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Futuro al carbone

di Eleonora Formisani - 14/11/2007

 

Global Warming

E’ un viaggio epico, quello per arrivare alla Fiera di Roma, dove è iniziato il Wec, il Congresso mondiale dell’energia arrivato alla sua ventesima edizione.

Dopo interminabili minuti in metropolitana, una navetta scarica i partecipanti al cancello est, ma per entrare bisogna passare da quello nord. Qui scendono i delegati, sono 3.500 e provengono da tutto il mondo. Ad accoglierli un festoso presidio di Legambiente, che ha preparato una sorta di carro allegorico in cui la terra è infilzata allo spiedo come una porchetta e bruciata dal carbone. C’è anche un grande striscione su cui campeggia la scritta: «Fermiamoli. Petrolio, nucleare e carbone, una miscela esplosiva per il clima e la pace nel mondo».

E’ il mix esplosivo su cui si basa l’attuale modello energetico del pianeta che sta causando l’aumento vertiginoso delle emissioni di CO2, responsabili del surriscaldamento del clima. Ma è anche la ricetta del Wec e va fermata, dicono i manifestanti sui volantini distribuiti all’entrata del summit, perché mentre si preme per portare avanti quel modello energetico, «la lotta per il controllo delle risorse petrolifere e atomiche fa crescere il rischio di guerre e attentati terroristici».

La sala delle conferenze, scintillante di luci bianche e bluastre, sembra l’astronave di Star Trek, con tanto di colonna sonora. E’ qui che si decide il futuro delle prossime generazioni: in un padiglione fasciato da teloni di plastica dei «main sponsor»: Enel e Eni per citarne alcuni.

Il logo ufficiale ritrae una bambina che soffia su una girandola arcobaleno. Visione suggestiva che punta ad un futuro [la bimba], in cui l’energia sarà rinnovabile come quella eolica [la girandola]. Visione ingannevole, perché al Wec le fonti rinnovabili hanno un ruolo di secondo piano.
Lo ha sottolineato due giorni fa anche nostro presidente del Consiglio dei ministri, Romano Prodi, dopo aver «tagliato il nastro» del Wec. «Deve essere intensificata la ricerca nel settore del carbone pulito, nel nucleare di nuova generazione», ha detto Prodi. Invece l’offerta delle rinnovabili, seppur in crescita, rimarrà marginale.

Ritrovarsi qui dopo aver partecipato al Controvertice per l’altra energia, «OtherEarth», ancora in corso alla Città dell’altra economia di Roma è come cambiare dimensione. Da un lato, ad esempio, sabato la leader della coalizione antinucleare bulgara BeleNè, Albena Simonova, spiegava nel dettaglio l’incredibile abbaglio che il governo di Sofia sta prendendo con la costruzione della nuova centrale nucleare a Belene [a cui partecipa anche l’Enel]. Dal controvertice, domenica pomeriggio, si è venuti qui per una protesta fuori dai cancelli, proprio mentre due militanti di Greenpeace si lasciavano penzolare dal soffitto della sala della conferenza: stava parlando Prodi.

Dai discorsi ufficiali, con la scusa della «fame di energia» della Cina e dell’India, si capisce che per i ministri e i boss dell’energia riuniti alla Fiera di Roma il nucleare è il futuro. Come ha detto lunedì mattina il presidente della Commissione europea, José Manuel Barroso, «è ovvio che la pressione congiunta tra la crescente domanda di energia e i cambiamenti climatici ha dato una spinta al rilancio della discussione sull’energia atomica». Il dibattito sul ritorno al nucleare è insomma più che mai aperto, soprattutto in Italia.

Riuscirà il Wec a dare l’ultima spallata ad un paese che vent’anni fa votò a larga maggioranza «no» all’atomo? Ci sono tutti i presupposti per dire di sì e non dovrebbe neanche essere una spallata tanto vigorosa. Dopo l’accordo Eni-Gazprom sullo studio di fattibilità del gasdotto SouthStream, Pierluigi Bersani, ministro per lo sviluppo economico, strizza l’occhio in pubblico al ministro russo dell’industria e dell’energia, Viktor Khristenko, per sviluppare «larghe intese in campo energetico e tecnologico tra Europa e Russia in cui l’Italia vuole sospingere il dialogo strategico». Khristenko chiarisce che il suo paese sarà uno dei leader nell’energia nucleare nel prossimo futuro.

Che l’Italia si accodi o no è questione di tempo, come è questione di tempo per l’Europa intera. Quello che è certo è che in questi cinque giorni, come recita il titolo del rapporto presentato questa mattina dal Word energy council, «Deciding the future», è qui che si decide il futuro.