Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Avventure urbane

Avventure urbane

di Claudio Ughetto - 23/12/2005

Fonte: Arianna Editrice

 

Siete stanchi degli sfoghi fallaciani che avete letto, magari a stralci, sui maggiori quotidiani e settimanali italiani? Avete provato boicottare Rabbia e Orgoglio senza riuscirci, ma siete ormai convinti di poter rinunciare alla Tetralogia dell’Odio che un (ne dubito) esaustivo cofanetto ripropone in questi giorni invernali?

Per disintossicarvi ecco due libri pubblicati da Eléuthera. Vi stupirete, perché se è vero che non confermano opinioni già assodate e risentimenti condizionati, parlano comunque a voi: trattano del rapporto con i vostri vicini, di come potrebbe essere il vostro quartiere, del ruolo politico che richiede la partecipazione alla vita pubblica. Insomma, fanno pensare. Non solo, hanno degli aspetti pratici che rimandano al qui ed ora: non per adattarci a tempi di guerra, ma per agire creativamente in contesti sociali ed urbani.

 

Conversazioni con Colin Ward (Lo sguardo anarchico), è un lungo dialogo che il pensatore inglese ha tenuto con David Goodway. La conversazione spazia dagli aspetti autobiografici della militanza libertaria alla pianificazione sociale ed urbana, dall’ecologismo alla gestione dei trasporti, fino ad alcune riflessioni sulle incognite del nuovo secolo. Si può non essere d’accordo su tutto, ma la viva intelligenza di quest’uomo di temperamento rinascimentale, la tendenza a non dare mai nulla per scontato e verificare empiricamente ogni teoria, il coraggio di “tradire” anche le opinioni più consolidate dell’anarchismo rimanendo fedele a se stesso rendono questa lettura piacevole e piena di spunti.

Giornalista, insegnante e architetto, Colin Ward considera l’anarchia come una teoria dell’organizzazione. Definizione che può spiazzare chi considera anarchia sinonimo di caos e mancanza di governo, oppure l’associa ad un presente abitato da veri o presunti anarchici-insurrezionalisti che recapitano ai rappresentati delle istituzioni (statali e politiche) buste e pacchi esplosivi. A questa perplessità egli risponde citando il maestro Kropotkin: teoria dell’organizzazione è “il nome dato a un principio o a una teoria della vita e del comportamento in base alla quale la società è concepita senza governo: l’armonia al suo interno si ottiene non per sottomissione alla legge o per obbedienza a una qualsivoglia autorità, ma per libero accordo stipulato fra vari gruppi, territoriali e professionali, liberamente costituiti per fini di produzione e consumo, come pure per la soddisfazione dell’infinita varietà di bisogni e di aspirazioni di un essere civile”[1]. Siamo lontani dall’idea capitalista, ma anche dalla gestione statale delle risorse: predominano invece la gestione comunitaria, il mutuo-aiuto, l’associazionismo. L’organizzazione è concepita al basso, il più possibile distante dalle forme di potere. Con Dwight Macdonald, aggiunge: “compito dell’anarchia è riaffermare l’individuo e la comunità, cose poco pratiche, ma necessarie, cioè rivoluzionarie”[2]

Colin Ward ha criticato la svendita ai privati delle ferrovie da parte della Thatcher, scelta che “ha reso i treni britannici i meno affidabili d’Europa”. Argomento, questo, che dovrebbe far riflettere anche noi italiani, entusiasti del facile liberismo, di fronte ai recenti incidenti ferroviari causati da scarsi investimenti e da tagli gestionali. Inoltre, nel suo saggio Dopo l’automobile, egli solleva l’ormai noto problema dell’auto come mezzo inquinante che ha reso la circolazione paradossalmente meno agevole. Se questa constatazione può, oggigiorno sembrare banale, va aggiunto che alcune riflessioni riescono a cogliere degli aspetti inquietanti: la dipendenza della classe operaia alla grande industria e il connubio di quest’ultima con l’apparato statale[3].

L’urbanistica costituisce un tema fondamentale per il pensiero libertario contemporaneo, e le sue conclusioni possono dare dei suggerimenti anche a coloro che, pur non riconoscendosi nell’anarchismo, sono alla ricerca di nuove soluzioni per la convivenza civile. Nell’Inghilterra thatcheriana, che Ward non ama, è stato tra i promotori della privatizzazione delle case comunali. Può sembrare contraddittorio da parte di un pensatore socialitario, tuttavia la sua scelta si spiega con la constatazione che l’edilizia pubblica è di per sé sinonimo di degrado urbano. All’interno di questi quartieri, recuperati, è invece possibile far leva sul senso di responsabilità degli abitanti per attuare una politica ecologista e partecipata. Stimolare la creatività e la partecipazione dal basso, favorire l’associazionismo e l’incontro. Di fronte all’evidente clima di diffidenza generale, quest’ipotesi che Ward ha potuto sperimentare, sembra offrirsi come un’opportunità per disegni comunitari che altri possono inscrivere nei contesti più complessi che la postmodernità richiede.

Rimando tuttavia ad altri testi, non per forza anarchici, per ulteriori riflessioni[4].  

 

Le  proposte urbanistiche di Ward, adattate alla realtà italiana, sono argomento di Avventure urbane, anch’esso un colloquio. L’autrice, Marianella Sclavi, discute con alcuni giovani architetti che negli anni 90 hanno gestito un progetto di recupero delle aree Torinesi degradate, soprattutto della prima cintura. Anche qui autobiografia e teoria si coniugano con l’esperienza. Si racconta di Iolanda Romano, giovane architetto che decide di portare il suo bagaglio inglese di teorie e vissuti per fondare, con un gruppo di ragazzi altrettanto entusiasti, l’Associazione di Progettazione Partecipata Avventura Urbana. L’obiettivo è lo stesso ventilato da Ward: rendere partecipi gli abitanti di quei quartieri, aumentare il senso di responsabilità, favorire non solo la rivendicazione dei bisogni ma soprattutto la loro gestione e condivisione. Insomma, scrive Marianella Sclavi, fornire “una strumentazione capace di far partecipare gli abitanti al grande gioco di progettare il proprio territorio”. Il progetto ha contribuito non solo a divulgare una diversa concezione della “qualità della vita”: si è prodotta sensibilizzazione, e quindi cultura. Operazione sicuramente diversa dall’attuale tendenza a improvvisare luoghi di ritrovo dall’alto, con l’unico scopo di indurre i cittadini a consumare.

 

 

 

 

 

 

                                                                                                                 


[1] Dalla presentazione di Goffredo Fofi al libro.

[2] Cit.

[3] Dopo l’automobile, Eléuthera.

[4] In particolare: Alain De Benoist, Le sfide della postmodernità, Arianna.