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Telefonino: death is now

di Antonello Molella - 04/11/2007

     

 

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Uno studio pubblicato di recente da due scienziati svedesi - Lennart Hardell dell’Università di Orebro e Kjell Hansson Mild dell’Umea University - dimostrerebbe che l’utilizzo prolungato nel tempo di telefoni cellulari aumenterebbe il rischio di ammalarsi di cancro al cervello. Non era una novità, di questo ne siamo certi.
Tutte le analisi fatte fino a poco tempo fa avevano sempre negato che ci fossero rischi per la salute, nonostante che nel sottobosco della controinformazione questa cosa fosse già stata subodorata da tempo. Per logica verrebbe da pensare che, o gli studi precedenti fossero stati fatti con sufficienza, o che siano stati pilotati per non mandare in crisi il settore telefonia, che attualmente è uno dei più fiorenti.
I risultati degli studi dei due scienziati sono stati snobbati dall’informazione istituzionale, probabilmente per il fatto che gli operatori telefonici nel settore mobile sono tra i maggiori investitori di pubblicità. Per avere sentore che ci fosse un rischio di salute utilizzando un cellulare, sarebbe bastato che chiunque di voi abbia potuto sperimentare l’utilizzo continuo di un cellulare per più di un’ora, per avvertire i primi malesseri temporanei: estremo surriscaldamento di una zona della testa, nausea, mal di testa e stordimento.
Nonostante tutto, questo non ha fermato gli utenti da un utilizzo smodato dei telefonini, che sono ormai sia una questione di salute che di educazione civile e sociale. Questo oggetto ha mutato le nostre abitudini, in peggio ovviamente. Il telefonino ha abbattuto la tanto anelata privacy rendendoci tutti rintracciabili e reperibili sempre ed ovunque; ha creato il forsennato bisogno di sentirsi interconnessi con tutto e con tutti; e ha demolito le ultime vestigia di buone maniere (se qualcuno sta parlando con te e malauguratamente il telefono gli squilla, sta tranquillo che ti lascerà lì come un fesso).
L’oggetto e il suo utilizzo diventano così centrali, l’essere umano viene messo in secondo piano, le macchine diventano perciò un protesi umana di coagulazione sociale. Questo piccolo oggetto del desiderio è entrato nelle nostre esistenze anche in forma passiva, trillando con grottesche melodie e mettendoci a riguardo dei fatti degli altri in qualsiasi luogo e situazione, con una morbosa preferenza per i mezzi pubblici.
Le informazioni che un tempo erano trasmesse realmente al proprio dirimpettaio in maniera diretta, ora vengono acquisite indirettamente, perchè le sentiamo urlare al telefonino da uno dei tanti buzzurri che ci capitano intorno. Lo si subisce sia attivamente che passivamente, in tutta la sua invadenza e insolenza.
La maggioranza degli utenti ne è schiava, non resiste al bisogno di essere sempre on line, presenti e disponibili a qualsiasi richiamo o evenienza: dalle bietole per la mamma, alla voglie sessuali dell’amante fino ad arrivare agli imperiosi ordini del capoufficio.
Ogni cosa detta ad un telefono è assurdamente pubblica sia perché urlata sia perché passibile di facili intercettazioni, nonostante che il telefonino sia stato creato con l’appeal della privacy. Questo sistema di comunicazione ha accelerato il nostro sistema vita in maniera esponenziale, ci ha reso tutti più comunicativi ma sempre più isolati: perché chi sta parlando al telefonino di fronte a te non parla con te.
La telefonia mobile non ha creato nuovi legami sociali e non ha messo a disposizione all’utente nuove frontiere di conoscenza, ci ha solo resi più soli, con la tecnologia come unica compagna. Ed ora che è munito anche di occhi (fare video), si è tramutato in un piccolo orwelliano “grande fratello” portatile.