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Il ‘grande gioco’ britannico e la terza guerra mondiale

di movisol - 13/11/2007

 
Il numero delle regioni del mondo colpite da caos e disordini, conflitti armati, guerra asimmetrica e disintegrazione non era mai stato così elevato dalla fine della seconda guerra mondiale. Questo fenomeno di conflitti solo in apparenza “regionali” o isolati, coincide con la fine del sistema finanziario globale, e minaccia di trasformarsi in una terza guerra mondiale asimmetrica.

Come l’assassinio dell’arciduca Ferdinando d’Asburgo a Sarajevo, nel 1914, servì ad innescare la prima guerra mondiale, oggi qualsiasi conflitto “regionale” potrebbe innescare il conflitto globale. Ma, oggi come allora, a decidere effettivamente la guerra non sono gli eventuali incidenti, bensì sono le macchinazioni geopolitiche britanniche. Una differenza cruciale è che oggi gli Stati Uniti sono finiti fin troppo sotto il controllo geopolitico di chi dirige il grande gioco e sotto il controllo ideologico del pensiero liberal anglo-olandese. Attraverso personaggi come Bernard Lewis dell’Arab Bureau britannico, il banchiere sinarchista George Shultz e l’intero apparato “neoconservatore”, l’amministrazione Bush-Cheney è stata plasmata come strumento pressoché perfetto per gli obiettivi strategici britannici di indurre gli USA all’autodistruzione, ponendo fine al sistema di Westfalia degli stati nazionali sovrani.

Fonti nella comunità d’intelligence USA descrivono l’attuale strategia britannica come “caos gestito”, mirato a ridurre sempre di più le nazioni in via di sviluppo allo stato di “nazioni fallite”, evitando accuratamente di volta in volta che tutto esploda in una guerra mondiale generale incontrollabile. Nel frattempo i cartelli britannici dell’energia e delle materie prime continuano ad estendere il proprio controllo monopolistico in tali settori, facendo leva sullo sfascio del dollaro e sul conseguente rafforzamento relativo della sterlina. Si tratta di un gioco sul filo del rasoio, fatto di difficili dosaggi e improbabili alchimie, che già in passato ha condotto alla guerra, come avvenne nel 1914.

Dal Corno d’Africa al Vicino Oriente, dall’Asia meridionale e centrale al Caucaso le crisi locali continuano ad esplodere con gravità che non ha precedenti.

* Sul fronte turco-iracheno si teme una guerra innescata dagli attacchi militari contro l’esercito turco da parte del PKK che partono dalle basi nella regione curda dell’Iraq. In Turchia militari e governo concordano che queste operazioni del PKK sono protette e sostenute sia dagli USA che dalla NATO, perché le stesse forze del PKK sono impegnate in attacchi dentro il territorio dell’Iran, forti del sostegno dell’amministrazione Bush-Cheney, come parte della loro politica per arrivare al “cambiamento di regime” a Teheran.

* La regione di confine tra Pakistan e Afghanistan sta sprofondando nel caos, innescando crisi da “fallimento dello stato” in ambedue i paesi. Al tempo stesso l’Afghanistan è emerso come narco-stato, con i signori dell’oppio che riforniscono dal 75 al 90 per cento del mercato mondiale di eroina.

* Tutto il Corno d’Africa è pronto per esplodere. La destabilizzazione che ha colpito il Sudan si riversa automaticamente in Egitto. Lo scorso 5 novembre l’International Crisis Group (ICG) ha lanciato un monito sull’immediato rischio di guerra completa tra Etiopia ed Eritrea. Ambedue i paesi da tempo conducono uno scontro surrogato in Somalia. A settembre l’Etiopia ha minacciato di disimpegnarsi dal Patto di Algeri, che alla fine degli anni Novanta aveva istituito una commissione per la definizione dei confini e aveva posto fine al conflitto. L’ICG teme che una recrudescenza del conflitto possa cominciare prima della fine di novembre, a meno che Stati Uniti e Consiglio di Sicurezza dell’ONU non prendano serie iniziative congiunte per far rispettare il Patto di Algeri.

* Caucaso. Il presidente georgiano Mikhail Saakashvili ha dichiarato uno stato di emergenza per 15 giorni per reprimere i manifestanti che per tre giorni hanno chiesto le sue dimissioni di fronte al parlamento. Saakashvili ha accusato la Russia di istigare le manifestazioni, riattizzando in tal modo tra le tensioni sopite Mosca e Tblisi, che possono facilmente trasmettersi ad altri focolai separatisti nella regione, da tempo covati con l’apporto di combattenti dall’estero, in tanti casi reclutati in Inghilterra.

* Il punto d’innesco più pericoloso al momento è l’aggressione degli USA contro l’Iran istigata da Dick Cheney, che scatenerebbe un’esplosione regionale dando vita ad una guerra di religione in grande stile che durerebbe decenni.