Etica, morale e progresso
di Massimo Fini - 14/09/2005
Fonte: Massimo Fini
Da Aristotele ad oggi
Etica, morale e progresso
Massimo Fini
La signorina Fallaci ha
scoperto, riprendendo
una frase del cardinale
Joseph Ratzinger, non ancora
Benedetto XVI, che "Il progresso
non ha partorito l’uomo
migliore, una società migliore e
comincia ad essere una minaccia
per il genere umano". Ne
sono lieto, perché è quanto mi
affanno a scrivere, argomentando
e non semplicemente
affermando come fa la Fallaci,
da una ventina di anni, da La
Ragione aveva Torto che è del
1986, seguito, sulla stessa
linea, da Elogio della guerra
(1989), Il denaro. Sterco del
demonio. (1988), Il vizio oscuro
dell’Occidente. Manifesto
dell’Antimodernità (2002),
Sudditi. Manifesto contro la
Democrazia (2004) e, da ultimo,
Massimo Fini è Cyrano
contro tutti i luoghi comuni
(2005).
Solo che la signorina Fallaci,
come si dice dalle sue parti, in
Toscana, "apre bocca e gli dà
fiato". Perchè non si possono
avere perplessità sul Progresso
e, nello stesso tempo, essere
schierate appassionatamente e
acriticamente con gli americani
che di questo modello (…)
di sviluppo sono la punta di
lancia, pretendono di esportarlo
ovunque e combattono, anche con
la violenza, le armi, le bombe, tutte
le realtà che ne vogliono restar
fuori, dal mondo islamico in generale
alle società che sono rimaste
tradizionali o, a suo tempo al Khomeinistan,
o, oggi, all’Iran radicale
di Ahmadinejiad fino all’Afghanistan
del mullah Omar e dei Talebani
che è stato l’unico, autentico
esperimento antiprogressista di
questi anni, il tentativo di mantenere
un popolo, lontanissimo dalla
storia, dal modello, dagli schemi
mentali occidentali, all’interno della
propria cultura e di creare
un’alternativa, epica, sociale o
politica, che non fosse né capitalista
né marxista. Ma, lasciando perdere
la Fallaci, che non possiamo
prendere sul serio come pensatrice,
credo che al teologo Ratzinger
interessassero e interessino – più
che le nevrosi, le assurdità, le sofferenze
cui si costringe un modello
di sviluppo paranoico – il discorso
morale: il Progresso non ha fatto
diventare migliore l’uomo.
In questo il cardinale, poi divenuto
Papa, è in armonia col grande storico
italiano, Carlo Maria Cipolla,
laico, che una volta mi disse: "Non
è che un greco dell’epoca di Aristotele
fosse moralmente peggiore
di un uomo d’oggi".
Allo straordinario incremento
materiale non ha corrisposto alcun
miglioramento etico. Io sono anzi
più pessimista di Ratzinger e
Cipolla. Non perché creda, come
pensavano Esiodo ed Eraclito, che
l’umanità sia destinata a peggiorare
costantemente sotto questo
aspetto.
L’uomo rimane sempre lo stesso, le
sue pulsioni di fondo non cambiano
ed è per questo che tutti i tentavi
di creare "l’uomo nuovo", dal
cristianesimo all’Illuminismo, al
marxismo per finire con Pol Pot, si
sono rivelati utopici e quasi sempre
si sono risolti in spaventosi bagni
di sangue. Ma perché mutano le
condizioni in cui l’uomo opera.
Nelle piccole comunità premoderne,
preindustriali, preglobali l’uomo
era costretto a osservare certi
criteri di onestà, di lealtà, di rispetto
della parola data (che poi prendevano
il nome di morale, ma che
in realtà avevano a che fare con
l’utilità), se avesse sgarrato sarebbe
stato emarginato o addirittura
espulso dal gruppo (è il "perdere
la faccia" dei primitivi).
Gli conveniva essere onesto, leale,
eccetera. Ma nel "villaggio globale
e tecnotronico", dove nessuno
conosce realmente nessun altro, e,
data la complessità delle società
moderne, i singoli comportamenti
non sono verificabili, non c’è alcun
vantaggio - anzi solo danni - a
comportarsi secondo criteri di
moralità. Se oggi un uomo è
"morale" non lo è perché vi è
costretto dal contesto sociale, ma
solo per un fatto squisitamente personale
ed interiore. Ma questo è
molto più difficile. Ecco perché
nelle società contemporanee esiste
una immoralità diffusa o, per usare
altri termini, manca qualsiasi cultura
della legalità. Per cui possiamo
dire che l’uomo d’oggi è eticamente
peggiore di quello dei tempi
di Aristotele.