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I libri della settimana: M. Anspach, A buon rendere; S. Zanardo, Il legame del dono

di Carlo Gambescia - 15/11/2007

I libri della settimana: M. Anspach, A buon rendere, Bollati Boringhieri 2007; S. Zanardo, Il legame del dono, Vita & Pensiero 2007

Non ricordiamo l’autore, ma la citazione sì. Ed è questa: “Di solito le persone altruiste sono noiose”… Il che, in parole povere, significa che l’egoismo sarebbe divertente… Ma per chi? Sicuramente non per coloro che lo subiscono. Anche perché altruismo, per essere concreti, significa volontariato sociale: capacità di aiutare chi si trovi in difficoltà, dagli anziani agli immigrati… Non è “buonismo” ma capacità di rimediare in particolare ai burocratismi dello Stato. Che cosa intendiamo dire?
Spesso, ad esempio, come nel recupero dei tossico-dipendenti, le strutture pubbliche, tendono ad affrontare la delicata questione in termini burocratici, e magari scaricando sulla collettività i costi di possibili sprechi… Mentre le associazioni private di volontariato sociale, oltre a muoversi più agilmente, creano, come è documentato, intorno al giovane in cerca di aiuto, un caldo e spontaneo clima di amicizia e solidarietà. Che può nascere solo all’interno di una cultura del dono. Insomma, per il dipendente pubblico, spesso “assistere” è una professione, per il volontario (privato) sociale una “missione”.
Ma purtroppo è proprio sulla cultura del dono, che, sempre più spesso, si tende a fare confusione.
Si pensi ad esempio alla cosiddetta scuola antiutilitaristica francese, quella sorta intorno a Caillé e Latouche. Questi autori, sottovalutando la natura spontaneistica del dono, lo hanno teorizzato come una specie di “obbligo sociale”. All’insegna di un altruismo, che a taluni osservatori, è parso come vincolante per tutti. Pertanto seguendo i francesi su questa strada, si potrebbe anche giungere all'introduzione, magari per legge, di un vischioso dovere sociale al “buonismo” pubblico, promosso, tutelato ed esercitato dallo Stato. Ed eventualmente, in caso di inosservanza, punito codice alla mano...
Un esempio di questo approccio è dato dal recente libro di Mark Anspach (A buon rendere. La reciprocità nella vendetta, nel dono e nel mercato, Bollati Boringhieri 2007, pp. 121, euro 13,00), studioso di scienze sociale, che insegna a Parigi, formatosi, tra gli altri, anche con Caillé e Latouche.
L’autore propone una società rifondata sulla reciprocità sociale, come continuo scambio di doni reciproci. Uno scambio che allargandosi per successivi cerchi concentrici dovrebbe ridurre la sfera del mercato e degli atti basati sul profitto. Il libro è intrigante perché propone alcuni schemi teorici, di cui qui sarebbe troppo complicato parlare… Tuttavia - ecco il problema - Anspach rivaluta il ruolo dello Stato. Non in senso politico come supremo decisore, ma come “Stato-Provvidenza”, dispensatore di servizi pubblici gratuiti. Il che non è sbagliato in assoluto. Ma in questo modo si rischia di puntare su una specie burocrazia del dono: di scambiare i diritti sociali con i doni sociali.
Un altro testo interessante, soprattutto a livello filosofico, per chi desideri approfondire il dono, è quello di Susy Zanardo (Il legame del dono, Vita & Pensiero 2007, pp. 638, euro 45,00). Libro di una “filosofa” morale, che insegna all’Università Ca’Foscari di Venezia. Un testo difficile, ma così ricco di riferimenti critici e bibliografici, al punto di sconfinare nell' enciclopedico…
Come sintetizzare in due parole un’opera simile? Per la Zanardo, che in particolare studia il pensiero di Jean-Luc Marion e Jacques Derrida, il dono - semplificando - ha natura ambigua: per un verso aiuta chi lo riceve, per l’altro lo imprigiona nell’obbligo di riconoscenza. Il che significa, in termine concreti, che più si attribuisce allo Stato-Provvidenza il ruolo di fornitore di servizi pubblici completamente gratuiti in tutti i campi (esulando da quelli tradizionali della salute e della scuola), più si rischia di trasformare il cittadino in suddito. Perché gli si può anche chiedere di “ricambiare” con l’obbedienza assoluta al “Grande Fratello” di turno…
Ovviamente, queste considerazioni sono nostre e non della Zanardo.
Ora, quando ci si occupa del “dono” qual è il principale problema che si deve affrontare? Quello di riuscire a valorizzare lo spontaneismo sociale. Insomma, di lavorare intorno a un progetto sociologico e politico, capace di superare il paternalismo statalista e ovviamente gli egoismi del mercato: la società del grande freddo, dove ognuno pensa solo a se stesso. Di qui l’importanza sul piano pratico di puntare sul Terzo Settore. Parliamo di quelle istituzioni che all’interno del sistema economico capitalistico si collocano tra Stato e Mercato, ma che non sono “riconvertibili” né all’uno né all’altro. Si tratta di strutture organizzative di tipo privato, tese, come si dice tecnicamente, alla produzione di beni e servizi pubblici (cooperative sociali, associazioni di promozione sociale, associazioni di volontariato, eccetera). Quel che però va fatto è privilegiare maggiormente, sul piano legislativo e fiscale, le associazioni che ricorrono all’uso di veri volontari sociali: persone, che magari svolgono altri lavori, e che nel tempo libero spendono attivamente le proprie professionalità nel sociale, gratuitamente.
Si dirà che quel proponiamo è utopico. Ma si pensi, ad esempio, proprio ai tradizionali campi di intervento dello Stato. Certo, settori come l’assistenza sanitaria e la scuola hanno bisogno di regolarità e non di "spontaneità": di professionisti sistematicamente retribuiti dallo Stato o dalle Regioni. Tuttavia il lettore provi a immaginare il “plusvalore affettivo” che potrebbero riversare su pazienti e alunni, un medico e un insegnante, motivati non dal denaro ma dalla cultura del dono di sé. Ci speghiamo meglio.
Gruppi di volontari “puri” potrebbero costituire associazioni di diritto privato, tese ad affiancare il lavoro dei medici e degli insegnanti “istituzionali”. In campo sanitario già vi sono delle associazioni simili, presenti negli ospedali, che si occupano del “conforto dei malati”. Oppure, in ambito scolastico, si pensi al ruolo che potrebbero giocare, insegnanti, ancora giovani ma in pensione, ovviamente motivati, nell’ambito del doposcuola e di altre attività parascolastiche.
Può sembrare poco, ma la cultura del dono, grazie al volontariato privato, ci può salvare dal grande freddo del mercato e dai burocratismi statali. Ne siamo certi, basta iniziare.