Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Migranti: il parere del Muftì

Migranti: il parere del Muftì

di Christian Elia - 09/11/2007

Il teologo dell'università del Cairo definisce avidi, e non martiri, i migranti morti. Al contrario dei kamikaze

“Quegli egiziani che sono morti la settimana scorsa davanti alle coste italiane non sono dei martiri. Non lo sono perché non sono partiti sulla via di Allah, ma sono andati per trovare un sostentamento materiale e da soli hanno trovato la morte, per il rischio che hanno voluto correre, in quanto avidi in cerca di denaro”.

il gran muftì del cairo, ali gomaaInterpretazioni e dolore. Così parlò Ali Gomaa, il Gran Muftì d'Egitto, ovvero la principale autorità giuridica islamica sunnita, durante una lezione agli studenti all'università di al-Azhar al Cairo, l'istituzione ritenuta il faro della teologia sunnita nel mondo islamico. Gomaa rispondeva alle domande degli studenti, colpiti e sgomenti di fronte alla tragedia dei 26 migranti che, partiti dalle coste egiziane, il 29 ottobre scorso assieme ad altri compagni di sventura, hanno perso la vita di fronte alle coste della Calabria, dove il peschereccio dove viaggiavano è naufragato. La stampa egiziana ha dato molto risalto alla vicenda e alcuni esponenti politici dell'opposizione hanno criticato aspramente il governo per la sorte dei loro concittadini. La polizia egiziana, nell'ambito dell'inchiesta aperta subito dopo la tragedia, ha arrestato 13 persone accusate di essere colluse con il traffico di migranti verso l'Europa.

l'università di al-azhar al cairoReligione e politica. Ma la polemica e la sensibilità rispetto alla questione non si sono limitate all'aspetto politico e umano della vicenda, finendo per rientrare anche nella sfera religiosa. Da tempo infatti, in tutto il Nord Africa, base di partenza per la stragrande maggioranza dei viaggi della speranza verso l'Europa, si discute sull'aspetto religioso della vicenda. Secondo alcuni, considerati gli immensi rischi che questi viaggi comportano, i migranti si espongono a una sorta di forma di suicidio. Commettendo quindi peccato. Per altri invece, la disperazione che è alla base della decisione presa da migliaia di persone, ogni giorno, di rischiare la vita per tentare la traversata, dovrebbe rappresentare una sorta di 'attenuante'.
Per il Gran Muftì non è così, e queste persone 'avide' non meritano nessuna comprensione. "Ogni emigrato, per il viaggio, ha pagato 25mila sterline (oltre 3.100 euro), il che vuol dire che non erano poveri e senza lavoro. Potevano investire questa somma in un progetto - ha dichiarato Gomaa - invece di spenderla per fuggire in Italia”.
 
il relitto del naufragio in calabriaNon finisce qui. Secondo il quotidiano egiziano al-Masri al-Yom, che ha pubblicato l'intervento di Ali Gomaa, il Muftì avrebbe rincarato la dose, spiegando come i migranti “non sono martiri anche se sono andati incontro alla rovina, al contrario dell'attentatore suicida che si fa esplodere per riscattare gli altri. Questo sì che è un martire”. Il riferimento agli attentatori suicidi nell'intervento di Gomaa non è casuale, perché nella teologia islamica il dibattito è aperto e spigoloso. Non sono pochi i teologi islamici che ritengono l'attacco suicida una forma di suicidio e basta, quindi contrario all'Islam. Per altri invece, nell'ottica del sacrificio estremo per la propria comunità, l'attentatore suicida è un martire.Ali Gomaa ha espresso la sua opinione, altri la pensano come lui. Un ragazzo algerino di neanche 20 anni, in attesa d'imbarcarsi per l'Italia dal porto di Annaba, interrogato sulla questione, rispondeva così: ''Partire rischiando di morire è un peccato, forse. Ma lo è anche quello che commettono i governi, lasciandoci morire di disperazione”.