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I mali del ventunesimo secolo? Dalla internet dipendenza agli avatar psicotici

di redazionale - 16/11/2007


Un giovane trentenne è morto qualche tempo fa in Cina dopo aver giocato online in un internet cafè per ben tre giorni ininterrottamente.

Secondo i medici che lo hanno soccorso dopo che era stato portato d’urgenza in ospedale, il giovane sarebbe deceduto a causa dei problemi cardiaci causati con molta probabilità dalla lunghissima esposizione al computer. Negli anni ’90 uno psichiatra statunitense, Ivan Goldberg, coniò per questa strana forma di ossessione il nome di Internet dipendenza o Internet Addiction Disorder (IAD) e, a distanza di anni, non sembra che questa sindrome sia in remissione, tutt’altro: sono sempre più numerosi i giovani e non solo che vengono coinvolti nella vita virtuale in maniera ossessiva e totalizzante, così totalizzante da sostituire la vita reale con quella virtuale.

Goldberg e, dopo di lui, molti colleghi hanno esaminato i sintomi tipici di questa dipendenza e hanno individuato tre comportamenti che progressivamente vanno letti come indicatori significativi di una IAD in sviluppo. La prima spia di allarme si accende quando nel corso della giornata si ripetono continuamente le stesse azioni: controllo della posta elettronica più volte al giorno, troppo tempo passato in chat oppure ricerca di programmi e strumenti per comunicare online sempre più innovativi; la seconda tappa è definita tossicofilia ed è caratterizzata da un tempo sempre maggiore trascorso on-line, anche durante l’orario lavorativo, a scapito di ore di sonno e con un crescente senso di disagio e sofferenza quando si è scollegati, una sensazione del tutto paragonabile a quella dell’astinenza; infine si raggiunge lo stato di tossicomania quando ormai l’ossessione della rete compromette i rapporti interpersonali, quelli scolastico-lavorativi e porta ad un isolamento sociale.

La Internet Dipendenza è un disturbo dei nostri tempi e sta già assurgendo agli onori della cronaca non solo per le vittime che miete, soprattutto tra i giovanissimi, ma anche perché gli esperti chiedono di inserirla a pieno titolo nei disturbi mentali riconosciuti. Negli Stati Uniti è tutto un fiorire di comunità terapeutiche e centri di disintossicamento da Internet, anche se la prevenzione resta ancora l’arma migliore per cercare di affrontare questo disturbo. Non si deve trascorrere più di un’ora o due connessi on-line ed è importante integrare il tempo passato online con svaghi reali come fare shopping, avere relazioni sociali o altri hobby, non sostituire mai la socializzazione reale con quella virtuale e se si inizia a sentire una sensazione incontrollabile di collegarsi ad internet è bene chiedere aiuto a un esperto: consigli utili non solo per chi è cosciente e in grado di riconoscere tempestivamente i primi sintomi di una dipendenza da internet, ma anche per i genitori che sempre più spesso si trovano a dover fare i conti con adolescenti che sostituiscono le normali reti di relazioni sociali con relazioni virtuali. Il problema non è rappresentato solo dalle chat line dove si conoscono persone e che rischiano di sostituire i luoghi tradizionali dove si fa conoscenza e si stabiliscono rapporti interpersonali, ma anche dalla possibilità di vivere vite alternative vestendo i panni di eroi e personaggi virtuali che però a lungo andare, rischiano di prendere il posto delle personalità reali.

L’ultimo allarme in tal senso lo ha lanciato Massimo di Giannantonio, direttore del dipartimento di salute mentale dell'Asl di Chieti, che ha spiegato recentemente come si sia affacciata nel panorama del mondo della psichiatria del ventunesimo secolo la “trance dissociativa da videoterminale”, un disturbo del tutto nuovo caratterizzato dal fatto che il soggetto si immedesima talmente nel suo avatar (il personaggio virtuale da lui gestito) da perdere totalmente il controllo della vita reale. Non esistono più limiti anagrafici, geografici, contestuali e ciò genera un senso di onnipotenza che sconfina nella patologia: “questi cloni sono talmente perfetti da racchiudere in sé anche i disturbi mentali degli utenti", ha dichiarato lo psichiatra. Ciò significa non solo che spesso l’avatar può rappresentare una proiezione diversa e migliore di noi dandoci la possibilità di scoprire inediti aspetti della nostra personalità, ma anche che potrebbe diventare catalizzatore delle nostre nevrosi grandi e piccole e che soggetti nevrotici o psicotici possono riversare sull’avatar le loro stesse patologie: in altre parole Second Life diventa sempre più simile al mondo reale popolato anche da persone/avatar disturbate.

Ma come si possono distinguere questi avatar psicotici?
Di Giannantonio azzarda una serie di consigli: in genere diffidare dalle donne eccessivamente disponibili, disinibite o manipolatrici o dagli uomini che non mostrano nessuna contraddizione, che si presentano come eroi senza paura e che si vantano di gesta eccessivamente eroiche. Anche i colori possono essere utili per tenersi alla larga da un avatar disturbato: il viola nell’avatar maschile e il blu elettrico in quello femminile identificherebbero “ipereccitabilità interiore”.

tratto da "www.paginemediche.it"