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“Agrocarburanti” per nuove povertà

di Megan Tady - 12/11/2007





 

Passa un altro giorno, e spunta un'altra vacua strategia contro il riscaldamento globale. La mia pulce nell'orecchio stavolta sono i biocarburanti. Non sono niente di nuovo, ma governi e grandi imprese li promuovono con nuova ferocia, come panacea per il nostro mondo sofferente.

Ma proprio mentre questi biocarburanti si stanno trovando spazio nel prontuario delle cure per il cambiamento climatico, varie organizzazioni, ambientalisti e addirittura le Nazioni Unite stanno suonando un allarme molto forte. Avvertono, che i piani per le energie rinnovabili di Europa e Stati Uniti, basati sui biocarburanti, avranno effetti devastanti sul Sud del mondo, distoglieranno le prospettive dall'investimento in energie davvero carbon-free , e addirittura ravviveranno la fiamma del fuoco che alimenta il cambiamento climatico.
Lo scorso mese, Jean Ziegler, esperto dell'Onu, ha chiesto una moratoria quinquennale sulla produzione di biocarburanti, dichiarando alla Associated Press , “Gli effetti della trasformazione di centinaia e centinaia di migliaia di tonnellate di mais, grano, legumi, olio di palma, in carburante a base agricola saranno assolutamente catastrofici per chi ha fame”.
La scorsa settimana, l'organizzazione umanitaria Oxfam International ha denunciato la proposta Ue di derivare il 10% dei carburanti per i trasporti da fonte biologica entro il 2020, spiegando che potrebbe “scatenare un disastro per i più poveri del mondo”. L'obiettivo di carburanti rinnovabili degli Stati Uniti è di circa 150 miliardi di litri l'anno.

Ci bersagliano da tutte le parti con terrificanti notizie sul cambiamento climatico, e dunque l'idea di riempirci i serbatoi coi biocarburanti è spontaneamente confortante. Biocarburante suona ecologico. Sono fatti con cose che erano verdi: granturco, olio di palma, canna da zucchero o altri prodotti agricoli. E vengono propagandati, come verdi. Una pagina promozionale del Department of Energy spiega “ Hey studenti! I biocarburanti come etanolo e biodiesel possono fare una grande differenza nel migliorare il nostro ambiente ”.
Ma una cura per il clima non va giudicata dal suo colore. Basta dare una grattatina, per scoprire appena sotto che il termine “biocarburanti” nasconde una realtà insidiosa. É per questo motivo, che molte persone, soprattutto nel Sud del mondo, hanno iniziato a chiamarli “agrocarburanti”.
Prendiamo in considerazione questo documento del Movimento Sem Terra del Brasile, dove la produzione di biocarburanti sta schizzando alle stelle: “ Non possiamo chiamare tutto questo un programma di bio-carburanti, di bio-diesel. Si usa il prefisso “bio” a insinuare sottilmente che l'energia in questione proviene, in generale, dalla vita. É illegittimo e fuorviante. Dobbiamo trovare un termine, in ciascun linguaggio, che descriva la situazione in modo più preciso, un termine come agro-carburante. Che si riferisce specificamente a energia create a partire da piante prodotte dall'agricoltura.
Ed è questa produzione agricola a preoccupare tante persone. I biocarburanti hanno bisogno di terre, il che significa spingere da parte le colture tradizionali alimentari, e sostituirle con quelle per carburanti. Letteralmente si leva il cibo di bocca alla gente, per metterlo nei nostri serbatoi. Gli aumenti di prezzi dei cibi innescati dall'incremento della domanda stanno già affamando le popolazioni. Il prezzo del grano è balzato di colpo in avanti di dieci anni, quello del mais è raddoppiato.

Serve altra terra? Tagliate un po' di foreste. C'è una parola che vada oltre l'ironia, per descrivere un programma per attenuare il riscaldamento globale che si basa sul taglio degli stessi alberi che eliminano naturalmente l'anidride carbonica dall'atmosfera? Stupidità, forse? La logica è più o meno quella di strappare i polmoni di un paziente per salvare il cuore. Enormi tratti di foresta pluviale amazzonica vengono immolati sull'altare dei biocarburanti come un agnello sacrificale, e l'Onu calcola che il 98% dei boschi di Indonesia sarà scomparso entro il 2022, dove si pratica in modo esteso la produzione di biocarburanti.

Ancora bisogno di terra? Prendetela. Il gruppo per i diritti umani Madre, che sostiene la moratoria quinquennale, afferma che le piantagioni agrofuel in Brasile e Asia sud-orientale stanno scacciando le popolazioni indigene. In un editoriale pubblicato su CommonDreams settimana scorsa, il direttore per le comunicazioni di Madre, Yifat Susskind scrive, “Si obbligano le persone a cedere le terre, fonte di vita e autosufficienza alimentare, per coltivare prodotti per biocarburanti da esportazione”.
Se questa cura per il clima avesse un foglietto illustrativo come i medicinali, sugli effetti collaterali potremmo leggere: “I biocarburanti possono provocare sonnolenza, mal di testa, abusi di diritti umani, deforestazione, spreco d'acqua, fame planetaria, cambiamento climatico”. Aspettate, aspettate: cambiamento climatico? Esatto, questa cura in realtà ne è una causa. I biocarburanti in sé possono avere una piccola impronta di carbonio, ma l'energia usata per far crescere e lavorare il carburante è una vera zampata d'orso nel fango. I biocarburanti dipendono dai fertilizzanti, dall'energia per far funzionare le macchine, dal trasporto di prodotti agricoli e prodotto finito, i quali tutti possono superare qualunque vantaggio realizzato con l'uso dei biocarburanti. Uno studio pubblicato in ottobre dal premio Nobel Paul Crutzen, ha calcolato che l'uso di fertilizzanti azotati fa sì che i biocarburanti contribuiscano più del petrolio al riscaldamento globale.
Il Department of Energy (Doe) afferma che le biomasse, da cui si derivano i biocarburanti, sono “ spesso più amiche dell'ambiente delle corrispondenti derivate dal petrolio ”. Se il Doe fosse un giocatore, a quanto darebbe la parola “ spesso ”?

Il movimento contro i biocarburanti è cresciuto, da un rivoletto a un'ondata di marea. In gennaio, oltre 220 organizzazioni di tutto il mondo hanno fatto appello al Parlamento Europeo perché fossero abbandonati gli obiettivi obbligatori sull'uso di biocarburanti. Anche il Fondo Monetario Internazionale è in tensione. In ottobre, un suo gruppo di ricerca ha pubblicato un articolo sul sito web del Fondo che notava come “ Finché non verranno sviluppate nuove tecnologie, l'uso di colture alimentari per produrre biocarburanti potrebbe occupare le già scarse risorse di terre arabili e acqua del mondo, spingendo di conseguenza ancor più verso l'alto i prezzi degli alimentari”.
Ciò di cui abbiamo bisogno sono nuove tecnologie carbon-free e sostenibili su cui investire, anziché di un piano che sembra quello dei missili difensivi di Bush. Madre afferma che la moratoria sui biocarburanti dovrebbe accompagnarsi a nuove tecnologie che non compromettano la sicurezza alimentare mondiale.
Susskind scrive, “ C'è bisogno di soluzioni sostenibili per il cambiamento climatico, non di soluzioni come quelle delle imprese, che semplificano tutto spostando la dipendenza da una fonte di energia all'altra. Ci sono soluzioni innovative e praticabili per le nostre necessità di energia – come alcuni programmi sostenibili di produzione locale di biocarburanti – in corso di sviluppo in tutto il mondo ”.

In teoria, la produzione di biocarburanti potrebbe ridurre la povertà aumentando i posti di lavoro nelle piccole aziende agricole del mondo. Ma Oxfam avverte che le “ enormi piantagioni che si stanno affermando per la fornitura all'Unione Europea sono più un pericolo che un'occasione, per i poveri ”. Se vogliamo togliere l'attuale forma di produzione di biocarburanti da contesti come il Brasile carico di debiti, dobbiamo poterla sostituire con un programma che offra uno sviluppo economico sostenibile per le comunità povere.
Oxfam vorrebbe che l'Ue mettesse delle misure di salvaguardia nella produzione di biocarburanti a tutelare i diritti sulle terre, dei lavoratori, al sostentamento e sicurezza alimentare. “L'Unione Europea ha fissato i suoi obiettivi di biocarburanti senza verificarne l'impatto su persone e ambiente” ha dichiarato il portavoce di Oxfam Robert Bailey in un comunicato stampa. “Si devono invece inserire misure di salvaguardia ad assicurare che vengano protetti diritti e mezzi di sostentamento delle persone nei paesi produttori. Se non si fa questo, va scartato quell'obiettivo del 10% e bisogna tornare a fare i conti”.
Sino a questo punto, il Department of Energy ha perfettamente ragione. I biocarburanti fanno una grossa differenza nel migliorare il nostro ambiente: se si intende come “nostro” gli Stati Uniti, l'Unione Europea, e nessun altro.

Nota: sulla contraddittorietà della politica dei biocarburanti, così come spinta dai grandi interessi privati, ho già proposto su queste pagine anche un articolo molto critico di Jutta Kill, da Red Pepper; la versione originale del pezzo di Megan Tady anche sul mio sito Mall_int sezione Environment (f.b.)

di Megan Tady, da These Times. Scelto e tradotto per Megachip da Fabrizio Bottini