Newsletter, Omaggi, Area acquisti e molto altro. Scopri la tua area riservata: Registrati Entra Scopri l'Area Riservata: Registrati Entra
Home / Articoli / Un'Europa sempre più serva degli USA

Un'Europa sempre più serva degli USA

di Mauro Tozzato - 16/11/2007

 

Ho trovato quanto segue sul sito www.rivaluta.it , in un breve  articolo datato 08.11.2007,     e lì pubblicato: <<La Bce ha mantenuto invariato al 4% il tasso di rifinanziamento dell'Eurozona su uno scenario, a forte rischio inflazionistico, dominato da un greggio vicino ai 100 dollari al barile e da forti aumenti di altre materie prime, primi fra tutti i prodotti agricoli, mentre la crescita, pur restando su basi favorevoli, deve fare i conti con il supereuro e con le conseguenze, ancora poco chiare per l'economia reale del Vecchio Continente, della crisi del credito. Si tratta del quinto mese consecutivo di pausa nella manovra restrittiva sul credito avviata dalla Bce nel dicembre 2005 con la quale, fino a giugno di quest'anno, ha aumentato il tasso di rifinanziamento in otto tappe per un totale di 200 punti base, per poi arrestarsi di fronte alla crisi dei mercati esplosa il 9 agosto.>> Riallacciandomi all’intervento di D’Attanasio ma anche a considerazioni precedenti di Petrosillo e La Grassa mi pare che si possa ribadire che il cosiddetto “keynesismo” ha sempre posseduto caratteri molto diversi in America (USA) rispetto all’Europa. Difatti l’espressione Welfare State può essere tradotta con “Stato assistenziale” soltanto in riferimento ai paesi europei, con l’avvertenza che per la   Gran Bretagna  se ne può parlare solo fino agli anni Sessanta del secolo scorso.

D’Attanasio si domanda, in relazione all’uso spregiudicato dei nuovi strumenti finanziari a scopo speculativo, se non sia <<proprio questo che -  facendo lievitare, a causa della speculazione, i vari titoli finanziari o come essi si chiamano, a valori spropositati - >> venga a determinare <<un elevato tasso di svalutazione della moneta?>> Ma gli Usa e l’Europa portano avanti politiche, non solo monetarie, differenti. Se i bassi tassi d’interessi portando alla svalutazione del dollaro possono rendere più competitive le merci americane sul mercato mondiale, permettendo un qualche recupero per la situazione cronicamente deficitaria della loro bilancia commerciale, in una fase di probabile rallentamento degli IDE verso gli USA, in Europa la politica monetaria restrittiva  ha, verosimilmente, uno scopo maggiormente “politico in senso stretto”. Al gonfiarsi speculativo del “capitale fittizio” da una parte corrisponde dall’altra un uso dell’”inflazione fittizia” per scopi di “ristrutturazione sociale” e di riallineamento dei paesi europei.  In questa situazione di stagnazione, subordinazione politico-strategica e putrescenza si vede come classi dominanti imballate e parassitarie quali quelle europee, prive di  dinamiche di sviluppo , mirino soltanto, in questa fase, a transitare verso un ordine economico-sociale che comporti lo smantellamento dello “Stato del benessere” senza per questo uscire dalle secche di uno sviluppo bloccato. L’inflazione reale nel vecchio continente è molto più alta di quanto ci viene raccontato, questo è ben noto, e di conseguenza i piccoli incrementi dei salari nominali, che a volte magari sembrano superare, di poco, il tasso d’inflazione fittizio, producono un continuo decremento del valore reale di salari e stipendi con il conseguente indebitamento in continua crescita delle famiglie e l’impoverimento di sempre maggiori strati della popolazione. La precarizzazione del lavoro, che riguarda il lavoro autonomo altrettanto che quello dipendente, alimenta questa situazione con la relativa  crisi dei risparmi e la perdita di reddito disponibile per la gran massa della popolazione. Sappiamo chi sono i beneficiari di questa spremitura dei gruppi dominati, ne parliamo continuamente in questo blog, e come ricorda La Grassa nel suo ultimo intervento sappiamo anche che razza di servi corrotti e col cervello completamente fuori uso occupino i posti istituzionali del potere politico e dell’egemonia massmediatica (non culturale perché mancano le capacità di superare il livello della chiacchera, della menzogna e della farneticazione).