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Mogadiscio: Somalia nel caos, Gedi lascia

di Ersilia Contu - 04/11/2007

 

Mogadiscio: Somalia nel caos, Gedi lascia


Violenti scontri a fuoco tra miliziani anti governativi e truppe fedeli al Governo federale di transizione (Gft) si sono susseguiti per tutta la giornata di ieri nel distretto di Huriwa, area nord della capitale. La situazione è precipitata dopo che nei giorni scorsi le opposte fazioni si erano date battaglia nella centrale zona del mercato di Bakara, da mesi teatro di scontri.
Ieri, dopo due giorni di combattimenti che gli osservatori locali hanno descritto come i più violenti dall’inizio dell’anno – ovvero dallo scoppiare della crisi somala – i militari del Gft e le truppe alleate etiopi si sono gradualmente ritirate dal Bakara e dai quartieri circostanti, Hodan e Howladag, dopo aver sferrato nel fine settimana scorso una massiccia operazione nel tentativo di annientare le posizioni della guerriglia. Nel centro di Mogadiscio, secondo quanto riportato dall’agenzia di stampa somala ‘Shabelle’, la situazione sembra essere tornata tranquilla nonostante la tensione sia ancora molto alta.
La stessa fonte riporta scontri armati tra milizie e governativi nei pressi del grande mercato del bestiame di Dayah, sempre in zone settentrionali della capitale. Secondo una prima ricostruzione diffusa da ‘Shabelle’, uomini armati non identificati avrebbero lanciato un assalto all’indirizzo di una postazione di polizia. In tarda serata né la stampa locale né le autorità erano in grado di fornire dati attendibili su eventuali vittime o feriti. Anche il bilancio degli scontri di Bakara dei giorni scorsi resta confuso, seppure sembra ormai accertato che, stando a stime al ribasso, sarebbero morte almeno una trentina di persone tra civili e combattenti.
La ripresa in grande stile delle ostilità sta inoltre provocando un nuovo esodo di massa di civili che tentano di fuggire dalla capitale. L’ufficio per la Somalia delle Nazioni Unite ha diffuso ieri un comunicato in cui si parla di non meno di 36mila civili fuggiti da Mogadiscio per cercare rifugio nel vicino centro di Afgoy. In una conferenza indetta a Ginevra, la portavoce dell’Alto commissariato Onu per i rifugiati (UNHCR), Jennifer Pagonis, ha confermato i numeri della diaspora: “Molte famiglie ci hanno riferito di volere scappare pur non avendo luoghi sicuri dove rifugiarsi”. Ad Afgoy le Nazioni Unite starebbero recando assistenza a non meno di 100mila civili fuggiti da Mogadiscio solamente nelle ultime settimane. La vice segretario generale dell’agenzia Onu, Asha-Rose Migiro, ha messo la dita nella piaga sottolineando le grandi difficoltà che gli operatori del palazzo di Vetro stanno incontrando in Somalia. Anche il rappresentante speciale per la Somalia Ahmedou Ould-Abdallah, in un comunicato diffuso dall’Ufficio politico Onu in Somalia (UNPOS) ha sottolineato il grave deterioramento della situazione nel Paese del Corno d’Africa. Ould-Abdallah ha comunque riconosciuto “lo spirito ed i toni conciliatori” con cui il presidente ad interim Abdullah Yusuf ed il primo ministro del Gft, Ali Mohamed Gedi, hanno risolto la crisi politica conclusasi due giorni fa con le dimissioni di quest’ultimo.
Gedi ha rimesso il mandato nelle mani di Yusuf in seguito alle forti critiche interne alle autorità di transizione sul suo operato, giudicato fallimentare per non essere riuscito a sconfiggere la guerriglia anti Gft (in particolare quella legata al clan Hawiye e quella dell’Unione delle Corti Islamiche) ulteriormente inasprita dall’arrivo delle truppe etiopi nel Paese, invitate con l’avallo degli Stati Uniti. Su Gedi pesa anche l’accusa di non essere riuscito a stilare una nuova carta costituzionale. Con le sue dimissioni sembra essere finito l’idillio con il presidente Yusuf. I due hanno comunque lasciato intendere che il cambio al vertice del governo non equivale ad una rottura delle relazioni tra le loro rispettive fazioni.
Nonostante i toni concilianti, riconosciuti anche dall’inviato Onu, è evidente che lo strappo c’è stato e la crisi politica è lungi dal potersi dire rientrata. Un occasione che la guerriglia non si è lasciata sfuggita lanciando la nuova offensiva nella capitale Mogadiscio.