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Banche, borse e verita' nascoste

di Massimo Benvenuti - 16/11/2007

 
Qualcuno non la racconta giusta. Ma per Bernanke i problemi si risolveranno presto

Da qualche tempo ho espresso, negli ultimi articoli, le mie preoccupazioni per la situazione che si va delineando con la vicenda dei mutui subprime.
Quella che viene definita “la crisi dei subprime” sembrava, fino all’estate scorsa, limitata agli Stati Uniti (bugia…); la “corsa agli sportelli” da parte dei clienti della Northern Rock Bank di Londra nello scorso agosto ha lanciato i primi sospetti che la crisi non fosse circoscritta.
A quel tempo Bernanke, governatore della Federal Reserve americana, sosteneva che l’impatto dei subprime sull’economia americana sarebbe stato contenuto, nell’ordine dei 50-100 miliardi di dollari (altra bugia…). Due mesi più tardi l’FMI, il Fondo Monetario Internazionale, porta la stima della crisi a 200 miliardi di dollari mettendo sull’avviso che il dato è da considerarsi provvisorio, visto che ogni giorno essa sembra sempre più estesa e ramificata a molti istituti di credito in tutto il mondo (ancora bugie…).

In questi giorni, in una sorta di “gioco” a chi la spara più grossa, ci viene detto dai soliti “esperti” che probabilmente la stima reale si attesterà attorno ai 400 miliardi di dollari.
Non possiamo escludere che, settimana più settimana meno, qualcun altro ci verrà a dire che le previsioni vanno ulteriormente raddoppiate…

Le bugie hanno le gambe corte
Intanto, in attesa di sapere come il gioco al rialzo prosegue, le poche certezze che ci sono riguardano le prime dichiarazioni sulle perdite relative ai subprime da parte dei colossi bancari americani: dopo Merryll Linch, che ha silurato il suo “numero uno” e ammesso di aver perdite doppie rispetto a quelle dichiarate solo due settimane fa, ora anche Citigroup e Morgan Stanley preannunciano problemi.
Che la questione dei mutui subprime fosse cosa seria lo si era capito da tempo; la conferma era venuta dal fatto che tre fra i più grossi istituti bancari a stelle e strisce (Citigroup, Bank of America e Jp Morgan) hanno costituito, a metà ottobre, un fondo “ad hoc” di 80 miliardi di dollari per prevenire cadute sui prezzi dei titoli “derivati” costruiti sui subprime.
Già, i “derivati”…

Derivati: quando la bugia diventa truffa
Il vizietto di usarli, comunque, non è proprio solo dei mercati esteri: anche in Italia se ne fa un largo impiego; sono soprattutto le banche (ma ultimamente abbiamo scoperto che anche enti pubblici quali Comuni, Province e Regioni ne hanno usato ed abusato con conseguenti grosse perdite) a operare con questi strumenti estremamente insidiosi.
Rimando ad un prossimo articolo la spiegazione sui meccanismi perversi che regolano questi manufatti di vera e propria “ingegneria finanziaria”: qui basti ricordare che in questi giorni la Banca d’Italia ha annunciato di indagare su quattro banche per valutare la loro attività in derivati e che Unicredit, Italease ed altri istituti di credito sono stati denunciati da Federconsumatori e Adusbef per alcune operazioni (che definire “ardite” è dire poco…) che hanno causato ingenti perdite a clienti di queste banche.

Tacere e nascondere è meglio che mentire?
In tutto ciò, le banche centrali che fanno? Iniettano continuamente ed artificiosamente liquidità nel sistema nel disperato tentativo di salvare il salvabile; i danni di queste manovre li vedremo probabilmente più avanti nel tempo. In questa fase, giusto per fare una manovra opposta a quella trasparenza che necessiterebbe in questo momento, la Fed annuncia di non pubblicare più il dato relativo all’aggregato monetario M3: in sostanza non sarà più possibile conoscere l’entità di denaro circolante, depositi, quote di fondi di investimento monetario e titoli di debito emessi dalla banca centrale americana.
Le banche, dal canto loro, iniziano a stringere i “cordoni” del credito (con inevitabili conseguenze negative sull’intera economia) e a non fidarsi più l’una dell’altra: infatti si è ridimensionata di molto la quantità di denaro scambiato nell’interbancario e gli scambi avvengono a prezzi molto più alti di prima.

Le bugie fanno danni
Le borse in questi giorni stanno iniziando a reagire negativamente a tutte queste notizie, con cali che penalizzano soprattutto il comparto bancario e finanziario. Ma siccome il Sistema si auto-alimenta, non abbiamo dubbi che – nei prossimi giorni – si troverà il modo di farle ripartire; d’altronde così vanno le cose: i piccoli risparmiatori hanno scoperto (in ritardo, come al solito) che le borse sono salite (ma è dal 2003 che il rally borsistico è partito e forse è iniziato il ciclo negativo che potrebbe portare i mercati a “rifiatare” per qualche tempo) e tutti si attendono il famoso “rally di fine anno”, salvo poi – sui dati di bilancio sempre più negativi che prima o dopo le banche dovranno rendere noti – assistere all’ennesimo “bagno di sangue” dei mercati, che diventa tanto più concreto quanto più il “parco buoi” (così viene cinicamente definita la massa di ignari piccoli investitori) vi partecipa.

In questo “gioco al massacro” le banche hanno le loro responsabilità e i banchieri ne sono i protagonisti. Un esempio? Proprio oggi, a rasserenare gli animi agitati degli operatori, è giunta una nuova (ennesima) rassicurazione da parte di Bernanke, il quale ha affermato che nel settore immobiliare americano si aspetta che "le cose si appianino nel secondo trimestre del prossimo anno". Il banchiere Usa, parlando alla Commissione Economia del Congresso, ha detto anche che c'è un "equilibrio delicato" tra i rischi sulla crescita e quelli relativi all'inflazione, ma ha aggiunto che “l'economia registrerà una performance decisamente migliore di quella che risale al periodo della stagflazione degli anni '70”.
E in un crescendo rossiniano ha concluso dicendo che "mentre ci attendiamo effettivamente una crescita più debole e vediamo rischi sull'inflazione, fortunatamente non scorgiamo in arrivo lo spirito degli anni '70". Parola di governatore della Fed.

E se lo dice lui, possiamo stare tranquilli. O no?


Fonte: www.voceditalia.it