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Eliade il mistico pratico

di Marco Belpoliti - 06/11/2007

   
Marco Belpoliti ripercorre la vita e l’opera di Mircea Eliade, uno dei principali storici della religione, attraverso i saggi biografici che all’intellettuale rumeno hanno dedicato Alessandro Mariotti e Pietro Angelini. La vita di Eliade fu molto movimentata: la militanza in Giovane generazione - gruppo di intelletuali rumeni degli anni trenta -, i viaggi di studio in India, l’elezione come deputato della Guardia di Ferro - movimento fascista e antisemita rumeno -, l’internamento in un campo di concentramento da parte del governo rumeno, infine l’arrivo nella Francia del secondo dopoguerra dove stringerà buoni rapporti con Dumezil e altri intellettuali francesi. Secondo Belpoliti la figura di Eliade ha subito una sorta di damnatio memoriae a partire dagli anni ‘70, quando la sua militanza fascista divenne di dominio pubblico in Occidente, ma oggi sembra possibile riavvicinarsi alla sua opera senza falsi miti e preclusioni ideologiche.

Un film, Un’altra giovinezza, e un grande regista americano, Francis Ford Coppola, sembrano aver riacceso l’interesse verso un autore, Mircea Eliade, storico delle religioni e scrittore, quasi scomparso dal nostro orizzonte culturale. Il romanzo da cui è tratta l’opera cinematografica, scritto nel 1976, [...] non è certo uno dei più belli dello scrittore romeno, eppure ha fortemente suggestionato Coppola.
Su Eliade, per quasi quarant’anni uno degli autori più letti al mondo - il suo best seller è Il sacro e il profano del 1957 - era calata una sorta di damnatio memoriae, dopo che nel 1972 una rivista israeliana, Toladot, aveva pubblicato un dossier sul suo passato di militante della Guardia di Ferro, il movimento fascista e antisemita romeno, tra il 1937 e il 1940, aspetto biografico sempre taciuto da Eliade, persino negato con interlocutori come Gershom Sholem. Nel 1975 sulla Rassegna mensile d’Israel, in un breve articolo, Alfonso Di Nola, che pure da Eliade era stato influenzato, ne denunciava la militanza fascista, ribadita da Furio Jesi, altro ex eliadiano.
Eliade è stato osannato a destra - Julius Evola ne ha tradotto Lo sciamanesimo - e a sinistra - con più cautela da Ernesto de Martino e da Cesare Pavese che pubblicarono nel 1954 il suo testo più importante nella «Collana viola» di Einaudi: Trattato di storia delle religioni. Certo è che a metà dei Sessanta Eliade, professore a Chicago, era diventato un riferimento anche per la beat generation, Allen Ginsberg in testa, e per il movimento hippy, che vedeva in lui un maestro di spiritualità: le sue opere sullo Yoga e la mistica indiana, la permanenza nel Paese asiatico all’inizio degli Anni Trenta, narrata diffusamente in una serie di diari e racconti.
La vita di Eliade, a cui è dedicato il volume Mircea Eliade di Alessandro Mariotti [...] che riprende e riassume molti degli scandagli biografici dei suoi allievi americani, è in effetti ricca di colpi di scena, cambi di marcia, spostamenti, contatti, corrispondenze e avventure: dalla leadership della Giovane generazione, gli intellettuali romeni degli Anni Trenta, raccontata da Cioran, suo giovane discepolo e poi amico, all’amore per la figlia del suo maestro indiano, Dasgupta, narrata in Maitreyi (1933), romanzo che gli dà un’immediata fama nel suo Paese. Eletto deputato per la lista della Guardia, l’allievo prediletto di Nae Ionescu, il filosofo ispiratore del movimento, è internato in un campo di concentramento dal governo romeno. Salvato e spedito in Inghilterra come addetto alla Legazione governativa dai suoi protettori, Eliade resta fascista anche nel successivo incarico in Portogallo, dove scrive un libro, Diario portoghese, intriso di posizioni filonaziste, diventato accessibile solo dopo la sua morte.
Il salto, o passaggio, Eliade, diventato nel frattempo un senza-patria dopo la proclamazione della Repubblica Popolare in Romania, lo fa a Parigi, dove viene preso sotto l’ala protettiva di Dumézil e degli intellettuali francesi (Bataille, Puech, Breton, Caillois), particolarmente sensibili al suo fascino, all’enorme erudizione, e alla teoria del sacro come «coincidenza degli opposti». Qui inizia la sua leggenda di studioso e comparatista che ha letto voracemente tutti i libri, che ha compulsato intere biblioteche a Londra, Lisbona, Parigi, in India [...].
Eliade prima che uno scrittore e uno studioso, ha scritto Pietro Angelini, è stato un lettore, «un grande, deliziato lettore, che vive anche la lettura come una esperienza estatica». La lettura e l’amore, i libri e la passione carnale, costellano la sua vita, e fanno dello studioso romeno un personaggio unico. Dopo essersi immerso nelle esperienze indiane (diceva che se tutto gli fosse andato male, in India lo attendeva una caverna quale abitazione e luogo di meditazione), Eliade aveva compreso di essere destinato alla cultura e non alla mistica. Il tema del «sacrificio», il «terrore della storia» e la «morte iniziatica» sono alcune delle questioni centrali della sua vastissima opera (oltre 50 libri e studi), composta di saggi religiosi, diari, memorie, romanzi e racconti.
Angelini, che è il suo più acuto commentatore insieme a Roberto Scagno [...], si è chiesto in L’uomo sul tetto [...] se siamo oggi capaci di avvicinarci a Eliade senza miti, ovvero farlo uscire dalle polemiche sul suo fascismo, e leggerlo in modo nuovo e diverso, senza eccessi di entusiasmo, o condanne preventive. La risposta è sì. Ma a patto di saldare le sue due anime: da un lato, quella di narratore, scrittore in lingua romena (i saggi maggiori sono scritti in francese e in inglese); dall’altro, quella dello storico delle religioni. Pensarlo scrittore in entrambi i casi.
Sebbene come narratore Eliade non sia né originale né eccelso, tuttavia possiede un quid difficilmente classificabile, qualcosa di misterioso che fa funzionare le sue storie intrise di saggismo e di religione. Anche come studioso, lo ha ricordato Angelini, il suo metodo era già vecchio negli Anni Quaranta, quando pubblicava le opere più note; eppure Eliade possiede anche in questa veste qualcosa di inafferrabile: la capacità di padroneggiare in un modo originale tradizioni e manifestazioni del sacro lontane e persino opposte. In entrambi gli aspetti è senza dubbio un mistico pratico, qualcuno che possiede la capacità di inoltrarsi nelle esperienze religiose senza perdere di vista le righe del testo che sta leggendo o scrivendo, «un testimone colto e prezioso di esperienze che non possiamo continuare a fissare a distanza, nel documento etnografico o paranormale» (Angelini). Una strada difficilmente inimitabile nella vita, ma forse percorribile sulla carta.

I suoi libri
L’opera narrativa di Eliade, di chiara ispirazione autobiografica, è pubblicata in Italia da Jaca Book; il libro più importante è La foresta proibita; ma anche Notti a Serampone, che Elémire Zolla riteneva un piccolo capolavoro. L’opera saggistica maggiore è il Trattato di storia delle religioni (Bollati Boringhieri), che stampa anche le opere indiane. Il sacro e il profano (Bollati Boringhieri) e Il mito dell’eterno ritorno (Rusconi e poi Rizzoli) sono agevoli introduzioni al suo pensiero. Il Giornale (Bollati Boringhieri) e i due libri di memorie, Le promesse dell’equinozio e Le messi del solstizio (Jaca Book), coprono il periodo dal 1907 al 1960. Importanti sono gli scritti letterari L’isola di Euthanasius (Bollati Boringhieri), punto di congiunzione tra letteratura e storia delle religioni.

Alessandro Mariotti, Mircea Eliade, Castelvecchi, pp. 235, € 22.
Pietro Angelini, L’uomo sul tetto, Bollati Boringhieri, 2001.