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La grande famiglia degli additivi

di Giada Saint Amour di Chanaz - 22/11/2007

 

Tratto da:
Giada Saint Amour di Chanaz
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Alcuni esempi per capire come funziona l’etichettatura. Acquistiamo dei panini “al pollo”, ma il pollo può contenere acqua, sale, destrosio, stabilizzanti, E450, E451 e E452, amido di mais modificato e proteine del siero del latte… Uno yogurt con fragole deve contenere vere fragole; uno yogurt alla fragola ha visto la frutta soltanto di sfuggita, mentre uno yogurt al gusto di fragola non l’ha vista nemmeno per sbaglio. Se il produttore inserisce un ingrediente già trasformato nel suo prodotto, non è tenuto a dettagliare sull’etichetta di cosa si tratta: se volessi produrre una bibita per bambini senza dover menzionare dei conservanti sull’etichetta, potrei comprare un po’ di “aroma naturale di limone” (e non significa che l’aroma sia naturale, ma solo che se è stato prodotto per sintesi chimica, è identico a quello naturale), e fare in modo che all’aroma venga aggiunta una quantità generosa di conservanti, cosicché l’effetto conservante si estenda a tutto il prodotto. E infine, come avrete capito, zuccheri e grassi sono presenti in quantità sempre maggiori soprattutto negli alimenti destinati ai bambini. Ma tali alimenti se non vengono bruciati immediatamente con un’intensa attività fisica, vanno a depositarsi nei tessuti adiposi. È per questo motivo che, specialmente nelle fasce di popolazione con un reddito minore, che si lasciano più facilmente tentare dai prodotti più a buon mercato e più in voga nelle pubblicità televisive, la diffusione dell’obesità tra i bambini sta diventando un vero e proprio problema di salute pubblica. I dolcificanti derivati dal mais, e in particolar modo lo sciroppo ad alto contenuto di fruttosio (Hfcs), sono 8 volte più dolci del saccarosio. Così, la Coca Cola ha cominciato dagli anni ’70 a risparmiare il 20% dei costi di produzione di una bevanda che era essenzialmente fatta di acqua e zucchero. Ma gli alimenti trasformati si distinguono anche per un’altra caratteristica: l’alto contenuto di grassi, prevalentemente l’olio di soia, che viene in gran parte idrogenato in modo da essere più simile ai grassi animali. Si scalda l’olio a 200° C e lo si mantiene a questa temperatura per diverse ore attraverso un catalizzatore metallico, di solito di nickel, mentre si immette l’idrogeno. Gli atomi del gas penetrano nelle molecole dell’olio formando gli acidi grassi trans. Questi oli appaiono sull’etichetta come “grassi vegetali”. Si trovano in piatti pronti, margarine, patatine, dolciumi, prodotti da forno, biscotti e torte… I consumatori dei paesi industrializzati mangiano dai 6 ai 7 kg di additivi all’anno. Circa il 75% del sale che assumiamo proviene da cibi trasformati, quali piatti pronti e snack.