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Georgia, Saakashvili si allontana dall’Europa

di Franco Apicella - 12/11/2007


Il 2 novembre è iniziata in Georgia una serie di manifestazioni di piazza contro il presidente Saakashvili, avvocato formatosi negli Usa e portato al potere quattro anni fa dalla cosiddetta rivoluzione delle rose. Più che gli orientamenti filo occidentali, i dimostranti contestano a Saakashvili l’incapacità di controllare l’aumento dei prezzi e il profondo divario tra le classi sociali che penalizza pesantemente le più povere. Questi fenomeni vengono attribuiti ai provvedimenti di liberalizzazione dell’economia, ma alla politica del presidente si addebitano anche metodi anti-democratici, come ad esempio l’arresto il 4 ottobre scorso dell’ex ministro della Difesa Okruashvili con l’accusa di corruzione.

Mentre le forze dell’ordine georgiane intervenivano pesantemente contro i manifestanti, Saakashvili ha decretato il 7 novembre lo stato di emergenza, confermato dal parlamento due giorni dopo con 149 voti favorevoli e nessuno contrario. La maggioranza assoluta sembra indicativa dello stato della democrazia nel Paese, anche se potrebbe essere giustificata dall’annuncio fatto da Saakashvili il giorno prima della votazione: le elezioni presidenziali, previste per l’autunno 2008, saranno anticipate al 5 gennaio. Il lato positivo della notizia è velato dalla difficoltà che le opposizioni troveranno per organizzarsi in un tempo così breve.

Saakashvili è stato accusato anche di avere fatto chiudere – con metodi sommari se non violenti – stazioni radio-televisive tra cui Imedi Tv del miliardario Badri Patarkatsishvili, residente a Londra e finanziatore della opposizione al presidente. Tuttavia il confine tra il sostegno all’opposizione che reclama migliori condizioni di vita per la gente comune e la manipolazione della piazza per questioni di interesse o di potere è labile. Secondo il Wall street journal Badri Patarkatsishvili avrebbe di recente venduto parte delle sue azioni al magnate televisivo Rupert Murdoch.

Alle lotte di potere interne si sommano i problemi legati alle condizioni della Georgia, ex repubblica sovietica oggi corteggiata dagli Usa e intenzionata – nell’ottica dell’attuale dirigenza - a candidarsi alla Nato e all’Unione Europea. Erano scontate nel copione di questi ultimi giorni le reciproche accuse tra Saakashvili - che vede la mano di Mosca nelle proteste di piazza - e il presidente del parlamento russo Boris Gryzlov, che ritiene sia tutta opera dei servizi segreti Usa. Altrettanto scontata quindi l’espulsione di tre diplomatici russi dalla Georgia, cui ha fatto seguito – par condicio – l’espulsione di tre diplomatici georgiani dalla Russia.

L’interesse della Russia per la Georgia è confermato da un editoriale di Ria Novosti in cui si nominano alcuni dei possibili candidati o aspiranti alla presidenza georgiana. Tra questi ci sarebbe addirittura l’ex generale Usa John Shalikashvili che, prima di essere stato capo di stato maggiore della Difesa, aveva ricoperto l’incarico di comandante supremo della Nato in Europa. Vengono citati anche l’ex ministro della Difesa georgiano Okruashvili fatto arrestare da Saakashvili e il magnate televisivo Patarkatsishvili che tuttavia, se tornasse in Georgia, potrebbe essere estradato in Russia dove sarebbe nella lista dei ricercati.

La Russia evidentemente conosce bene la sua ex repubblica ed è fermamente intenzionata a farla rientrare nella sua orbita, anche se ha dichiarato di non volere interferire con le questioni interne delle due regioni separatiste filo-russe (Abkazia e sud Ossezia). Per rendere ancora più credibile la correttezza della sua posizione, ha annunciato il 10 novembre che tutti i militari e i loro equipaggiamenti ancora schierati in Georgia lasceranno il Paese entro il 1° dicembre.

La Nato e l’Unione Europea non hanno potuto esimersi dal reagire con una certa durezza nei confronti dei provvedimenti presi da Saakashvili. Il segretario generale della Nato già nella sua visita a Tbilisi del 4 ottobre scorso aveva affermato che “c’è la necessità di una maggiore trasparenza da parte della classe politica (della Georgia, ndr)”. In un comunicato ufficiale dell’Alleanza rilasciato l’8 novembre si legge che i provvedimenti presi dal presidente georgiano “destano particolare preoccupazione e non sono in linea con i valori euro-atlantici”.

E’ difficile immaginare che la Georgia possa entrare in tempi brevi nell’orbita occidentale, non tanto per le pressioni della Russia quanto per le sue condizioni strutturali. Un Paese rimasto per decenni provincia dell’ex impero sovietico ha obiettive difficoltà a trovare nel suo interno quelli che in occidente sono considerati i germi della democrazia; d’altro canto una operazione di trapianto rischierebbe di provocare il rigetto.

Forse aveva ragione Alexis de Tocqueville quando nelle conclusioni del libro secondo de “La democrazia in America” teorizzava strade diverse per i due grandi popoli che vedeva affacciarsi all’orizzonte del pianeta, quello americano e quello russo: “Per raggiungere il suo scopo, il primo si basa sull’interesse personale e lascia agire senza dirigerle la forza e la ragione degli individui, solo il secondo concentra in qualche modo in un uomo tutto il potere della società. L’uno ha per mezzo di azione principale la libertà, l’altro la servitù”.



12 novembre 2007


Fonte: www.paginedidifesa.it
Si ringrazia il direttore di Pagine di Difesa.it, Giovanni Berardi, per la pubblicazione di questo articolo