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Georges Ivanovic Gurdjieff, incontro con un uomo straordinario

di Luigi Carlo Schiavone - 13/11/2007

 

Georges Ivanovic Gurdjieff, incontro con un uomo straordinario
Georges Ivanovic Gurdjieff


“Pochi esseri umani hanno un’anima. Nessuno ha un’anima alla nascita. L’anima va acquisita. Coloro che non ci riescono muoiono: alcuni si danno un’anima parziale e infine un piccolo numero riesce ad avere un’anima immortale”. Questo era uno dei fondamenti del pensiero del mistico conosciuto col nome di Georges Ivanovic Gurdjieff che, fin da giovane, fu spinto ad interrogarsi sul senso della vita ponendosi innumerevoli domande sui metodi e le strade da seguire per donarle un senso compiuto. Le risposte a tali interrogativi, riorganizzate successivamente secondo un senso organico, rappresentarono il nerbo di tutto il suo pensiero.
L’esistenza terrena di Georges Ivanovic Gurdjieff ebbe inizio il 13 gennaio 1872 ad Alexandropol (oggi Gyumri) nell’Armenia russa; di madre armena e padre greco, fu soprattutto quest’ultimo ad influenzare notevolmente la formazione di colui che è definito da molti come il “ Socrate dell’età moderna”. Il padre, infatti, insieme alle molteplici professioni svolte in seguito alla crisi economica che coinvolse la sua famiglia, era anche un “ashok” (cantastorie) dotato di un’ampia conoscenza delle vecchie tradizioni europee ed asiatiche. In seguito al trasferimento della sua famiglia presso la città di Kars, in Turchia, Gurdjieff ricevette una rigida educazione religiosa dal suo amico-tutore, padre Borsh, oltre una buona preparazione in ingegneria e medicina, tanto da prendere in considerazione l’idea – in seguito abbandonata - di divenire sacerdote della Chiesa cristiano-ortodossa.
Nell’estate del 1885 ebbe inizio la sua lunga avventura in giro per i quattro angoli del globo. Medio Oriente, Tibet, Africa, Asia Minore furono le sue tappe obbligate. Il viaggiare di Gurdjieff, infatti, andava oltre il semplice significato di travalicare i confini della propria patria al solo scopo di entrare in contatto con popoli stranieri da usi e consumi diversi dai suoi, egli, oltre ad ammirarli, cercava di comprendere tutti i segreti, tutti i complessi meccanismi sottostanti al sistema di pensiero di popoli così fertili dal punto di vista spirituale. Durante questi pellegrinaggi, Gurdjieff, oltre a studiare scienze sovrannaturali, si accostò al sufismo grazie all’interesse nutrito nei confronti dei dervisci roteanti e da ciò cominciò a tracciare una linea retta che aveva lo scopo di intersecare in un punto strategico le diverse tradizioni culturali con cui veniva in contatto, realizzando così quella sintesi a cui avrebbe dato il nome di “Tradizione Suprema”. Ma nonostante egli privilegiasse, come oggetto del suo studio, i temi tradizionali, non si poneva di fronte a tali fenomeni con attitudine reazionaria, bensì ricercando la reale evoluzione dell’uomo, il quale solo ritrovando le ragioni del mistero di cui parlano tutte le più antiche religioni e dottrine può far ritorno a sé stesso.
Tornato in Russia, al termine del periodo di viaggio intrapreso con il gruppo dei “Cercatori della Verità” fondato tra il 1887 e il 1907, fondò, nel 1912 a Mosca, il primo nucleo del successivo “Istituto per lo sviluppo armonico dell’uomo”, a cui si aggiungerà, l’anno successivo, la sede di San Pietroburgo. Nel 1915, Gurdjieff accetta tra i suoi allievi un giovane studente, Piotr Demianovic Ouspensky, colui che, oltre ad avere il merito di aver diffuso in Occidente il pensiero del Maestro, fu reso celebre dall’opera Tertium Organum, un trattato sulla natura dell’universo. Dopo l’ingresso di altre personalità come il compositore Thomas Alexandrovich de Hartmann e sua moglie e lo scoppio della rivoluzione russa, Gurdjieff decise di spostare i suoi gruppi di studio a Essentuki, dando vita ad un “laboratorio di consapevolezza”. Spostatosi successivamente a Tfilis (oggi Tbilisi) in Georgia, diede vita, in collaborazione con nuovi adepti come l’artista Alexandre Gustav Salzmann e sua moglie Jeanne, già allieva di danza del creatore dell’euritmia Emile Jacques-Dalcroze, all’Istituto per lo Sviluppo Armonico dell’Uomo. È, infatti, grazie alla collaborazione di Jeanne che Gurdjieff elaborò quei “movimenti”, o danze sacre, alla base dei suoi insegnamenti.
L’insegnamento di Gurdjieff, figlio dei suoi innumerevoli viaggi, inoltre, riguardava tutti i diversi aspetti della realtà psichica e metafisica, compresa l’esistenza quotidiana, che si voleva liberare da quella dimensione inautentica che imprigiona l’uomo nella meccanica routine negatrice del profondo valore della vita. Per poter cambiare se stesso, infatti, l’uomo, secondo Gurdjieff, deve giungere alla piena consapevolezza di sé: solo chi è animato da un sincero desiderio di conoscere sé stesso, infatti, può avere accesso ad un mondo parallelo in cui ritrovare le proprie origini. Per poter far ciò l’uomo può perseguire diverse strade, poiché ciò che importa è l’atteggiamento con cui il viandante si pone di fronte a questa scelta, che avrà sempre lo stesso risultato: l’evoluzione spirituale dell’uomo ed il risveglio della sua coscienza. La coscienza, infatti, nel pensiero di Gurdjieff, ha un ruolo centrale, ponendosi quale la consapevolezza di sé in quanto integrazione ed armonizzazione dell’energie che caratterizzano l’uomo. Gli stati di coscienza teorizzati sono quattro e vanno da quello più basso, proprio dell’uomo comune e caratterizzato da una sorta di letargo a quello proprio degli scrittori e degli intellettuali, impegnati a parlare di “cose sublimi” ma non impegnati ad agire seriamente sul sé, passando per quello dell’uomo “illuminato” il quale vede le cose per quello che sono oltre a percepire alcuni flash della propria coscienza superiore, fino al quarto stato, quello finale, grazie al quale l’uomo raggiunge, dopo un faticoso e lungo percorso iniziatico, i misteri dell’esistenza. Le strade a disposizione dell’uomo per raggiungere l’ultimo stadio, ed ottenere così quel risveglio di coscienza necessario per una conoscenza obbiettiva delle cose, sono solo quattro, ma solo una è quella che conduce al reale ed autentico completamento dell’uomo. Egli, infatti, alla “Via del Fachiro”, caratterizzata da atroci autolimitazioni e immani sacrifici e che rappresenta la lotta con il corpo fisico, o alla “Via del Monaco” rappresentata dall’eremitaggio umano, dall’isolamento, dal distacco totale dal resto del mondo al solo scopo di perseguire la fede e, infine, alla “Via dello Yogi”, o via dell’intelletto, della conoscenza totale e totalizzante, preferisce la soluzione da lui formulata e conosciuta come “Quarta Via” o “Sentiero dell’Uomo Astuto”.
“L’uomo è una macchina, tutto ciò che fa, tutte le sue azioni, tutte le sue parole, pensieri, sentimenti, convinzioni, abitudini, sono i risultati di influenze e impressioni esterne. Per “fare” bisogna essere”: una consapevolezza questa che portò Gurdjieff ad affermare che l’uomo moderno non sarebbe in grado di farsi carico delle rinunce imposte dalle tre strade precedenti, giacché troppo legato agli aspetti materiali dell’esistenza. È per questo motivo che egli invita chi vuole risvegliare la propria coscienza ad imboccare la quarta strada, considerata come la più accessibile e “facile”. Questo quarto sentiero, infatti, pur coinvolgendo ogni parte fisica, psichica, emozionale e spirituale dell’uomo gli permetterebbe di risvegliare la propria coscienza senza doversi staccare dal mondo conosciuto, dalla propria famiglia o dalla propria casa; il metodo della Quarta Via si incentra, dunque, su un impegno simultaneo dell’uomo a “lavorare” in tre direzioni: emozioni, pensiero e corpo fisico. Questo “lavoro”, da cui dipende ogni possibilità di riuscita, scaturisce da un sapere particolare, inaccessibile per le altre vie e frutto dell’esperienza dei molteplici viaggi di Gurdjieff. L’individuo che imbocca la Quarta Via, dunque, deve impegnarsi esclusivamente a fare ciò che è utile per sé stesso, abbandonando così tutto il superfluo che si è mantenuto vivo per tradizione nelle altre vie. Il mondo, infatti, era per Gurdjieff il mezzo per risvegliare la coscienza umana; solo restando nel mondo, l’uomo poteva tener conto del proprio corpo quale strumento necessario per risvegliare la propria coscienza.
A questa prima porta d’accesso verso “il vero Essere”, egli affiancava, inoltre, le sue danze, figlie delle diverse religioni oggetto del suo studio. L’obiettivo di queste danze era di armonizzare e riequilibrare, grazie all’ausilio di movimenti semplici e naturali, le diverse parti dell’essere umano permettendogli di aprire la sua coscienza alla consapevolezza di un mondo superiore, nel quale pulsa l’energia divina ed universale.
Questi dettami furono ben presto noti nell’intera Europa e nel mondo. Dopo lo scoppio della guerra civile russa, infatti, Gurdjieff ed il suo Istituto si trasferirono a Costantinopoli, da dove iniziò a progettare l’attività per il vecchio Continente. L’idea di Gurdjieff fu di stabilire la prima sede europea del suo Istituto a Berlino, ragion per cui tenne una prima conferenza nella capitale tedesca il 24 novembre 1921; le cose, tuttavia, andarono meglio altrove. Ouspensky, che nel frattempo aveva divulgato il pensiero di Gurdjieff in Inghilterra, infatti, riuscì a raccogliere intorno a sé molti più allievi. Affinché potessero riunirsi in un unico luogo, Gurdjieff decise di investire parte del suo denaro per acquistare, nel 1922, a Fontainbleu-Avon, nei pressi di Parigi, una tenuta, divenuta celebre con il nome di Prieurè d’Avon. In questa che può essere considerata una grande “Casa di Studi”, vissero e “lavorarono” al suo fianco un gran numero di artisti, scrittori, filosofi ed altri intellettuali di vario genere impegnati in una profonda ricerca interiore. Nel 1924, grazie ai successi ottenuti dal suo metodo, si vide costretto ad organizzare una serie di tournée negli Stati Uniti; ma nello stesso anno fu anche vittima di un grave incidente automobilistico da cui acquisì la consapevolezza della necessità di scrivere una serie di opere per poter trasmettere i fondamenti del suo insegnamento alle generazioni future. Nel 1933, dopo aver dovuto abbandonare il Priorato a causa di difficoltà economiche, Gurdjieff si stabilì in un appartamento in Rue de Colonel Rènard, che non abbandonerà nemmeno quando Parigi fu occupata dai tedeschi; pare, infatti, che egli sia riuscito a stringere buoni rapporti con gli occupanti, ottenendo, tra l’altro, la possibilità di continuare ad insegnare.
Nel 1948 le sue condizioni di salute si aggravarono. Gurdjieff si spense un anno dopo, il 29 ottobre del 1949, nell’ospedale americano di Neuilly, dopo aver trasmesso le sue ultime istruzioni a Jeanne de Salzmann.
“L’illusione suprema dell’uomo è la sua convinzione di poter fare. Tutti pensano di poter fare, ma nessuno fa niente. Tutto accade”. Così il filosofo, scrittore mistico nonché “maestro di danze” Gurdjieff vedeva il destino di ogni singolo individuo, ma, nonostante tutto, egli votò tutta la sua vita all’insegnamento per condurre i suoi adepti verso una chiara e totale consapevolezza del sé. I suoi insegnamenti, frutto dei suoi viaggi, infatti, oltre denudare l’animo umano evidenziandone debolezze e forze, finirono per plasmare una filosofia di vita che, seppur complessa, rimane coerente nelle sue molteplici sfaccettature, influenzando ancora oggi molti di coloro che, facendo leva sulle antiche tradizioni esoteriche, cercano di giungere alla suprema conoscenza dell’universo umano per illuminare l’intricato rapporto tra l’individuo e il suo sé.