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Iraq: milioni di persone in trappola

di Ahmed Ali* - 10/11/2007

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BAQUBA, 7 novembre 2007 (IPS) - Almeno cinque milioni di iracheni sono fuggiti dalle loro abitazioni a causa della violenza dell’occupazione guidata dagli Usa; ma la metà non può lasciare il paese, riferiscono fonti ben informate.

Secondo l’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR), sarebbero oltre 4,4 milioni gli iracheni sfollati; una stima che molti operatori sul campo ritengono insufficiente.

L’UNHCR ha annunciato la settimana scorsa che attualmente 2mila iracheni fuggono dalle loro case ogni giorno. Molti di loro hanno subito minacce dirette da parte delle milizie o degli squadroni della morte.

Le province con il maggior numero di sfollati sono le città a maggioranza sunnita di Baghdad, Diyala, al-Anbar e Salahadeen, nell’Iraq centrale.

Molte delle persone che sono rimaste hanno raccontato all’IPS di non avere avuto altra scelta.

"Non potremmo lasciare la nostra città nonostante lo stato di insicurezza, perché non abbiamo denaro per partire e vivere fuori dall’Iraq", ha detto all’IPS Ali Muhsin, funzionario della Direzione generale per l’istruzione e padre di cinque figli, che vive a Baquba, 40 chilometri a nordest di Baghdad.

"Per oltre un anno, abbiamo ricevuto lo stipendio solo ogni 50 o 60 giorni, perché i miliziani avevano preso l’intera città. Controllavano anche le banche, e impedivano ai nostri uffici di ricevere il denaro".

Muhsin ha spiegato che la maggiore parte degli operatori del sistema educativo nella provincia di Diyala (a nord di Baghdad, dove si trova Baquba) non è impiegata a tempo pieno, quindi non riceve lo stipendio. E la violenza dilagante impedisce alla gente di recarsi al lavoro.

"In Iraq la popolazione riesce a stento a vivere, perciò come potrebbe permettersi le spese del viaggio o la vita all’estero?", ha detto all’IPS Najmeldeen Alwan, che ha un negozio di drogheria vicino Baquba. Anche la moglie, Suhir, ha ammesso: "Aspettiamo solo il nostro destino".

Gli iracheni locali sostengono che la maggior parte di chi è riuscito a fuggire disponeva dei mezzi, o della possibilità di acquisirli.

"Il settanta per cento di chi è fuggito è ricco; gli altri avevano diverse risorse", ha detto all’IPS Abaid Nasir, commerciante disoccupato di Baquba. "Alcuni hanno venduto le loro proprietà, altri hanno usato tutti i loro risparmi per salvare la famiglia".

Tuttavia, non è solo il denaro a decidere del destino di una famiglia.

"La mia famiglia vive in un piccolo villaggio che è riuscito a difendersi da criminali e bande di delinquenti", ha raccontato all’IPS Ta'ama Aed. "La nostra gente lo protegge dai miliziani, che possono solo bombardarci con i mortai".

Aed vive in un piccolo villaggio nella periferia di Baquba. Il bisogno di sicurezza fa sì che "gli abitanti non abbandonino il villaggio", ha detto.

Altre famiglie hanno trattato con le milizie e i gruppi della resistenza per avere protezione.

"Molti si sono messi dalla parte dei miliziani per stare al sicuro", ha detto all’IPS Mohammed Jabur, un abitante del posto. "In questi casi, uno dei miliziani garantisce alla famiglia che nessuno le farà del male, e di solito mantiene la parola".

In Iraq non esistono campi profughi ufficiali, finanziati dal governo. Di solito i campi sono improvvisati, ma essendo precari la sicurezza è scarsa.

Oggi, un ostacolo per molti iracheni è la mancanza di sicurezza sulle autostrade. La maggior parte delle persone intervistate da IPS ha dichiarato di evitare gli spostamenti di oltre due o tre chilometri dai rispettivi villaggi, cittadine, o città.

"Volevo lasciare l’Iraq, ma non ho potuto perché i miliziani controllano le autostrade e tutte le vie d’uscita dalla città", ha segnalato all’IPS Ahmed Salih, di Baquba. "Lungo tutto il percorso verso i confini, milizie e combattenti controllano ogni strada".

Il primo ottobre, la Siria ha deciso di chiudere le frontiere con l’Iraq, eccetto per commercianti e accademici. L’intervento ha smembrato migliaia di famiglie.

Circa il 10 per cento della popolazione della Siria oggi è irachena, e il governo ha dichiarato di non poter accogliere altri profughi.

Gli Usa sono i meno colpiti dalla crisi dei rifugiati. Dall’invasione dell’Iraq nel marzo 2003, il governo Usa ha emesso meno di 2mila visti per gli iracheni.

"Dall’ottobre 2006, il governo americano è passato dal negare persino l’esistenza di un ampio numero di rifugiati iracheni vulnerabili, al parlare apertamente di una crisi dei rifugiati iracheni", riporta una dichiarazione del gruppo Refugees International. "Tuttavia, il loro impegno finanziario effettivo non è proporzionato né ai bisogni, né al ruolo che loro stessi hanno avuto nel creare la crisi degli sfollati. Il Presidente e il suo gabinetto di guerra devono ancora riconoscere le perdite umane che la violenza ha provocato tra i civili iracheni e i paesi vicini".(FINE/2007)