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Sono aperte le iscrizioni alla nuova DC

di Carlo Bertani - 13/11/2007

 
L’accettazione, da parte di Veltroni, del sistema elettorale proporzionale è la grande novità, il giro di boa della politica italiana: ovviamente, siamo sempre all’interno del sistema del Gattopardo, ma qualcosa è mutato.
Da quell’annuncio, è tutto un rincorrersi verso il centro: Casini vede premiati gli sforzi di anni, Fini scende a rotta di collo la china che lo porterà all’abbraccio con Casini e lascia all’alpeggio Storace e la Santanché.

Silvio Berlusconi comprende il rischio, ed attua la contromossa: volete il grande centro? Dovrete fare i conti con me, con le camicie nere di Storace e con quelle verdi della Lega.
A sinistra, i rossi orfanelli di tanto clamore si contano, dopo il grande embrassons nous del Partito Democratico, e comprendono che il loro ruolo sarà quello del PCI d’antica memoria: opposizione e “governi ombra”. Non consideriamo rottami vari, come i rais Mastella e Di Pietro: per loro, ci sarà solo l’accasamento coatto o l’estinzione.

Per comprendere l’improvvisa accelerazione, dobbiamo tornare indietro di un paio di settimane, al monito lanciato – all’unisono – da Luca di Montezemolo e da Mario Draghi. Quando i poteri forti si muovono – Confindustria e Banca d’Italia – significa che gli equilibri non sono più coerenti con i desideri delle borghesie, finanziarie ed industriali, e che si deve cambiare.
Ricordiamo un passo del discorso di Montezemolo, laddove affermava che “il futuro della politica italiana non possono essere Grillo e la Brambilla”.
E passi che la FIAT non consideri Grillo un interlocutore – niente auto elettriche ad idrogeno? – mentre il rifiuto della Brambilla è più interessante: perché? Poiché la Brambilla è una creatura di Berlusconi: chi rifiuta lei, rifiuta lui.
In realtà, doveva essere lo scorrere del tempo a sancire la fine politica di Silvio Berlusconi – pensavano ad un governo Prodi autorevole, che durasse l’intera legislatura – ma così, per tante ragioni, non è stato. Che fare? Lasciare nuovamente al governo l’uomo di Arcore, che si trascina appresso l’amico Tremonti (mal visto sia in Corso Marconi che a Via Nazionale), con prevedibili scontri con il sindacato, con nuovi “tira e molla” fra i centristi e la Lega?
Ricordiamo che Berlusconi riuscì a fare quasi solo riforme “a futura memoria” – scuola, pensioni – oppure nate monche in partenza (quella costituzionale), perché anch’egli aveva a che fare con una maggioranza composita. Per altre – quella dei fondi pensione, ad esempio – non ci riuscì proprio, e sì che aveva una solida maggioranza parlamentare.
Silvio Berlusconi non è più l’uomo dei poteri forti, e il centro sinistra deve abbandonare “piantagrane” vari: tutti uniti per sorreggere la FIAT e le grandi banche, niente più grilli per la testa. Da Fini a Veltroni, tutti insieme appassionatamente: anche Dini chinerà il capo.
Il risultato? Una legge elettorale fatta ad hoc per favorire l’aggregazione al centro: stiamo tornando indietro, a prima del 1992, con i partiti che non indicheranno più un premier ma lo sceglieranno in Parlamento, come un tempo, con le classiche “combine” sottobanco.

Con il meccanismo delle preferenze, potranno affermare che gli italiani sceglieranno nuovamente i loro rappresentanti; dimenticano una cosa: con le preferenze, potranno nuovamente controllare il singolo voto, grazie al noto meccanismo della combinazione di numeri e di nomi. La mafia ringrazia.
L’accettazione dei diktat di Confindustria e della Banca d’Italia, nasce per i partiti da un’amara constatazione: se la Brambilla era l’icona di un Berlusconi dai capelli rossi, il vero pericolo poteva nascere soltanto da un partito che venisse alla luce dai movimenti che sono scesi in piazza con il V-day, e dalle proteste della Rete.
Lo sbarramento – potranno decidere se del 5% o del 10% (come ha chiesto Mastella) – li garantirà dal rischio di nuove formazioni politiche: la Casta, in questo modo, rinnova sé stessa al potere, cambia volti e numeri ma continuerà a controllare, sostanzialmente, il timone e le macchine della nave.
Un po’ di maquillage sarà necessario – comprendiamo – ma gli amanuensi della carta stampata e delle TV sono già pronti per una nuova, colossale operazione mediatica: d’altro canto, in Italia si riesce a far credere che un ragazzo muore, in un autogrill, colpito da una pallottola esplosa da una pistola che sparava in aria.

Possiamo fare qualcosa? A mio avviso, poco o nulla: stiamo lasciando scorrere settimane e mesi importanti, nei quali sarebbe stato possibile creare una nuova formazione politica, come affermo da tempo.
Molti storcono il naso, sostengono che chiunque vada al potere replicherà le magagne di sempre: siamo giunti al “contro-qualunquismo”. Altri si defilano nell’ombra, pronti a salire sul carro di Cesare.
Qualcuno ha sbagliato? Quando Grillo, dopo il V-day dell’8 Settembre, scrisse che ne prevedeva un altro per il 25 Aprile, qualcuno – sul suo blog – gli chiese: e cosa facciamo fra Settembre ed Aprile?
Ecco, quella era la vera domanda.