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Hedge funds a picco dopo i subprime

di Joseph Halevi - 14/11/2007

 
La crisi finanziaria di luglio-agosto sta inesorabilmente viaggiando nelle arterie e nelle vene del sistema economico statunitense e mondiale, con temporanea eccezione della Cina. Sebbene anche quest'ultima vi sia esposta, il contrappeso dei suoi sovereign funds (le società finanziarie statali piene di soldi provenienti dal surplus nella bilancia dei pagamenti) è tale che per ora l'economia cinese ha un notevole cuscinetto di protezione. I «fondi sovrani» cinesi vengono visti in occidente in modo ambivalente, rivelatore della diffusa paura di una crisi ben più grave. Da un lato essi sono temuti perchè conferiscono potere economico-politico internazionale alla Cina; dall'altro, però, sono ben accetti proprio perchè in mano ad uno stato che non ha intenzione di fare giochi d'azzardo alla roulette dei mercati.

Al di fuori di questo caso la crisi sta penetrando ovunque, malgrado le banche centrali abbiano assecondato i mercati oltre ogni aspettativa gettandovi un ammontare di denaro strabiliante. Le iniezioni di «droga» non avrebbero però salvato i mercati europei se non si fosse inzialmente ripreso quello di Wall Street. Tuttavia le violente oscillazioni attuali derivano dal fatto che questa volta la crisi ha i suoi terminali nel reddito delle famiglie americane indebitate che, non potendo più rifinanziarsi, perdono le case e/o le devono vendere. La svalutazione dei valori «collaterali» porta a perdite nel subprime che aumentano di giorno in giorno. Oggi si parla di 400 miliardi di dollari, quattro volte superiori a quelle ipotizzate da Bernanke all'esplosione della crisi, amplificando così la paura ed incertezza dei mercati.

Sappiamo che nessuno conosce la composizione dei veicoli di investimento complessi formati da pezzi di carta con denominazioni ambigue, eterogenee e non commensurabili, cioè non commerciabli. Questo è il punto. Gran parte dei valori presenti e futuri delle Collateral Debt Obligations e dei foglietti di carta erano dovuti ad imputazioni senza possibilità di convalida. Ora che la crisi del subprime ha disfatto i veicoli di investimento e sta imponendo una convalida di mercato, i mercati stanno scomparendo. Prendiamo ad esempio le cosiddette 'mortgage backed securites', vale a dire titoli sostenuti da un mutuo ipotecario. Il bene collaterale è la casa il cui valore cala all'aumentare delle abitazioni riappropriate dalle banche e società finanziarie o direttamente vendute da chi cerca di uscire dal debito. I titoli legati ai mutui ipotecari venivano emessi ipotizzando la loro detenzione fino a maturazione compiuta. Cosa che effettivamente accadeva. Dato che in questa classe non esistono titoli uguali, il mercato manca di omogeneità e quindi di transazioni continue. Pertanto non esiste alcun registro per sapere chi detiene questi titoli e quale sia la loro quantità. Per questo l'autorità competente negli Usa - la Us Securities Exchange Commission - permette di stimare tali titoli su una base virtuale. Ma ciò vale in condizioni normali, non quando ci sono molte case da gettare sul mercato. Ne consegue che non si ha una minima idea di quanto valga una mortgage backed security.

Tale stato di cose genera un'incertezza superiore alle iniezioni di droga. Mentre la stampa generica si concentra sulle fluttuazioni degli indici di borsa, quella specializzata si focalizza sugli hedge funds. Il loro ruolo è stato di trasformare il debito in profitto: una famiglia ottiene un mutuo per comprare una casa, la banca trasforma detto mutuo in una CDO che la banca stessa vende (con profitto) ad un hedge fund che a sua volta si indebitava presso la stessa banca per moltiplicare le operazioni «leveraged» di investmento finanziario. E'ovvio che quando il valore del «bene collaterale» crolla rispetto a quello virtuale, la sequenza si spezza e gli hedge funds vanno in crisi. Infatti stanno crollando in continuazione con grande danno ai fondi di pensione pienamente compartecipi del gioco d'azzardo.

E' tuttavia illusorio credere che la crisi degli hedge funds porterà alla restaurazione di investimenti normali, fondati sulla dinamica del reddito effettivo, non drogato dall'indebitamento, e sui profitti non distribuiti. Questo tipo di capitalismo su cui poggiavano le orchestre keynesiane, sia di destra (Usa-Modigliani) che di sinistra (britannico cambridgiana), è definitivamente morto.