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L'Europa medievale e il mondo moderno. Jacques Le Goff

di Marco Managò - 24/11/2007

 

L'Europa medievale e il mondo moderno. Jacques Le Goff


Jacques Le Goff, noto storico dei nostri tempi, esperto conoscitore del Medioevo e dell’Europa, è l’autore di un breve ma denso saggio, edito da Laterza, in cui affronta alcuni elementi essenziali del Vecchio Continente.
L’incipit è davvero affascinante: “L’Europa è antica e futura ad un tempo. Ha ricevuto il suo nome venticinque secoli fa, eppure si trova ancora allo stato di progetto. Saprà, la vecchia Europa, rispondere alle sfide del mondo moderno?”.
L’Europa nasce col mito della cultura greca e si definisce intorno ad essa pur non costituendo un’entità geografica distinta. La cultura greca, forte nei suoi intendimenti democratici, avverso l’indole tirannica delle genti asiatiche e dell’impero persiano, diffonde gli ideali della natura e del sapere, nonché l’inesauribile ed esclusiva risorsa europea, il grande asso nella manica: lo spirito critico, il dubbio.
L’impero romano avrà il merito di uniformare terre e popoli, di sconfinare in Asia e in Africa pur senza definire definitivamente la questione dei confini orientali. L’unità dell’Impero non impedirà la graduale frattura tra il mondo latino a ovest e quello greco a est, accompagnato da una parallela crisi religiosa conclusa con lo scisma d’Oriente.
La crisi dell’Impero Romano accelera tale divisione e conduce a una netta distinzione tra lo sfarzoso Impero d’Oriente, dove il potere imperiale si confonde con quello religioso, e la parte occidentale, dove papa e imperatore, tra conflitti e contraddizioni conducono, comunque, ad un superiore sviluppo economico.
Il cristianesimo, poggiante su chiese, diocesi e monasteri, imprime un segno all’Europa che è impossibile disconoscere (di là dalle personali convinzioni religiose) e che ben presto si traduce, attraverso l’universale regola benedettina, a scandire anche la giornata, in una primigenia divisione tra tempo della preghiera e tempo del riposo; una distinzione, nel fiorire del mondo borghese, che sarà tra tempo del lavoro e del riposo, di cui le masse beneficeranno in misura minore.
Scrive Le Goff: “Così, si delinea un primo abbozzo dell’Europa su una duplice base, quella comunitaria della cristianità, modellata dalla religione e dalla cultura, e quella diversificata dei differenti regni fondati su antiche tradizioni etniche importate o pluriculturali (ad esempio, germaniche e gallo romane in Gallia). E’ la prefigurazione dell’Europa delle nazioni, perché fin dalle sue origini l’Europa dimostra che l’unità può nascere dalla diversità delle nazioni…”
L’Europa occidentale nella sua dicotomia chiesa-impero si sforza di recuperare una certa unità, anche con la creazione del Sacro Romano Impero, ma nuove lacerazioni, tra il mondo franco e quello germanico, saranno la costante per conflitti e tensioni di secolare durata.
L’autore procede, poi, a una doverosa precisazione per quanto riguarda l’era medievale, considerata come il tramonto della scienza e della cultura. Non è così e lo dimostrano i significativi processi tecnologici, poggianti sull’uso del ferro, delle macchine avviate dai mulini a vapore o ad acqua, dalle infrastrutture e dallo sviluppo dei trasporti terrestri e della navigazione. A ciò si accompagni anche il desiderio conoscitivo degli europei che ha permesso loro di sfidare l’ignoto e di conoscere il mondo restante, a differenza di altre civiltà, come quella cinese, ricche di mezzi ma legate a una tradizione piuttosto statica. Un progresso tecnologico e culturale nel quale, comunque, la terra rimane ancora il perno su cui ruota l’intera economia e dal quale si originano potere e prestigio.
Nei secoli XII e XIII si assiste ad un fiorire dell’alfabetizzazione e al sorgere di nuove importanti strutture scolastiche: le università.
E’ un’Europa vasta ed eterogenea, che spazia dai grandi Stati centralizzati, come l’Inghilterra, alle città-Stato italiane e alla Confederazione svizzera; un continente, in cui si afferma l’immagine di un uomo nuovo, il santo (oltre a quello del guerriero e dell’oratore, del passato), che permea istituzioni, tradizioni e cultura. Il termine di riferimento artistico non è più l’uomo della tradizione greco-romana, ma è il continuo richiamo all’immagine divina.
Accanto alla figura del santo si va proponendo il peculiare uomo cortese del Medioevo, signore nei modi e nell’educazione.
Il cristianesimo, ormai penetrato indissolubilmente nel continente, sino a identificarsi con esso, propone delle misure innovative e liberali verso una sorta di primo capitalismo, ammettendo un certo tasso di interesse e la possibilità di incamerare elevati guadagni.
La tendenza successiva è stata quella del bisogno di chiusura interna, di autodifesa e purificazione nei confronti di eresie e pericoli esterni, alla quale ha fatto da contraltare un’energia espansionistica rivolta soprattutto ad est e fonte di nuove tensioni.
La Chiesa, quindi, ha reagito spropositatamente, con l’inquisizione, a ventate di assolutismo teocratico che pur si muovevano e alle quali occorreva opporsi con ben altri mezzi.
La duplice e contraddittoria spinta tra chiusura interna e vocazione esterna è anche frutto del sorgere di una nuova era, quella della modernità, contrassegnata da eventi epocali, quello delle grandi scoperte geografiche, e quello della Riforma, in grado di spezzare definitivamente la grande unità cristiana continentale.
Se il moderno era per i contemporanei la fase successiva al crollo dell’impero romano, nel medioevo il termine ha acquistato un’accezione di presente, di attuale e, nell’ambito intellettuale, ha significato sempre il superamento della generazione filosofica precedente. La modernità della rivoluzione industriale non è solo uno stravolgimento tecnologico, ma anche un mutamento dei valori e del pensiero generati dall’illuminismo e dalla Rivoluzione francese; dalla secolarizzazione della politica allo sdoganamento delle personalità e dei diritti dell’uomo (limiti napoleonici espansionistici compresi).
Scrive sempre Le Goff: “Tuttavia, malgrado le guerre che hanno lacerato una cristianità medievale teoricamente unita, è l’età moderna che vede lo scatenarsi di guerre tra europei, mosse prima dagli Stati dell’ancien régime e poi dagli stati-nazione. Sono guerre che lacerano, rovinano, assassinano l’Europa in una sorta di crescendo infernale, dalle guerre dei Trent’anni, alle guerre del periodo rivoluzionario e napoleonico, fino ai due grandi conflitti del XX secolo, il primo essenzialmente europeo, il secondo omicida soprattutto in Europa”.
E’ l’Europa della politica di massa, delle espansioni tradotte in conquiste coloniali, del sopraggiungere, infine, di forti nazionalismi. Alcuni di questi, repressi, susseguenti allo sfaldamento dell’Urss, pongono nuove sfide e alimentano quella sana dialettica che per secoli ha imperversato in Europa: il riconoscimento delle diversità in un contesto di unità fra le nazioni, in un cammino comune.
Un continente che nel tempo si è misurato con altre realtà come quella araba e turca, ora si confronta al cospetto degli Usa, della Cina, dell’India e del Giappone; a tale contrapposizione deve presentare il suo contributo ineguagliabile di materia grigia e ha l’obbligo, ribadisce l’autore, di svincolarsi da quel debito di ingiurie e falsità ordite da molta storiografia ufficiale. Altro dovere dell’Europa è quello di dispensarsi da una mentalità votata esclusivamente al profitto e al dio denaro, estranea per secoli e importata soltanto negli ultimi due secoli, travolgendo l’esclusiva tradizione di cultura e ragione.
L’autore conclude con un appello e una speranza la propria valida dissertazione: “L’Europa ha saputo distinguere tra una povertà volontaria, che è una virtù, e una povertà imposta, che è una disgrazia. Spetta agli europei tradurre ancora una volta in azione la lotta contro la nuova povertà imposta a milioni di loro”
Colpisce, nel testo, l’assenza di riferimenti all’attuale UE, forzatura d’oltreoceano alle volontà del nostro continente, indottrinata ai cittadini e posta come panacea dei mali, da svelare invece come subdolo strumento di dominio.
Jacques Le Goff termina così: “L’Europa non è vecchia, è antica. Il Mondo non è moderno, è attuale”.