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Ritratto di Franca Rame: una conferma

di Gianfranco La Grassa - 19/11/2007

 
 
La senatrice Franca Rame insieme al marito Dario Fo

Udite un po’ questa  spiritosa storiella: «Ho sottoscritto gli emendamenti dei senatori Rossi e Turigliatto, ma mi trovo in una spiacevole situazione. Ma non sono più quella di due anni fa. Ho assunto un impegno con questo governo e devo purtroppo andare contro la mia coscienza. Devo difendere il mio governo e,  fino alla fine, voterò con l’Ulivo»: dichiarazione di Franca Rame del 13 novembre u.s., almeno quella riportata su giornali.
Avete capito bene?
Questa signora (adesso non ho più la memoria ferma, ma mi sembra di averla vista recitare «da compagna» in qualche dove) sostiene di dover votare per il suo governo, pur se contro la sua coscienza.
Quindi ritiene qualcosa di «suo» l’entità che pur la fa entrare in contraddizione con la sua coscienza (chissà che cosa intende con questo termine).


Ricordo, sempre con la memoria vacillante, che alcuni ufficiali della Wehrmacht furono condannati a Norimberga per delitti commessi, adducendo tuttavia che essi, in quanto militari, non potevano non obbedire agli ordini.
Non raccontarono alla Corte che la loro coscienza era in contrasto con gli ordini emanati dal Comando Generale (con al di sopra il supremo potere nazista).
Affermarono più semplicemente che, per un militare, gli ordini sono ordini; e che, se non li avessero eseguiti, sarebbero andati davanti alla Corte Marziale con la sicurezza di finire fucilati.
La signora in questione, al massimo, rischierebbe di dover andare nel gruppo misto continuando a percepire 15 o 20.000 euro al mese.
Del resto, è stata eletta con l’Italia dei Valori (Di Pietro) e mi pare sia già uscita da quel gruppo.


In ogni caso, quando più in là cadrà il governo e magari - alla fin fine in qualche modo ci si arriverà - si terranno nuove elezioni, essa vivrà agiatamente e in tutta tranquillità; nessuna fucilazione è prevista.
Eppure sarebbe molto bello se ci fosse un equivalente, umoristico e teatrale, del «Tribunale di Norimberga» per questi trasformisti da «strapaese», che recitano «drammi» esistenziali da inizio anni ‘60.
Mantenere in piedi questo governo, succursale di un suk, che sfascerà completamente l’intero Paese, mette in sofferenza la loro coscienza; e tuttavia cosa possono farci se è il «loro»?


Niente fucilazione, per carità, sarebbe sufficiente bersagliarli con cacca di cavallo mentre recitano per l’ultima volta il copione del voto «contro coscienza» ma per il «loro» governo; non per il Paese, non per quel popolo di cui i fintoni comunisti, sessantottini, rivoluzionari da salotto, volevano «l’emancipazione»: no, solo per il «loro» governo, l’origine di una corruzione e di un marciume mai visti in Italia, che pure ne ha viste di tutti i colori in ogni momento della sua storia.


Un’altra signora, grande scienziata, diventata senatrice senza mai essere stata eletta, minacciava qualche mese fa di votare contro il Governo perché tagliava sui fondi per la ricerca; si è poi rabbonita avendo avuto assicurazioni che il Centro Europeo di Ricerca sul Cervello (di cui la signora è presidente) sarebbe stato inserito tra gli Istituti che la legge finanziaria avrebbe sovvenzionato.
L’altro ieri, un senatore di AN (incredibile ma è così) ha proposto un emendamento alla Finanziaria che aumenta il contributo da dare ai dottorati di ricerca (le borse dei dottorandi verranno «arricchite» di 300 euro, lordi).
Cifra da miserabili, ma non si sa d’altronde quanti dottorandi diano veri contributi alla ricerca.


Comunque, non mi sembra una cosa indegna data la situazione della ricerca scientifica in Italia. L’emendamento è passato con i voti della destra più settori moderati (quindi anch’essi destrorsi) della maggioranza.
I «grandi ultrasinistri», e la signora grande scienziata, hanno votato contro perché così voleva il governo, per non metterlo in difficoltà, non fargli fare brutta figura (immagino che anche l’altra «signora», più sopra citata, abbia votato per il «suo» governo).


Il mondo sembra sottosopra: la destra sensibile alla ricerca e ai poveri dottorandi con borse da fame; la sinistra sensibile ai suoi appannaggi e ferocemente abbarbicata ai «mungitoi».
Il disgusto, per chi non sia moralmente insensibile a tutto, è ormai arrivato a livelli di guardia.
Come quadro generale ci sono molte differenze, ma per quel che riguarda l’indecenza dei politici e intellettualoidi italiani (e quelli di sinistra, forse perché li conosco meglio, mi sembrano ormai imbattibili), la situazione è invece non dissimile da quella degli anni venti (qui da noi) e da quella della Repubblica di Weimar.


Si stia attenti perché la misura fa presto a colmarsi; dopo, che nessuno venga a chiedere di firmare appelli per evitare il peggio, poiché nessuno è in grado di immaginare che ci possa essere qualcosa di peggio di questo governo e di questa «fetenzia» di sinistra che lo appoggia come «suo».
Se è «suo», ne sopporterà tutte le conseguenze.
Non ci saranno tribunali di Norimberga, ma magari qualcosa di perfino peggiore.
Un po’ lentamente, ma ci avviciniamo alla resa dei conti; non si può d’altronde continuare imperterriti a tirare la corda senza che avvenga qualche grosso guaio.


Professor Gianfranco La Grassa
www.lagrassagianfranco.com