Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / L’Iraq annulla il contratto petrolifero con la Lukoil

L’Iraq annulla il contratto petrolifero con la Lukoil

di Ornella Sangiovanni - 07/11/2007





Il governo di Baghdad, consigliato da esperti statunitensi, ha annullato il contratto con la compagnia petrolifera russa Lukoil per lo sfruttamento di uno dei maggiori giacimenti iracheni.


Come rivalsa, le autorità di Mosca avrebbero minacciato di revocare un accordo del 2004, che prevede la cancellazione del debito estero iracheno per un valore di 13 miliardi di dollari, come parte dell’intesa con i Paesi creditori del “Club di Parigi”.


A riferirlo è il il New York Times, che cita come fonte “un alto funzionario iracheno”.

Il giacimento in questione è quello di West Qurna, le cui riserve, secondo alcune stime, ammontano a 11 miliardi di barili: l’equivalente - sottolinea il quotidiano newyorkese - delle riserve mondiali accertate della Exxon Mobil, la maggiore compagnia petrolifera americana.


Il ministro del Petrolio iracheno, Hussain al-Shahristani, ha detto in una intervista che la nuova gara per il giacimento potrebbe esserci già l’anno prossimo.


Un contratto dalle vicende tormentate

Quella del contratto della Lukoil per West Qurna è una storia decisamente tormentata.

L’accordo – un Production Sharing Agreement – risale al 1997, periodo in cui il regime di Saddam Hussein stava cercando di ingraziarsi diversi Paesi, in particolare i membri permanenti del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, perché facessero pressione per togliere le sanzioni all’Iraq, imposte nell’agosto 1990, in seguito all’invasione del Kuwait, e successivamente riconfermate nel 1991, dopo la Guerra del Golfo, in quanto vincolate alla verifica del disarmo non convenzionale del Paese.


Il contratto, tuttavia, era stato cancellato dalle stesse autorità irachene nel dicembre 2002 – pochi mesi prima dell’invasione guidata dagli Usa del marzo 2003 - che avevano accusato alcuni dirigenti della Lukoil di avere incontrato oppositori iracheni in esilio per garantire che l’accordo venisse rispettato dopo l’eventuale rovesciamento del regime iracheno.


Dopo l’invasione, era in una sorta di “limbo” legale, come tutti quelli conclusi dal governo di Saddam con compagnie petrolifere straniere.


I russi tuttavia speravano che sarebbe stato confermato dalle nuove autorità di Baghdad: una speranza caduta definitivamente a settembre, quando, in occasione della sua visita a Mosca, il ministro Shahristani ha informato i funzionari del Cremlino che la decisione di annullare il contratto era definitiva.


“Difenderemo i nostri interessi”


Dura la reazione del governo russo, che appoggia le rivendicazioni della Lukoil, e accusa l’Iraq di applicazione selettiva dei contratti petroliferi.


“Difenderemo i nostri interessi”, ha detto al New York Times in una intervista telefonica il portavoce del Cremlino, Dimitri S. Peskov. “Difendere gli interessi delle nostre compagnie nei Paesi stranieri è obbligo del governo”.


Secondo un funzionario iracheno, che ha parlato coperto da anonimato data la delicatezza della questione, l’atteggiamento dei russi nei confronti di Baghdad sarebbe: “Tenete fede all’accordo, e noi condoneremo il debito”.


L’”elefante”

West Qurna, in gran parte non sfruttato, come molti giacimenti iracheni, fa parte di quelli che vengono definiti giacimenti “supergiganti” – ovvero “elefanti”, come li chiamano nel gergo dell’industria petrolifera.


A quanto dicono sia i funzionari iracheni che la Lukoil, dopo quattro o cinque anni di sfruttamento, potrebbe arrivare a produrre un milione di barili al giorno di greggio: più o meno l’equivalente della produzione attuale della regione del North Slope, in Alaska, scrive il New York Times.


L’accordo firmato dal governo di Saddam con la Lukoil dava alla compagnia i diritti di sfruttamento per soli 10 milioni di dollari, assegnandole il 9,6 per cento della produzione.


Sulla legalità del contratto, le cose non sono chiare.


L’Iraq ha ribadito varie volte, anche di recente, di voler onorare, in linea di massima, gli accordi firmati con compagnie petrolifere straniere all’epoca di Saddam Hussein. E in questo senso sembra andare la politica nei confronti dei contratti con compagnie cinesi, vietnamite, indonesiane, e indiane.


Tuttavia, nel disegno di legge sul petrolio e sul gas, approvato dal Consiglio dei ministri, ma che ancora non è stato discusso in Parlamento, è previsto che detti contratti debbano passare al riesame del Consiglio federale – un nuovo organismo che ancora non è stato costituito – e riceverne l’Ok.


Ma per quello che riguarda il contratto della Lukoil, da Baghdad fanno osservare che a cancellarlo fu lo stesso governo di Saddam Hussein.


Ieri, il ministero del Petrolio iracheno ha confermato la decisione di annullarlo definitivamente, anche se con una formula che mantiene delle ambiguità.


"L’Iraq ha dichiarato in precedenza che tutti i contratti conclusi o firmati all’epoca di Saddam sono cancellati", ha detto il portavoce del ministero, Asim Jihad. "Tutti i vecchi contratti verranno riesaminati, e tutti devono essere soggetti alla nuova legge sul petrolio".


Jihad inoltre ha confermato che il ministro Shahristani aveva detto al suo omologo russo Viktor Khristenko – durante gli incontri avuti a Mosca in agosto – che l’accordo con la Lukoil per West Qurna non sarebbe stato ripristinato.


Ma la Lukoil, ha aggiunto il portavoce del ministero, è la benvenuta a partecipare alla nuova gara che sarà indetta per l’assegnazione del giacimento, e la sua offerta potrebbe avere una priorità, dato che già si era aggiudicata un contratto.


Pressioni Usa?

Ora, comunque, una delle questioni principali che si pongono, se non la principale, è se sulla decisione del governo di Baghdad di annullare il contratto abbia pesato l’influenza degli Usa – e in che misura.


A Mosca sembrano avere pochi dubbi in proposito.


“Dalla prospettiva del governo russo, l’Iraq è visto come un Paese occupato, e la sua amministrazione diretta da Washington, in particolare quando si tratta del petrolio”, ha detto Vladimir I. Tikhomirov, economista capo presso la banca russa UralSib, in una intervista telefonica al New York Times.

“I russi vendono l’annullamento del loro contratto in Iraq come parte del U.S. drive per mantenere il controllo sui principali giacimenti petroliferi nel Paese”.