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Ucraina, il genocidio da riconoscere

di Antonio Giuliano - 21/11/2007

Ucraina, inverno 1933: bambini gravemente denutriti in seguito alla carestia pianificata da Stalin (foto sotto)Morti due volte. Prima per la fame. Poi per l’oblio in cui furono seppelliti per oltre settant’anni dal regime sovietico.
  Gli ucraini sterminati da Stalin tra il 1932 e il 1933 sono stati loro malgrado i protagonisti di una delle pagine più nere del comunismo.
  Per la prima volta nel corso della storia uno Stato usò a fini politici la confisca di beni alimentari come arma di distruzione di massa del proprio popolo. Holodomor ('fame di massa') è il neologismo entrato nella lingua ucraina per identificare una tragedia senza precedenti. Uno sterminio tra i più ignorati: Stalin intimò l’assoluto silenzio. E la censura fu applicata alla perfezione... Un massacro le cui origini risalgono al 1929, quando Stalin impose la creazione di un’industria di Stato (industrializzazione forzata) e la nascita delle aziende collettive nelle campagne (collettivizzazione). La resistenza dei contadini, soprattutto ucraini, scatenò la furia del dittatore. Prima la liquidazione dei kulaki, i piccoli proprietari terrieri: furono soppressi o deportati, almeno in dodici milioni, nell’estremo nord. Poi il numero delle vittime aumentò a dismisura con l’abolizione della proprietà privata della terra e l’obbligo di entrare nelle aziende agricole statali (kolchoz). E per finire 'il terrore di massa attraverso la fame', durato otto mesi tra il 1932 e il 1933. Una carestia che Stalin studiò a tavolino e produsse artificialmente. Un’intollerabile politica fiscale prosciugò tutte le risorse monetarie. Fu requisita l’intera produzione agricola per l’ammasso statale nei kolchoz: per chi fosse stato sorpreso a rubare sarebbe scattata la fucilazione o la detenzione superiore a dieci anni, secondo la legge del 7 agosto del 1932, detta 'delle cinque spighe', proposta dal dittatore in persona.
  Vennero confiscate le derrate alimentari alla popolazione e ne fu proibito il commercio, pena la fucilazione o dieci anni di internamento. Fu vietata qualsiasi azione di sostegno da parte delle altre regioni dell’Unione Sovietica.
  E venne ritirato il passaporto interno in modo che le famiglie affamate non potessero trovar cibo in altre zone. La repressione fu accompagnata da un attacco spietato alla cultura ucraina, alla fede ortodossa, alla coscienza nazionale. Oggi dagli archivi del Cremlino viene fuori che le vittime della 'grande fame' furono circa otto milioni in tutta l’Urss. Ma nella sola Ucraina i morti furono almeno tre milioni e mezzo, per inedia o fenomeni correlati, come cannibalismo, suicidi ed epidemie.
  stalinDa granaio del mondo, questo Paese fu ridotto ad una steppa di villaggi vuoti. Un enorme lager dove milioni di uomini donne e bambini morivano di fame o agonizzavano, ma gli altri non avevano neppure la forza per seppellirli. In quegli anni la figlia di Vladimir Korolenko, scrittore russo di fine Ottocento, scrisse una lettera alla vedova di Lenin, Nadezda Krupskaja, a proposito della carestia ucraina. Nella missiva compare il pensiero dei vertici comunisti: «Non è poi un guaio se moriranno qualche decina di milioni di persone, tanto ne abbiamo abbastanza». Ma 'bocche cucite' anche sui numeri. La direttiva sentenziava: «È categoricamente proibito a qualunque organizzazione tenere la registrazione dei casi di gonfiore o morte per fame, tranne che agli organi della Gpu (la polizia politica segreta)». E nel 1934 arrivò la disposizione per cui tutti i registri dell’anagrafe degli anni 1932-1933 fossero spediti ai reparti speciali, dove con ogni probabilità furono distrutti. Come se quella gente non fosse mai esistita.
 L’«Holodomor» si avviò con le stragi di kulaki; poi vennero la carestia indotta, le deportazioni, le requisizioni di derrate: così Mosca trasformò il granaio d’Europa in una steppa desolata