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La Grande Vite Sociale

di Miguel Martinez - 14/11/2007

 

La Grande Vite Sociale ha fatto un altro dei suoi giri.

"Giro di vite contro gli ultras", titolava infatti Repubblica ieri mattina.

I tifosi scesi in piazza a protestare, in stile anni Settanta, per l'uccisione a sangue freddo di uno di loro, sono stati infatti formalmente accusati di "terrorismo".

Quando arriva una simile accusa, si passa dall'accertamento dei fatti alla disputa filosofica.

La differenza la vediamo in un caso concreto, di questi giorni:  un italiano, una statunitense e un congolese  sono attualmente in carcere, in attesa che si accerti se abbiano o no brutalmente assassinato una ragazza. Insomma, se sono innocenti o colpevoli, in termini comprensibili a qualunque Nonna Vera ascoltatrice di Bruno Vespa.

Nel caso di Ponte Felcino,  invece, sappiamo proprio tutto quello che è successo (migliaia di pagine scaricate da Internet). L'imam e i suoi compagni sono in carcere in attesa che alcuni professionisti della decisione sulla pelle degli altri concordino sul significato da attribuire a tali fatti. In questo caso, i termini "innocenza" e "colpa" non hanno nemmeno senso, al di là dello specifico uso giuridico.

Per la prima volta, a Roma, hanno applicato l'accusa tremenda di "terrorismo", con tutto ciò che implica in termini di anni di carcere e di vite rovinate, contro un branco di sfasciavetrine adolescenti:

"Gli uffici del Coni vengono devastati. I tifosi lanciano una bomba carta all'interno dell'atrio danneggiando i marmi. Completamente distrutto l'orologio con il count down verso le Olimpiadi di Pechino 2008, tutte le vetrate rivolte al lato di Lungotevere e i computer della reception."

Pensate voi che perdita per l'umanità, l'orologio del count down... [1]

Il "terrorismo", notoriamente, non è definibile, perché qualunque definizione seria dovrebbe colpire anche il cardine del dominio planetario: il bombardamento aereo. Vietare il "terrorismo" comporta quindi le stesse acrobazie verbali che comporta vietare il "maltrattamento degli animali" in un macello.

Ma ogni definizione di "terrorismo" richiede che certe azioni vengano compiute con finalità politica. I tifosi sono accusati in base alla 270 sexies. Sono azioni

"condotte con finalità di terrorismo quelle che possono arrecare grave danno a un Paese e sono compiute allo scopo di intimidire la popolazione o costringere i poteri pubblici a compiere o astenersi dal compiere un qualsiasi atto o destabilizzare o distruggere le strutture politiche fondamentali, costituzionali, economiche e sociali di un Paese."

Come si fa a muovere un'accusa così seria contro una masnada di proletari romani un po' bevuti e un po' accannati, che si lasciano andare a istinti primordiali di rabbia e vendetta? Spiega Repubblica:

"L'accusa è stata formulata sulla base dell'eventuale matrice politica che potrebbe esserci dietro gli assalti dei teppisti (sono stati gridati slogan inneggianti al fascismo) e della messa in pericolo delle due sedi di polizia e carabinieri. Ma i giudici intendono estendere l'aggravante anche ai gruppi di teppisti che con le loro incursioni miravano a condizionare le decisioni delle istituzioni che gestiscono il mondo del calcio e lo svolgimento delle partite (come Federazione, Lega, Ministeri, prefetture...)."

Dove apprendiamo diverse cose interessanti.

Prima di tutto, a causa di quegli "slogan inneggianti al fascismo", possiamo essere sicuri che la sinistra reale lancerà ogni possibile anatema complottista contro gli stessi ragazzi per i quali la destra invocherà la forca.[2]

Secondo, sappiamo che quegli "slogan inneggianti al fascismo" esprimono un segno di appartenenza tribale che proprio in quanto tale deve essere trasgressivo, perché deve porre un solco tra "noi" e "loro". Gridassero, "pa-ce pa-ce di-ritti u-mani di-ritti u-mani!", non ci sarebbe gusto a essere tifosi.[3]

Le bande giovanili dei neri statunitensi non fanno i saluti romani perché la "politica" non ha lo stesso peso simbolico nella cultura statunitense, ma fanno cose del tutto analoghe.

Però la cosa più significativa è scoprire come, per certi magistrati, anche le "istituzioni che gestiscono il mondo del calcio" sono - per citare la 270 sexies - "strutture politiche fondamentali, costituzionali, economiche e sociali" del paese.

E non hanno, forse, tutti i torti.

Nota:

[1] So benissimo che questo commento susciterà costernazione tra i difensori della sacralità della Roba. Comunque la discussione che ne seguirà, non deve farci dimenticare che l'accusa principale contro gli arrestati non è di aver scassato un orologio, ma di terrorismo, ed è di questo che si discute.

[2] L'accusa di "terrorismo" ai tifosi costituisce una consacrazione postuma al complottismo denunciato tanti anni fa da Giulio Salierno. Proprio su questo blog, avevamo citato una sua riflessione sui pericoli della demagogia complottista della sinistra reale dei suoi tempi:

"L'avere, infatti, per circa un decennio, attribuito, con un martellamento propagandistico senza pari, ogni attentato o violenza politica e persino i disordini negli stadi durante le partite di pallone, a un disegno strategico promosso e perseguito da un unico "cervello" (le cui capacità maligne dovrebbero destare l'invidia del Principe delle tenebre) ha provocato, forse, addirittura un mutamento nel clima culturale del paese. Che, infatti, reagisce, di fronte a ogni evento che a torto o a ragione gli sembri strano, cercando, per l'appunto, di spiegarselo in chiave di complotto."

[3] Non escludo affatto che i giovani coinvolti negli scontri siano anche concretamente razzisti. Se non si è tesserati al mondo dei sogni dei CARC, dovrebbe essere ovvio che i proletari delle metropoli siano in grande maggioranza razzisti, a causa di alcuni elementari meccanismi sociali.