Non solo Ricucci. Ecco i trucchi delle banche: prestiti al limite d'usura e operazioni stile Fiat Sergio Cusani Un uomo che è diventato famoso a sue spese (con il carcere) durante Tangentopoli e che oggi lavora per la Banca della solidarietà
Recentemente mi è arrivata a casa una carta di credito della società Consel che fa parte del gruppo Banca Sella, che fa capo al Presidente della Associazione Bancaria Italiana, Maurizio Sella, che offre un prestito per un importo di mille euro con un rimborso di 50 euro al mese. Nella lettera, per la prima volta, viene applicato un principio di assoluta trasparenza: Taeg-tasso di interesse annuale effettivo globale del 18,16%; commissione di invio 1,21 euro; imposta di bollo 1,81 euro e altro. Se si versano i soldi su un conto corrente bancario gli interessi che vengono riconosciuti sono dello 0,010% annuo. Un differenziale tra tassi attivi e passivi del 18,15%, che non ha bisogno di commenti. Per capire quanto ciò sia scandaloso, basta fare un semplice controllo. Il tasso di usura è il 18,81%: tasso di usura 18,81% meno 18,16% che fa pagare Consel, la differenza è dello 0,65%. Solo lo 0,65% evita alla finanziaria del Presidente dell'Associazione Bancaria Italiana di esercitare l'usura. In realtà se al Taeg-tasso annuo effettivo globale si aggiungono commissioni, spese di gestione e di bollo complessivamente si supera, di fatto, il tasso di usura.
E' ovvio che, con l'incremento diffuso della povertà in vasti strati sociali, chi ha un problema urgente da risolvere è costretto ad accettare i mille euro offerti e a pagare questo tasso. Poi passa, come molto spesso accade, dall'usuraio, quello non ufficiale, quello che non ha la carta intestata.
Oggi sono le banche che apertamente svolgono questa attività di finanziamento ai limiti dell'usura mentre un tempo era considerata dal gotha delle banche una attività «disdicevole» demandata a finanziarie ai margini del sistema anche se erano «carsicamente» collegate, di fatto anche se non formalmente, con il sistema delle banche.
Una brochure distribuita dalla Fiom di Milano dal titolo «Da Antonventa a Bankitalia: cronaca di una crisi annunciata» e che come sfondo di copertina un cartello che recita «Banche, i vostri utili a nostre spese» c'entra in pieno il problema che è di assoluta attualità. E' in corso un processo in accelerazione di bancarizzazione del sistema industriale e commerciale: in particolare è sempre più diffusa la pratica di cercare di difendere il livello dei consumi facendo indebitare il consumatore così spingendolo ad acquisti che altrimenti non si potrebbe permettere. E non parliamo di acquisti di beni superflui ma di acquisti di prima necessità come ad esempio gli alimentari.
Tutto ciò produce nel tempo effetti devastanti, perché con questo sistema di indebitamento quotidiano si rimane intrappolati a vita in un meccanismo dal quale uscire è praticamente impossibile e che trasferisce tutti i problemi, aggravati, alle generazioni successive. Si tende a «bancarizzare» l'esistenza umana, aumentando il senso di sbandamento, insicurezza e angoscia dell'essere umano.
Le banche stanno prendendo un ruolo sempre più invadente e penetrante nella vita quotidiana di tutti. In particolare vorrei entrare nel merito del ruolo che il sistema bancario ha avuto recentemente nel caso della famiglia Agnelli in relazione alle modalità con cui gli Agnelli hanno «ricomposto» la loro quota del 30% del capitale sociale di Fiat dopo l'ingresso degli Istituti di credito nel capitale Fiat a seguito del prestito «convertendo». Una lievissima differenza corre tra l'operazione della famiglia Agnelli e quelle del noto immobiliarista Stefano Ricucci: i primi i furboni dei quartieri alti, il secondo il furbetto del quartierino. Le operazioni dei quartieri alti si differenziano da quelle del quartierino soltanto perché formalmente e tecnicamente eleganti e perché godono di consolidate acquiescenze da parte degli istituiti di controllo dei mercati finanziari. Gli Agnelli hanno usato impropriamente uno strumento (equity swap) che fa parte della galassia della speculazione pura cioè dei derivati - che usualmente si tratta cash - per mascherare nella realtà un'operazione di acquisto di azioni di una propria controllata quotata in borsa, la Fiat, e sfuggire, sempre con eleganza, al controllo della Consob: ma forse è stata fatta in consonanza con la stessa Consob.
Grazie a grandi professionisti, che magari dichiarano di far parte di ambiti vicini alla sinistra, gli Agnelli hanno anche trovato l'escamotage di vendere i propri diritti derivanti dall'aumento di capitale destinato alle banche così da sfuggire, se avessero dichiarato gli acquisti di azioni Fiat sul mercato di Borsa, al meccanismo dell'Opa obbligatoria su tutta la Fiat che la famiglia Agnelli non si sarebbe potuta permettere. Anzi, a tal fine, l'operazione di acquisto di azioni Fiat, formalmente di equity swap, è stata fatta estero su estero da Exor International (gruppo Agnelli) con Merryl Linch Internatinal magari per sfuggire a eventuali curiosità di qualche procura nazionale, oltre a poter in tal modo manovrare acconciamente le plusvalenze visto che il titolo Fiat, grazie agli acquisti, è salito in pochissimi mesi da euro 4,7 a circa 7 euro. Tutto ciò con l'evidente appoggio del sistema bancario che ha applaudito all'operazione dichiarando che in tal modo la famiglia Agnelli avrebbe confermato il proprio impegno in Fiat come azionista di riferimento e gestore del gruppo. Operazione in realtà soltanto in piccola parte sostenuta dagli Agnelli, ma in gran parte pagata dagli azionisti di minoranza della quotata Ifil (gruppo Agnelli), che controlla il 30% di Fiat. Per capirci meglio è come se uno andasse a scommettere alle corse dei cavalli e invece di prendersi il premio della vincita in danaro si prendesse il cavallo.
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