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La lobby pro-Israele censura Marcel Khalìfa: "antisemita"!

di Enrico Galoppini - 04/11/2007

 

 
 
 
La lobby pro-Israele censura Marcel Khalìfa:



Marcel Khalìfa è un celebre compositore, cantante e suonatore di ‘ùd (liuto) libanese, noto non solo al pubblico di lingua araba, ma anche a coloro che, in Europa e negli Stati Uniti, da sempre sono solidali con la lotta di liberazione nazionale del popolo palestinese. Marcel Khalìfa (http://www.marcelkhalife.com), di famiglia cristiana maronita, nato nel 1950 in un piccolo paesino di pescatori sulla costa a nord di Beirut, sin dai primi anni Settanta, quando frequentava il Conservatorio nella capitale libanese, prese coscienza della tragedia dei palestinesi che affollavano i vari campi profughi che egli attraversava quotidianamente. Sarà proprio l’incontro con un grande poeta palestinese, Mahmùd Darwìsh, a rendere l’artista libanese celebre per le sue canzoni nelle quali, tra gli altri motivi, viene esaltato il diritto al “ritorno dei palestinesi in Palestina”.
È anche per questo che, nell’ambito della recente tournée negli Stati Uniti e in Canada (25 date), proprio l’organizzazione “al-‘Awda” (Il Ritorno) l’ha invitato per tenere un concerto a San Diego, in California, presso il Birch North Park Theater. Il concerto, però, non si è tenuto, perché all’ultimo momento un’organizzazione protestante molto influente, l’Esercito della Salvezza, ha scatenato una campagna di pressioni sui media e le istituzioni locali poiché il concerto di Khalìfa, a suo dire, non rappresenterebbe un’iniziativa “per la pace”, ma, al contrario, incoraggerebbe “l’odio” (verso gli ebrei), anche perché la serata era patrocinata da un’organizzazione, al-‘Awda, che svolgerebbe attività non in sintonia con la ricerca della “comprensione reciproca” e la “convivenza”. Così, forte della propria capacità di lobbying, questa potente organizzazione cristiano-sionista ha imposto che l’artista libanese invitasse sul palco un… collega israeliano!
Invero, una richiesta ridicola, poiché a questo punto si dovrebbe sempre imporre ad ogni cantante israeliano la presenza di un palestinese, e di questo passo ai cantanti greco-ciprioti dovrebbero essere affiancati colleghi turchi e viceversa… e perché non imporre ai centri sociali la presenza di gruppi skinhead di estrema destra, i quali ricambierebbero forzatamente l’invito? Ci sarebbe forse un solo aspetto positivo: con un biglietto si assisterebbe a due concerti!
Ma torniamo alle cose serie, per capire come funzionano situazioni che vanno moltiplicandosi di giorno in giorno, anche perché tutto passa in cavalleria grazie ai media allineati e le vittime raramente fanno fronte comune. Come ha confermato Manàl Swaìrjo della sezione californiana di al-‘Awda, ospite dell’approfondimento del tg serale di Aljazeera “Ma warà’ al-khàbar” (Dietro la notizia) andato in onda alcune sere fa, all’inizio l’Esercito della Salvezza non aveva mostrato alcun segnale d’insofferenza… In studio, dagli Stati Uniti, era collegato lo stesso Marcel Khalìfa, il quale ha raccontato del livello di “psicosi da sicurezza” vigente negli Usa, al punto che chi arriva (specie se è arabo) viene sottoposto ad un fuoco di fila di domande una più assurda dell’altra, molto personali, anche sugli amici e sui… nonni! Insomma, il rischio è quello, una volta arrivati alla dogana statuitesene, di partire per un’inopinata ‘vacanza’ a Guantanamo, se il poveretto di turno mostra qualche incertezza durante quest’assurdo interrogatorio.
Del resto, gli Stati Uniti hanno costantemente incoraggiato fobie anti-arabe e anti-islamiche, a partire da Hollywood, che con le ‘imprese’ di Chuck Norris e il ‘capolavoro’ “Attacco al potere” (una sorta di prefigurazione dell’11 settembre, di cui un’ottima scheda analitica è stata scritta da John Kleeves: http://www.informationguerrilla.org/Hollywood_Cia.htm), tanto per citare i casi più clamorosi, ha allevato il pubblico statunitense e non (si pensi all’imposizione della cinematografia d’oltreoceano operata in Italia dal 1945, anche grazie a Mr. Veltroni) nel sospetto e nella diffidenza verso gli arabi e i musulmani.
Gli Stati Uniti, inoltre, per rafforzare questo motivo propagandistico e sfruttando i riflessi condizionati indotti da decenni di rincretinimento a base di “antifascismo”, hanno promosso – come si ricordava durante la trasmissione dell’emittente qatariota – il demenziale slogan dell’“islamofascimo”, divulgato in Italia da qualche trombettiere del Sionismo come Panella, il quale ha imparato a memoria la lezione di Daniel Pipes, citato da Karìm Shura (consulente legale di CAIR – Council on American-Islamic Relations: http://www.cair.com) quale esempio di “intellettuale” specializzato, previa costruzione di un’aura di “autorevolezza” attraverso le citazioni dei Panella di tutto il mondo, nella denigrazione dell’Islam e nella diffamazione dei musulmani. Infatti, il CAIR è stato istituito in un certo senso per svolgere la funzione che l’ADL (Anti-Defamation League) svolge in favore degli ebrei e dell’Ebraismo, ma a differenza di questa, come si evinceva dall’atteggiamento remissivo del suddetto consulente incalzato dall’ottima giornalista di Aljazeera, ancora non riesce ad incidere sulla realtà com’è in grado di fare l’omologa associazione ebraica. Intendiamoci, tutto questo strillare, mettere all’indice e indicare il soggetto di volta in volta da ‘lapidare’ non ci piace affatto, nutrendosi di un paradigma che andrebbe combattuto in quanto tale e non perché è adoperato al meglio da organizzazioni ebraiche che possono starci simpatiche o meno; ma poiché la situazione è quella che è, tanto vale che anche gli arabi e i musulmani si tutelino in una qualche forma legale, in un ambiente, quello “Occidentale”, che per puntellare la campagna d’aggressione diretta in primo luogo perso il Vicino Oriente arabo-islamico incoraggia l’ascesa al rango di novelli Goebbels d’individui specializzati nella diffusione di pregiudizi islamofobi.
Il CAIR ha così prodotto una ricerca che mostra che le discriminazioni anti-arabe ed anti-islamiche sono in aumento in tutti gli Stati Uniti: nel 2006, circa il 25% degli episodi in più rispetto al 2005, particolarmente sui luoghi di lavoro. Ed anche un recente sondaggio Gallup ha mostrato che il 39% degli statunitensi nutre diffidenza verso i musulmani.
L’episodio nel quale è incappato il celebre compositore libanese s’inscrive in una catena d’eventi analoghi che a ritmo sempre più serrato colpiscono tutto quel che riguarda gli arabi, i musulmani e l’Islam: l’ultimo riguarda la polemica, scatenata dai soliti ambienti filo-sionisti, che ha coinvolto il progetto di una “Scuola del Golfo” interaraba a New York dedicata a Khalìl Gibràn, celebre poeta libanese. Una scuola finanziata da varie realtà arabe il cui intento sarebbe quello di tutelare con un insegnamento bilingue l’identità dei figli di coloro che emigrano dai Paesi di lingua araba, per la cui direzione era stata scelta una statunitense d’origine yemenita con un lunga esperienza in questo settore: bene, per intralciare il progetto sono partite pressioni per imporre una direttrice ebrea newyorchese!
Non è da credere che tutto questo clima sia fomentato solo dalle “comunità ebraiche” (con ciò s’intendono i maggiorenti, non di certo tutti gli ebrei). Infatti, a sostegno di questa vigliacca e capillare azione lobbistica operano i più disparati ambienti politici e culturali che nell’appoggio al Sionismo trovano l’elemento di coagulo di un’azione a più vasto raggio volta a diffondere l’influenza “occidentale” nel mondo. Ecco perché l’anno scorso, sempre in occasione di un concerto di Marcel Khalìfa a Milano (che coincideva con la festa per i 10 anni di Aljazeera), ambienti di destra – forse galvanizzati dall’esempio del loro ‘ducetto’ che con la kippà ha dichiarato il Fascismo il “male assoluto”, o forse già coi passaporti pronti per le ferie in un kibbutz guidati da Alemanno – si sono prestati a scatenare la solita gazzarra pro-Israele. E stessa scena è occorsa, sempre a San Diego, in occasione del 6° convegno di al-‘Awda, presso la locale università: al momento opportuno giunsero adeguate e mirate pressioni per indurre l’università a più miti consigli…
Si tratta, a tutti gli effetti, di una piovra mondiale, che impone col ricatto, l’intimidazione e l’aggressione vera e propria un allineamento ai desiderata del Sionismo da parte di istituzioni rispettate, artisti amati da un vasto pubblico, saggisti di chiara fama (si pensi al caso del libro "Pasque di Sangue", di Ariel Toaff, oppure ai professori universitari non riconfermati a causa del loro non allineamento col Sionismo). In pratica non si salva nessuno. E sarebbe bene che lo capissero coloro che, tra gli “amici dei Palestinesi”, non trovano scandaloso che uno storico “revisionista” finisca in galera.
Aljazeera, però, dando la parola, nell’ora di massimo ascolto, a chi ha subito quest’ignobile trattamento, ha dimostrato, una volta ancora, di aver parecchio da insegnare alla nostra cosiddetta “libera informazione”. Si obietterà: “già, ma Aljazeera tira l’acqua al suo mulino…”. Nient’affatto! Nel rispetto della pluralità di punti di vista che governa l’emittente, era stato invitato anche un esponente dell’Esercito della Salvezza, ma all’ultimo momento ha dato forfait… Anche questo è un film già visto: sanno di non avere nessun argomento razionale convincente, ma solo il disco incantato dell’“antisemitismo”.
Come ha scritto Norman Finkelstein (l’autore, ebreo, de “L’industria dell’Olocausto”, ed uno dei professori recentemente fatti fuori dall’accademia), oggi impera questa perversa regola: “ammazza gli arabi, strilla all’antisemitismo!”.