la costruzione dell’impianto fu bloccata – ma, come poi si è visto, non per molto. Vent’anni dopo, con un costo supplementare di diversi miliardi di dollari, l’impianto è ormai stato completato. È significativo che l’atteggiamento nei confronti della moderna scienza e della tecnologia occidentale sia sempre lo stesso, quale che sia il regime, monarchico o islamico-repubblicano in Iran – o, per quanto ci interessa, la monarchia in Arabia Saudita, o il partito laico Baath in Iraq.

Alle radici di tutto questo vi è l’incomprensione da parte dei non-occidentali di quello che è realmente in gioco, dei pericoli che minacciano le loro religioni e le loro culture; e del supremo errore consistente nel ripetere gli sbagli dell’Occidente industrializzato in ogni angolo del globo – spesso, ironia della sorte, per non dipendere più dall’Occidente. Questa è una delle ragioni per le quali, nel mondo non occidentale, l’intera questione ambientale ha fatto tanta fatica a penetrare nella coscienza della gente.

In Occidente, però, si è assistito a un processo molto differente. A poco a poco, passo dopo passo, la visione religiosa della natura è stata perduta, per essere sostituita da una visione del mondo meccanicistica. E ora, dopo trecento o quattrocento anni (in effetti, dal processo di Galileo), il ceto dirigente religioso occidentale sta cercando, in un modo o nell’altro, di riformulare una teologia della natura. Per questa ragione, credo che i pensatori occidentali che si occupano di tale problema abbiano una responsabilità molto pesante – non soltanto verso il mondo cristiano o giudaico, ma verso il mondo nel suo insieme.

È del tutto ovvio che siano molto più al corrente di tutti i problemi di molti non occidentali che soltanto ora cominciano a porsi la questione ambientale. Nondimeno, i pensatori delle religioni non occidentali hanno questo vantaggio, che, tra i loro correligionari, il senso del sacro nella natura e la legittimità di una conoscenza religiosa della natura non sono stati dimenticati come in Occidente.

 

 

Aiutare la natura a guarire

 

Lasciatemi concludere dando alcuni suggerimenti pratici su ciò che deve essere fatto in quest’ora già tarda per rovesciare la critica situazione ambientale. Certamente non mi oppongo a sforzi di singoli o di gruppi per la pulizia del Tamigi o per impedire che quel particolare albero sia tagliato: ringraziamo Dio per simili iniziative. Ma esse possono solo ritardare un disastro totale più che impedirlo. Il fatto che stiamo uccidendo la creazione è ciò che deve essere impedito, e per impedirlo dobbiamo prima comprendere che siamo responsabili delle nostre azioni: non possiamo starcene con le mani in mano e non fare niente col pretesto che questa tragedia è “l’opera di Dio”, o è inevitabile a causa della “marcia del progresso e della tecnologia”. Dio ci considera responsabili di ciò che facciamo, di ciò che non facciamo e di ciò che avremmo potuto e dovuto fare.

Non c’è altra alternativa che cambiare la nostra intera visione del mondo. Non possiamo continuare ad avere una visione del mondo basata sulla rottura della relazione tra l’umanità e il Divino, e dunque tra l’umanità e la natura come realtà spirituale. Dobbiamo restaurare questa relazione critica, il che significa che l’attuale, moderna visione del mondo deve essere abbandonata. Non c’è un’altra soluzione. In questa fase storica, un compromesso è la peggiore specie di tradimento. Abbiamo già fatto sin troppi compromessi con la verità. Giorno dopo giorno, anno dopo anno, le cose sono andate avanti in questo modo, ma non possono continuare così per molto tempo.

Non vedo come il mondo moderno, con tutta la sua arroganza, possa sopravvivere. E nemmeno può sopravvivere l’intera umanità restando aggrappata a una visione del mondo che è falsa sin dalle sue fondamenta. Come possiamo continuare ad eleggere governi che credono ingenuamente nel continuo sviluppo materiale, senza compiere un suicidio di massa? Se estrapoliamo tutte le attuali tendenze, come gli scienziati tendono sempre a fare, e continuiamo sulla nostra attuale via, non vedo in che modo la terra possa continuare a sostenere la vita umana, e non parliamo di vita con una qualche qualità.

È alla luce di queste considerazioni che la visione religiosa della natura diventa così importante. Naturalmente, il fatto di riproporla richiede un cambiamento molto radicale. Anzitutto, dobbiamo mettere in discussione non quello che la scienza dice nel proprio legittimo ambito, ma la sua pretesa monopolistica di fornire la sola vera conoscenza su tutti gli aspetti della nostra relazione con la società e il mondo della natura. Dobbiamo prendere coscienza delle gravi insufficienze filosofiche della scienza moderna, del fatto che le sue applicazioni stanno rendendo rapidamente il nostro pianeta inabitabile. Dobbiamo superare la trance ipnotica nella quale siamo stati acquietati, che ci induce a negare, sul limitare dell’età spaziale che stiamo varcando, la pertinenza di tutta la conoscenza tradizionale del passato.

Non è conquistando lo spazio che potremo risolvere i nostri veri problemi, bensì dedicandoci alla vera, fondamentale ragione di ciò che generalmente facciamo, qui sulla terra, a noi stessi, alle nostre famiglie, alla nostra più grande famiglia degli esseri viventi, alle creature non viventi della terra e ai cieli che stiamo tanto sistematicamente inquinando. Dobbiamo comprendere che la tradizionale saggezza religiosa è valida per noi tanto quanto lo era per i nostri lontani antenati, e che l’umanità deve essere vista, come una volta, come una parte inseparabile del mondo naturale, come creazione di Dio e soggetta alle stesse leggi divinamente stabilite, che debbono essere osservate se dobbiamo conservare il suo fondamentale ordine.

Questa è la visione che dobbiamo riacquistare se dobbiamo vivere in pace con Dio, con noi stessi, e con tutta la Sua creazione, animata e inanimata, che la Sua Misericordia sostiene e nutre, anche se, nella nostra presente ignoranza, non siamo degni delle Sue benedizioni.      

 

 

Bibliografia.

 

Nasr, S.H., Man and Nature. The Spiritual Crisis of Modern Man, Chicago, ABC International (Kazi Publications), 1998.

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Roszak, Theodore, Where the Wasteland Ends, Berkeley (CA), Celestial Arts, 1989.

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