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Chateaubriand: un’America ancora fiabesca abitata da Seminole, Sioux, Che­rokee e i Creek

di Bianca Garavelli - 17/11/2007

 


 

 I
l viaggio in un territorio inesplorato come reso­conto di un’intera vita: il viaggio che l’ha trasfor­mata, diventando il simbolo di una scrittura e di un destino. È questo il senso profondo di un libro che viene pubblicato trentacinque anni dopo il viaggio che racconta: Viaggio in America dell’«in­cantatore » Chateaubriand, uscito in edizione origi­nale nel 1827 e ora tradotto in italiano, narra l’espe­rienza nell’America del Nord che il suo autore fece nel 1791, in piena Rivoluzione francese, quando an­cora il continente americano era il simbolo di un progetto di libertà, anche se parados­salmente fondato sulla schiavitù di un altro continente, l’Africa. Parti­to col proposito di trovare il mi­tico passaggio a Nord-Ovest per raggiungere l’Asia, il viaggiatore-scrittore tornò molto presto alla sua Francia devastata dalla violenza, per un urgen­te senso del dovere.
  Ma dal grande serba­toio di memorie e immaginazioni che quel viaggio rappre­sentò attinse il ma­teriale per altre tre opere, tutte uscite in precedenza:
Les Natchez, Atala, e il racconto autobio­grafico
 René.

 Il fatto che abbia deciso di pubblicare molti anni dopo la vera fonte di tutte quelle riflessioni e invenzioni le dà il sa­pore di un testamento spirituale: Chateau­briand
si sarebbe spento nel 1848, ma già nel 1827 la sua carriera si era così ben delineata da farne pre­sagire l’evoluzione. Dopo gli importanti incarichi ricevuti da Napoleone e il nuovo cursus hono­rum
  al servizio dei «restaurati» Bor­boni, Chateaubriand si ritirò dall’attività
pubblica nel 1830, perché non accettò mai co­me re Luigi Filippo d’Orléans. Raccontò poi con ampio respiro le grandi trasformazioni della Francia tra Settecento e Ottocento filtrate dal punto di vista della sua esperienza personale nell’ultimo libro,
 Memorie d’oltretomba,
uscito postumo nel 1849.
  Forse questo
Viaggio in America, come si diceva, è un’anticipazione dell’ultimo memoriale: un libro in cui l’autore «non può nascondersi dietro espedienti letterari», come osserva nell’incisiva Introduzione la curatrice Ada Corneri. Un libro che non è un ro­manzo, ma in cui l’essenza di Chateaubriand narra­tore emerge fondendosi con quella del saggista de Il genio del cristianesimo, che esalta quanto di sorgivo e connaturato con lo spirito occidentale si può rico­noscere nella religione d’Europa.
  In apparenza oggettivo e misurato, il racconto è in realtà sorprendente e a tratti fiabesco, perché si nu­tre della sorpresa stessa dell’autore. Si leggono con estremo piacere e divertimento le pagine sulla na­tura e sugli animali, di cui il più lungo capitolo è dedicato ai castori, considerati una specie di mera­viglia della natura, perché con la loro maestria nelle costruzioni costringono ad «ammirare Colui che insegnò a un povero animaletto l’ar­te degli architetti di Babilonia». De­scrizioni dinamiche e poetiche si alternano, come quella della caccia condotta in società fra le volpi e il «carcajou», defi­nito «una specie di tigre o di grosso gatto», cioè il ghiottone, e quella degli «uccellini canterini co­me le nostre capine­re ». Accanto alla mae­stà emozionante del­la natura c’è il mon­do degli uomini, i cosiddetti «selvag­gi », che nonostante la definizione Cha­teaubriand analizza con grande rispet­to. Pur senza rag­giungere la profon­dità di analisi e l’ampiezza di sintesi di Tocqueville nel suo
La democrazia in America, a sua vol­ta osserva acutamen­te che presso le società dei selvaggi, che non vanno confuse con lo «stato di natura», si pos­sono vedere «tutti i tipi di governo conosciuti dai po­poli civilizzati » e fenomeni di formazione delle leggi e della coscienza civile probabilmente u­guali a quelli dell’antica Grecia. Se la religione dei popoli che ha conosciuto e apprezzato, come i Seminole e i Sioux, i Che­rokee e i Creek, è molto diversa da quella che pro­fessa, tuttavia vi scopre un punto di contatto fonda­mentale nel rispetto della natura, sostegno della vi­ta e maestra di civiltà, a cominciare proprio dall’e­norme rispetto tributato ai castori.
 François Auguste René de Chateaubriand

 VIAGGIO IN AMERICA

 Pintore. Pagine 352. Euro 20,00